Donne, Magia, Veleni e Resistenza nel XVII secolo a Parigi

Donne, Magia, Veleni e Resistenza nel XVII secolo a Parigi

 

a cura di Benedetta Faedi Duramy

 

Immagine iniziale e finale di Leonora Carrington

 

 

Nel decennio tra la fine del 1660 e l’inizio del 1670, membri influenti della nobiltà francese furono misteriosamente avvelenati, originando uno scandalo, meglio noto come “Affare dei veleni”, che coinvolse personaggi di spicco della corte reale di Luigi XIV. Temendo per la propria incolumità e per quella della famiglia reale, il re incaricò Nicolas de La Reynie, luogotenente generale della polizia di Parigi, di sovrintendere le indagini, che svelarono l’uso diffuso della pratica di avvelenamento.

Nei laboratori di maghi e alchimisti, la polizia trovò fornaci, pinze e minerali magici, come lo zolfo e il mercurio, veleni letali come l’arsenico, l’acido nitrico e il cloruro mercurico, e calderoni con foglie di belladonna, fiori di digitalis purpurea, radici di mandragora, polvere di cantaridi, di rospi, pipistrelli e vipere, frammenti di unghie, schegge di ossa, campioni di sangue umano, escrementi, urina, e sperma.

Nel 1979, fu istituito un tribunale speciale, la Chambre Ardente, che nel corso di oltre tre anni, emise 319 atti di citazione in giudizio, arrestò 194 persone e ne condannando’ 36 a morte. Quello stesso anno, fu anche arrestata la strega e avvelenatrice seriale Catherine Deshayes, conosciuta come “La Voisin” e considerata una delle più temibili criminali dell’epoca. Fermata all’uscita della messa di Notre Dame, La Voisin fu poi processata e bruciata viva per aver procurato polveri magiche e pozioni velenose a membri della corte reale, tra cui la marchesa de Montespan, una delle amanti preferite di Luigi XIV.

Nata nel 1640 in Francia da una povera donna, che era a sua volta una maga, La Voisin fu iniziata ai poteri magici all’età di nove anni. Sposò Antoine Montvoisin, un gioielliere e commerciante di seta, che, dopo essere caduto in bancarotta, cominciò a bere e sfogare violentemente le sue frustrazioni su di lei. Per mantenere la famiglia, La Voisin iniziò a praticare la chiromanzia e altre attività ben più lucrative come la preparazione di veleni e l’esecuzione di aborti. Il suo matrimonio fu così infelice che tentò più volte di sbarazzarsi del marito e lo tradì con maghi e alchimisti, tra cui Lesage, che a sua volta fu implicato nell’Affare dei veleni.

Somma sacerdotessa di congregazioni cristiane a Parigi e devota credente, La Voisin concepiva i suoi poteri occulti come un dono di Dio. Le sue clienti, che appartenevano al rango più alto della società francese, erano rassicurate dalla sua dedizione religiosa. La Voisin le riceveva in una stanzetta nascosta in fondo al giardino della sua casa in Ville-Neuve, nella periferia nord di Parigi. Uno dei suoi contemporanei, il marchese de la Reviere, riportò che La Voisin “era piena di deliziosi piccoli segreti per le signore…e sapeva esattamente cosa fare per una brava ragazza che si era cacciata nei guai”.

Al suo arresto, la perquisizione della sua abitazione rivelò ogni sorta di polveri magiche, pozioni velenose, oggetti sacrileghi, libri neri, accessori sacerdotali, una croce, incenso, ceri neri, un misterioso forno in un padiglione del giardino, che odorava di fumi nocivi e maligni e nascondeva frammenti di ossa di neonati nella cenere, e infine la lunga lista delle sue clienti. La Voisin fu accusata di avere tentato più volte di avvelenare il marito su istigazione del suo amante, Lesage, di aver compiuto aborti a pagamento, e seppellito neonati prematuri nel suo giardino.

Altri prigionieri riportarono anche che eseguiva messe nere e riti mostruosi sui corpi delle donne gravide “completamente nude…sdraiate su una tavola che fungeva da altare; le braccia tese, un cero in ciascuna mano…e il calice sul ventre”. Il suo segreto per “svuotare” le clienti incinte consisteva nell’iniettare un liquido letale con una siringa nel loro ventre. Lesage rivelò anche che la maggior parte delle frequentatrici di La Voisin apparteneva all’entourage del re, e che persino una damigella della marchesa de Montespan aveva acquistato da lei polveri d’amore.

Durante il suo interrogatorio, La Voisin smentì tutto, chiarendo che il forno serviva per cuocere dolci, che gli unici farmaci che teneva in casa erano per curare i brufoli e il mal di testa, o i purganti per uso personale e familiare, e infine che le sue clienti acquistavano nient’altro che creme di bellezza e lozioni per la pelle.

Sottoposta a tortura, infine confessò che molte delle sue clienti erano figure di spicco della nobiltà che si erano rivolte a lei per morire o per uccidere, ma negò fermamente di aver incontrato e servito la marchesa de Montespan. Nella sua ultima testimonianza, La Voisin ammise di avere compiuto così tanti crimini da non poter neanche sperare che Dio facesse un miracolo per strapparla dalle fiamme, perché non c’era sofferenza adeguata ai peccati che aveva commesso. La Voisin fu bruciata sul rogo nel 1680. Gli spettatori della sua esecuzione riferirono che “cinque o sei volte, respinse la paglia, ma alla fine le fiamme si alzarono, la avvolsero e fu persa di vista.”

In seguito alle accuse contro Madame de Montespan, il re sollecitò La Reynie di continuare le indagini, ma di rimuovere gli atti contenuti tali interrogatori dal fascicolo processuale.

Françoise Athénaïs de Rochechouart de Mortemart, marchesa di Montespan era infatti una delle amanti predilette di Luigi XIV. Nata il 5 ottobre 1640 nel castello di Lussac, apparteneva a una delle famiglie più antiche e illustri di Francia. Suo padre, Marchese di Lussac, Segneur de Vivonne, Duca di Mortemart, Principe di Tonnay-Charente, Primo Gentiluomo di Camera del Re, Cavaliere dell’Ordine dello Spirito Santo e Consigliere di Stato, ricoprì vari incarichi prestigiosi presso la corte reale di Luigi XIII; sua madre era una dama di compagnia della regina Anna d’Austria. Françoise Athénaïs studiò al convento di Sainte Marie a Saintes e, nel 1661, si unì alla corte reale come damigella d’onore della cognata del re, la principessa Enrichetta Anna d’Inghilterra, che aveva da poco sposato il duca d’Orleans.

Nel 1663, Françoise Athénaïs sposò Louis Henri de Pardaillan de Gondrin, marchese de Montespan. Di nobile e antico ceppo, la famiglia Montespan possedeva numerosi feudi e castelli nella campagna francese, ma le rendite delle terre si rivelarono insufficienti per sostenere i costi di manutenzione delle proprietà e lo stile di vita stravagante della coppia.

Delusa dalla sua unione matrimoniale, Françoise Athénaïs de Montespan desiderava ardentemente ritornare alla casa reale. Quando nel 1665 fu finalmente convocata di nuovo a corte come una delle dame di compagnia della regina, Marie Thérèse, lasciò la sua famiglia senza rimpianto. Si racconta che nel giro di un solo anno, Françoise Athénaïs de Montespan riuscì a guadagnarsi l’affetto di Luigi XIV, avvalendosi delle gravidanze concomitanti sia della regina che della sua amante preferita, Louise de La Vallière.

Alla fine del 1666, il duca D’Enghien, principe della famiglia Conde’, scrisse alla regina di Polonia:

“[il re] si è apparentemente preso una cotta per [Madame de Montespan] che, a dire la verità, merita un tale interesse, perché è impossibile avere più arguzia e bellezza di lei…!” Nel corso della sua lunga relazione con Luigi XIV, Françoise Athénaïs de Montespan ebbe otto figli, che furono legittimati e, quindi, inclusi nella stirpe reale.

Illuminata patrona delle arti, Françoise Athénaïs de Montespan vantò tra i suoi protetti Racine, Moliére e La Fontaine, divenendo talmente influente da essere spesso definita “la seconda moglie del re ” o anche “la vera regina di Francia”. Oltre alla sua passione per le arti, alcuni contemporanei sostenevano che Madame de Montespan avesse la fervida ambizione di governare ed esercitare un’influenza politica negli affari della monarchia.

Nel 1671, Louise de La Vallière, che rimase, almeno nominalmente, l’amante “preferita” del re, si ammalò inspiegabilmente. Si sparse la voce che fosse stata misteriosamente avvelenata. Due stregoni, che erano in quel momento sotto processo davanti alla corte di Chatelet, accusarono Françoise Athénaïs de Montespan. Il caso non fu mai reso pubblico e ogni sospetto sulla marchesa de Montespan venne fugato rapidamente.

Alla morte della Voisin, alcune streghe che erano imprigionate a Vincennes, e in particolare la figlia, Marie Montvoisin, riferirono che Françoise Athénaïs de Montespan aveva fatto visita regolarmente a La Voisin per acquistare le sue polveri magiche. Marie Montvoisin accusò esplicitamente la marchesa di aver fatto uso di tali pozioni e di aver partecipato a messe nere volte a invocare l’aiuto di Satana per ottenere il favore del re. Riferì che almeno tre o quattro neonati erano stati sacrificati per soddisfare le richieste della marchesa. Il sacerdote che aveva celebrato le messe, anche lui incarcerato, confermò tali accuse, e raccontò che, durante le cerimonie nere, la marchesa de Montespan recitava: “Chiedo l’amicizia del Re…[e] che la Regina sia sterile e che io ottenga dal Re tutto ciò che domando per me stessa…; che il Re lasci La Vallière e non la guardi più; che il Re ripudi la regina e mi sposi.”

Secondo ulteriori accuse la marchesa de Montespan avrebbe cospirato per avvelenare anche Luigi XIV. Tuttavia, la Chambre Ardente non si pronunciò mai in modo definitivo sul suo coinvolgimento diretto nell’Affare dei veleni. Nel 1691, non più favorita del re, la marchesa si ritirò nel convento delle Filles de Saint Joseph a Parigi, dove morì nel 1707 portando con sé i suoi misteri irrisolti.

Le storie di La Voisin e Françoise Athénaïs de Montespan, e più in generale L’Affare dei Veleni, rivelano che le donne dell’epoca ricorrevano spesso all’uso di veleni, polveri d’amore e magia nera come forma di opposizione e resistenza contro il patriarcato. Vittime di violenza domestica, e ineguaglianza legale e finanziaria, il veneficio rappresentava un modo di porre fine a matrimoni infelici e abusivi, di riprendere il controllo delle finanze e dei patrimoni familiari, e, fondamentalmente, di ribellarsi alla propria subordinazione sociale.

 

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