“Fiordicotone” di Paolo Casadio: attraversare l’Apocalisse

a cura di Grazia Pulvirenti

 

Paolo Casadio, Fiordicotone, Manni, 2022, 268 pp.

 

Alma Vita è una donna dalla vita interrotta. Sgretolata. Di Auschwitz, i pochi che furono messi in salvo dopo la liberazione da parte dell’esercito russo il 27 gennaio 1945, hanno serbato un marchio ben più rovente e incancrenito nella pelle di quel numero che li aveva deprivati dell’identità. Per alcune donne andò anche peggio. Il marchio lo portarono dentro, nella loro intimità offesa e abusata. E Alma, capelli di rame e pelle di porcellana, fu fra quelle donne, le più belle, offerte agli appetiti sessuali nei Lagerbordelli (Sonderbauten), ideati e organizzati da Heinrich Himmler fra il 1942 e il 1945. A tali postriboli erano destinate giovani donne, avvenenti, da offrire in pasto preferibilmente a lavoranti ariani, ma anche a prigionieri privilegiati, quelli delle baracche contrassegnate con un triangolo verde. Al prezzo simbolico di due Reichsmark. Il tutto per incentivare la produttività lavorativa ed evitare episodi diffusi di “aberrante” omosessualità. Almeno queste erano le giustificazione di quella estrema perversione intenta a deprivare l’essere umano di tutto, compreso il proprio corpo, e nel caso più fragile delle donne, a straziarne le carni.

Ma per via degli abusi perpetrati nel suo corpo, Alma sopravvive, a differenza degli altri membri della sua famiglia, il marito rilegatore Omero Da Fano, la madre Zaira Luscri, tutti deportati da Lugo in Romagna perché di religione ebraica. Come sopravvivere a tanto scempio e sofferenza, a ciò che si è patito e visto accadere nelle camere a gas, fra urla e fetore di carne umana bruciata?

Alma ha una ragione che supera ogni male e oltraggio: la figlietta Velia, soprannominata Fiordicotone, dovrebbe essere scampata, messa in salvo sotto la “capparella” da uno sconosciuto, presente al momento dell’arresto. Fiordicotone portata chissàdove. Quello di Alma è un nostos senza riscatto apparente e senza parole, ma fatto di pensieri tormentosi e di emozioni indicibili. Attraversando la devastazione della Polonia e della Svizzera, Alma ritorna nella sua terra, una terra martoriata e stravolta, un inferno esteriore che rispecchia quello dell’anima. Macerie. Vite interrotte.

Eppure il suo cuore nutre un briciolo di speranza: ritrovare la bambina, riprendersela, come le ha promesso – “torno a prenderti” – al momento dell’arresto degli adulti e della sparizione della piccola:

 

La realtà dell’inferno annullava la possibilità che esistesse un dopo, ché talmente quell’inferno era senza fondo e senza dignità da non lasciare alcuna speranza.
Non c’era più niente.
Soltanto Fiordicotone.

 

Casadio si dimostra magistrale scrittore nel fare emergere i sentimenti straziati e strazianti di questa donna senza passato e senza futuro, inviluppata nei gorghi di ricordi insostenibili, senza mai toccare le corde del patetico e dello scabroso. La scrittura è limpida e si incide nell’animo delle lettrici e dei lettori quanto più la materia narrata è torbida e violenta. È una grande prova d’autore tratteggiare dolori indicibili con siffatta delicatezza e capacità di perlustrare l’animo femminile tormentato da esperienze estreme:

 

Osservava e respirava tanta pace, neutralizzando lo sguardo nel continuo dialogo interiore tra il corpo e la mente: il primo chiedeva alla seconda -aiutami-, la seconda rispondeva al primo -aiutami-. In quella reciproca esigenza di aiuto finiva per vedere solo i frantumi della sopravvivenza.

 

Ma il romanzo non è solo la storia di questo splendido personaggio femminile, ricostruito dall’interno di pensieri ed emozioni, è anche l’affresco crudele, dipinto a tinte fosche, della distruzione postbellica, del mondo devastato che i sopravvissuti si trovano a ripopolare, rischiando di naufragare di nuovo allo spettacolo di città distrutte, cadaveri di un’intera generazione spezzata, campi di mine pronte ad esplodere.

E nel suo rappresentare l’orrore della distruzione bellica, il romanzo assurge a un capolavoro etico che schiaffa davanti agli occhi di noi lettrici e lettori quel che nessuno oggi vuol vedere: la necessità, ora e subito, di fermare un conflitto, che come ogni altro della nostra dolorosa storia, è una apocalisse di morte di innocenti, deboli, fragili creature che diventano pasto per gli sparvieri.

 

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