Cannibalismo, Questioni di Genere e Serialità

Il saggio scientifico che analizza il cannibalismo correlato alle differenze di genere e alla serialità omicidiaria.

di Davide Costa

Uno che faceva un censimento, una volta, tentò di interrogarmi. Mi mangiai il suo fegato con un bel piatto di fave e un buon Chianti»1. Questa frase è stata pronunciata dal personaggio che più di ogni altro è associato al cannibalismo, Hannibal Lecter.

Cibarsi di un proprio simile è un atto inaccettabile per la società contemporanea, per così dire “civilizzata”, nonostante gli atti di barbarie siano ovunque: ma la società non ammette sconti, non accetta che vi siano forme di devianza.

Eppure, il cannibalismo è nella storia dell’uomo al pari del suo essere conflittuale: non vi è società senza conflitti e non vi sono conflitti senza una qualche forma di atto cannibale, anche se meramente simbolico.

L’ultimo saggio scientifico, sottoposto a double-blind peer review, di Davide Costa, sociologo e dottorando di ricerca presso l’Università Magna Graecia di Catanzaro, parte proprio da queste premesse.

Cannibalismo, Questioni di genere e Serialità, edito dalla casa editrice universitaria Tab Edizioni di Roma, ha come obiettivo quello di analizzare, appunto, il cannibalismo sotto il profilo socio-criminologico.

Nell’opera si parte dal concetto di tabù per poi intrecciare questo concetto con un’ampia panoramica storica, antropologica, sociologica, psicoanalitica e criminologica del fenomeno in questione.

Successivamente sono stati analizzati una serie di soggetti cannibali, scelti sulla base del loro genere ed orientamento sessuale: Leonarda Cianciulli, “la saponificatrice di Correggio” che ha ucciso 3 donne; Andrei Chikatilo, il “mostro di Rostov” incriminato per 53 omicidi di uomini, donne e bambini; i coniugi Baksheev, i “cannibali di Krasnodar” che hanno ucciso circa 30 persone sia uomini che donne; Jeffrey Dahmer, il “cannibale di Milwaukee o il mostro di Milwaukee” con 17 vittime tutte di genere maschile e Armin Meiwes, il “cannibale di Rotenburg” che ha cannibalizzato un solo soggetto. Di ognuno di essi vengono presentati la biografia, il numero di vittime e il modus operandi.

Dopo lo studio di questi case study, sono state prese in considerazione le diverse teorie in materia di diversità di genere sia sul piano sociologico che criminologico partendo da Lombroso, introducendo, accanto alle classificazioni dei serial killer di Mastronardi e Palermo2 per gli uomini e di Kelleher3 per le donne, la classificazione poco conosciuta dei serial killer omosessuali proposta da Geberth4; per poi passare ad una serie di riflessioni sul delirio omicidiario condiviso. In questa sezione, inoltre, viene analizzato il cannibalismo sotto il profilo statistico in termini di modalità omicidiarie, tipologie di vittime, parti del corpo scelte dagli offenders, ecc. Da queste sezioni emerge una certa variabilità correlata al genere e al contempo anche un certo grado di liquidità come affermerebbe Bauman: Leonarda Cianciulli, per esempio, mostra molte caratteristiche, nel modus operandi, riconducibili a quelle di un serial killer maschio come l’uso dell’ascia e la macellazione delle vittime, mentre Jeffrey Dahmer, presenta elementi tipicamente femminili come il ricorso a farmaci per agire sulle vittime.

Nell’ultima parte sono state attenzionate alcune divinità dai tratti cannibali come Asmodeo, Moloch, Crono, per poi focalizzarsi su una sola divinità e il culto a essa connessa in merito alla sacralizzazione del cibo e alcuni rituali cannibali ad essa riconducibili, ovvero Śiva, per via delle sue peculiarità, portate fino agli estremi da una setta indù, gli Aghori. Partendo da questi elementi nel saggio si propone l’ipotesi secondo la quale nei serial killer cannibali e non solo, vi sarebbe una sorta di istinto primitivo e śivaista. Primitivo perché l’atto di uccidere e cannibalizzare era tipico delle popolazioni primitive, o meglio ancora del passato, perché spesso in periodi più recenti caratterizzati da grave carestia sono stati praticati atti antropofagi per garantire la propria sopravvivenza. E questo aspetto è abbastanza noto e trattato nella letteratura in generale, soprattutto lombrosiano-freudiana di cui si è fornita una breve panoramica. Sul secondo aggettivo, ossia śivaista, a oggi non vi è alcun riferimento e legame, se non per gli atti antropofagici, al campo della criminologia. È necessario precisare che non si sta sostenendo che gli śivaisti siano dei serial killer, ma che in questi ultimi sembrerebbe riaffiorare un’attitudine che ricorda la ritualità, i principi, e alcuni aspetti tipici di questo culto; una vera e propria forma di regressione, o forse la dimostrazione del fatto che tutti siano accomunati da un unico grande inconscio collettivo.

Si tratta, dunque, di un’opera che potrebbe far discutere o apparire problematica, tuttavia «Non c’è sapere senza problemi ma neppure problema senza sapere». Il che dovrebbe spingere ad andare ben oltre il pregiudizio che si cela dietro l’antropofagia, anche perché la conoscenza «comincia con la tensione tra sapere e ignoranza: non c’è problema senza sapere – non c’è problema senza ignoranza. Poiché ogni problema nasce […], dalla scoperta di un’apparente contraddizione fra quello che riteniamo nostro sapere e quelli che riteniamo fatti»5.

Davide Costa è laureato in Sociologia, Professioni sanitarie e in Criminologia all’Università degli studi Magna Graecia di Catanzaro; presso lo stesso ateneo è dottorando di ricerca. I suoi interessi riguardano le questioni di genere e la sanità. È autore di diverse pubblicazioni, tra cui il saggio “Mangiare da matti. Una storia socioalimentare a Girifalco (e non solo)”. È membro dell’Associazione Italiana di Sociologia della Società Italiana di Sociologia della Salute e finalista (2019 e 2021) al concorso internazionale di poesia Il Federiciano.

1 Il silenzio degli innocenti, Jonathan Demme, 1991.

2 V. Mastronardi, Manuale per operatori criminologici e psicopatologi forensi, Giuffrè, Milano 1996, p. 44.

3 M.D. Kelleher, C.L. Kelleher, Murder most rare: the female serial killer Praeger, Westport 1998, p. 77.

4 V. Geberth, Practical Homicide Investigation: Tactics, Procedures, and Forensic Techniques, CRC Press, Boca Raton, FL 1996, p. 90.

5 D. Costa, Cannibalismo, Questioni di genere e serialità, Tab edizioni, Roma, 2023, p. 249.

(Immagine di copertina: Respira di Anna Rotundo)

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