Panorami

a cura di Antonio Vigilante   Accade non di rado che la successione delle nostre letture, apparentemente casuale, sveli invece una sua logica e suggerisca un’interpretazione. Mi è capitato di leggere Libera. Diventare grandi alla fine della storia (Feltrinelli, Milano 2022) di Lea Ypi (titolo originale: Free:...

a cura di Grazia Pulvirenti   Paolo Casadio, Fiordicotone, Manni, 2022, 268 pp.   Alma Vita è una donna dalla vita interrotta. Sgretolata. Di Auschwitz, i pochi che furono messi in salvo dopo la liberazione da parte dell’esercito russo il 27 gennaio 1945, hanno serbato un marchio ben più...

di Grazia Pulvirenti

  La spazio della narrazione è squarciato dall’irrompere di un evento catastrofico: il paesaggio che Nadia Terranova dipinge, o forse sarebbe meglio dire evoca, nel suo ultimo romanzo “Trema la notte” (Einaudi), è, in una voluta coincidenza fra orizzonte della natura e spazio dell’interiorità, sconvolto, destabilizzato e destabilizzante. L’evento intorno a cui vortica la scrittura multiforme di Terranova, è il terremoto che, il 28 dicembre 1908, fece sussultare, sullo Stretto fra Scilla e Cariddi, Reggio Calabria e Messina, le città che su esso si affacciano, e a volte vi si riflettono nel fenomeno della Fata Morgana. La scrittrice realizza una sorta di lanterna magica tramite la quale proiettare tanto paesaggi di disgregazione e putrefazione, quanto le terribili e abissali malvagità di uomini sconvolti, come pure, e principalmente, la potente forza di donne che riescono ad arginare e a ritrovare un orizzonte di possibile ricostruzione per una umanità che rischia di declinare in un paesaggio che precipita nell’abisso. Dalle immagini realistiche, eppur dotate di valenza simbolica, di questo racconto impietoso, che ricorda per alcuni tratti il grande precedente kleistiano del “Terremoto in Cile”, emergono le vicende interiori dei due giovani protagonisti, una adolescente siciliana, Barbara, e il bambino Nicola, calabrese, che affrontano, prima della catastrofe, cui sopravvivono, le tragedie quotidiane della loro crescita all’interno di famiglie strampalate – Barbara è ossessionata da un padre-padrone che ne tarpa volontà e ogni possibilità di autodeterminazione; Nicola è vittima di una madre bigotta che lo costringe, ad esempio, a dormire legato in una bara – tragedie, alle quali, nel culmine di un orrore collettivo, riescono a sottrarsi. Mentre i cadaveri emergono dalle macerie e i sopravvissuti patiscono la sete, la fame, rischiano malattie e si affannano per trovare forme immediate di sopravvivenza, i destini di Barbara e Nicola s’incrociano e s’intrecciano nella prospettiva di un riscatto, paradossalmente procurato loro proprio da quell’evento che li ha deprivati di tutto, proiettandoli in un paesaggio di rovina, ma anche di inaudita e inattesa libertà. La scrittrice crea abilmente, e in maniera del tutto inattesa rispetto alla natura apparentemente distopica della narrazione, una prospettiva inedita, a tratti irridente. Se in alcune memorabili pagine, la narrazione sembra precipitare con lo stesso deflagrare del paesaggio – “Ogni angolo puzzava di morti e acquedotti saltati”; l’intera città di Messina appare come “un corpo in agonia, [che] sanguinava da finestre fracassate” – una duplice efficace cornice narrativa dà stabilità alla scrittura, tramite due interessanti espedienti: la citazione ad apertura di capitolo di una carta dei tarocchi e il riferimento intertestuale all’opera di una scrittrice messinese, della quale si è persa la memoria, Letteria Montoro, e al suo romanzo “Maria Landini” del 1850. Il primo crea una sfera di magia e incantamento, veicolando la speranza in un senso altro che nella lettura immediata di un evento non riusciamo a cogliere; il secondo diviene il viatico per il riscatto della giovane protagonista,  che, nella lettura dell’opera di Montero, riesce a intercettare uno spazio salvifico e un modello di riscatto. L’apparente fine di una città, di mille storie che vi si sono intrecciate, viene così proiettata in una prospettiva che dà spazio a un nuovo inizio, alla eterna capacità dell’essere umano di ritessere la propria vicenda e le proprie narrazioni. Tutto ciò conferisce il particolarissimo ductus della narrazione magnifica di Nadia Terranova, che riesce a tessere una temporalità proiettata tra un prima e un dopo l’evento catastrofico, una dimensione collettiva della tragedia con una privata, intima. Se, da una parte Terranova descrive la morte come un destino collettivo, ricostruito coralmente attraverso l’intreccio di varie vicende e fotogrammi della distruzione, se oltre la morte assistiamo a una peggiore e più tremenda dissoluzione di ogni umano valore, con individui pronti a rapinare, stuprare e perpetrare inaudite forme di violenza, dall’altra la vita prevale, con la sua ostinata volontà di ritessere trame di sopravvivenza e orizzonti di senso, proiettati in un futuro, che solo la tempra femminile riesce a edificare. In questa delicata e sofferente dimensione femminile si verifica il miracolo della rinascita, della cura delle ferite e delle piaghe del dolore, della materiale ricostruzione, inscenata abilmente su quello specchio d’acqua dello Stretto, che assume mille valenze e significati: primo fra tutti quello di una vita che proviene dall’acqua e che solo la donna, figura acquorea per eccellenza, riesce a conservare, reiterare e innervare di speranza.

Le menzogne di Houellebecq   di Antonio Vigilante     Scrive Pierluigi Peggini su Le parole e le cose che Annientare di Michel Houellebecq (La nave di Teseo) "è un romanzo-romanzo, perfino ‘di genere’; non un romanzo a tesi, come i suoi libri più interessanti" (https://www.leparoleelecose.it/?p=43356). Davvero difficile condividere questo giudizio....

Un paesaggio tramutato in Mito   a cura di Dario Pontuale   Nel 1938, dopo una lunga collaborazione con Giulio Einaudi, Cesare Pavese viene assunto e «asservito completamente alla casa editrice»[1]. Prosegue l’intensa attività di traduttore, si dedica alla valutazione degli inediti, alla correzione di bozze, alla stesura delle ‘quarte’;...

Donne, Magia, Veleni e Resistenza nel XVII secolo a Parigi   a cura di Benedetta Faedi Duramy   Immagine iniziale e finale di Leonora Carrington     Nel decennio tra la fine del 1660 e l'inizio del 1670, membri influenti della nobiltà francese furono misteriosamente avvelenati, originando uno scandalo, meglio noto come...

Che cos'è precisamente un vangelo Quel che ho imparato sui vangeli   a cura di Mario Valentini   Con la parola vangelo si intende comunemente un ben preciso testo della tradizione cristiana. Ed è opinione diffusa che questo testo sia di tipo narrativo e che narri la storia di Gesù...

Parola psicotica: Medusa di Luca Bernardi di Sharon Vanoli Immagini di Roberto Ghezzi (www.robertoghezzi.it)   «Al mare con gli Obsoleti si fanno molte passeggiate». Così inizia Medusa (Tunué, 2016), romanzo d’esordio di Luca Bernardi. Il protagonista è un tardo-adolescente disadattato che decide di trascorrere le vacanze al mare in...

Gesualdo Bufalino: la menzogna delle menzogne di Gianluca Crisci IMMAGINE IN COPERTINA DI ROSSELLA GRASSO Immagini di Rossella Grasso, tratte dal cortometraggio ispirato all'opera di G. Bufalino Dizionario dei personaggi di romanzo (www.rossellagrasso.altervista.org)   Menzogna delle menzogne. Tutto è menzogna. Sia consentita questa libera parafrasi del detto del Quohélet come...

Gesualdo Bufalino: Il ritorno di Euridice di Ivana Margarese e Rossella Riccobono Immagine di copertina di Valeria Di Ponio (@valeriadiponio)   “Era stanca. Poiché c’era da aspettare, sedette su una gomma dell’argine, in vista del palo dove il barcaiolo avrebbe legato l’alzaia. L’aria era del solito colore sulfureo, come...

Meditazioni dentro un platano di Ivana Margarese Meditazioni dentro un platano, della casa editrice pugliese ANIMAMUNDI, scritto da Adriana Bonavia Giorgetti è un piccolo libro semplice e ricco di spunti. Un narrare aperto in cui l'autrice interpella altre voci e riporta con gratitudine brevi scritti di poeti,...