“Noi, il ritmo”. Taccuino di danza e di poesia

di Antonella Caggiano

“Una danza non è che il sogno di un poeta preso sul serio”, la citazione di Théophile Gautier segna l’inizio del taccuino di un poeta che scrive al suo amore, una ballerina. Fra variazioni in poesie ed echi partoriti da una profonda consapevolezza artistica, si dimostra quanto la danza sia l’arte più vicina alla poesia “delicatamente, disperatamente”.

Noi siamo fatti di danza. Siamo fatti di ritmo e di eternità”, emblematica espressione che introduce il lettore nelle pagine di questo libro, manifestando in quale modo la danza e la poesia siano complici e sorelle. Lo scrittore, da grande poeta qual è, più che narrare, canta questo mistero antico. E, per farlo, si affida alla storia, alla filosofia, alla Bibbia, ai maestri dell’Arte; le citazioni che costellano il racconto sono il firmamento di un cielo in cui nitido appare l’assioma che l’arte tutta, da sempre, “non è un’isola ma un unico continente” con l’uomo, parte costitutiva della sua storia fin dalla notte dei tempi, nel suo ruolo identitario, centro del suo essere Umano.

D’altronde già con l’espressione mousiké téchne (“l’arte delle Muse”) i greci designavano non solo l’arte dei suoni, ma anche la poesia e la danza, come dimostra la vicinanza etimologica tra mousa e mousiké .

Secondo quanto affermava il filosofo Luciano di Samosata – si legge nel libro – il pantomimo, il ballerino, deve conoscere la poesia, la musica, la filosofia, la storia, la pittura e la passione così che sappia esprimere i moti dell’anima; che egli prenda dalla postura e dalla scultura i differenti atteggiamenti in modo da non essere inferiore né a Fidia né ad Apelle a questo riguardo. A dimostrazione di quanto la Danza, per poter essere espressione libera e consapevole, debba essere compresa nel sapere più ampio. Arte nell’arte, come respiro e spirito di Assoluto.

Il piede, il passo, la misura della poesia e della danza si chiamano, risuonano. Non c’è poeta che non senta interiormente una specie di maestro di danza che segna il ritmo con la voce o il battito delle mani. Un simile rintocco gentile, spietato” prosegue così il dipanarsi della narrazione che un po’ sembra farsi saggio, a tratti diventa dialogo amoroso con la donna amata e mai posseduta. Ma ciò solo parzialmente o apparentemente e se ci si lascia condurre da una lettura poco approfondita. Nel prosieguo si scopre, infatti, che è la Danza stessa ad interloquire con l’Autore che si interroga, ricorda, istruisce. Consapevoli che la scrittura, tuttavia, necessiti e nasca sempre da un punctum, là dove punge, dov’è la sorgente, l’epifania.

Passando alla religione, si scopre che si parla di danza anche nelle pagine della Bibbia, a sottolinearne ancora una volta il carattere spirituale.

In essa si legge: “ Il re Davide danzò nudo a Gerusalemme” perché “Noi siamo quelli che ballano nudi davanti a Dio, anche se non sappiamo bene cos’è Dio. Molti hanno danzato cercando i suoi segni”; e ancora :“La resurrezione è un passo di danza inaspettato, fuori dalla pietra, dalla grande fissità”. Qui l’Autore mostra quanto la danza assurga alla sacralità di quel sentire. Così come l’arte tutta è sacra. Per citare Hegel “l’arte, insieme alla religione e alla filosofia, è una figura dello Spirito Assoluto”.

Ma come si giunge all’Arte? Qual è il canale che conduce alla creazione?

Il dolore si sublima nell’arte. Artisti segnati da cicatrici dolorose sono anche coloro che esprimono in arte il sublime. Parimente avviene nella danza.

Danza solo chi ha in sé un dolore, chi è ferito, poiché “Nessuno danza veramente se pensa di essere sano e guarito. Se pensi di essere in equilibrio non puoi conoscere la danza. Noi siamo quelli della danza, perché abbiamo l’anima ferita”.

E, in tale circostanza, paradossalmente meglio non mantenere l’equilibrio, neppure nella danza; meglio cedere il passo alla “follia”, origine di ogni creazione. “Mia cara – continua l’Autore – non ho mai creduto all’equilibrio, ne parlano di continuo, soprattutto nelle pubblicità o nei discorsi a tavola o nei bar o nelle conversazioni che somigliano ai talkshow. E l’equilibrio, dicono, parlando di un dolore subìto o di un innamoramento, vogliono ritrovarlo. Io no. Voglio essere squilibrato verso qualcosa di grande, di magnetico e immenso per il cuore, verso te ad esempio, anche dopo anni. Monaci strani, come noi, camminano in completo squilibrio sull’abisso e accennando verso la luce danno il sospiro che fa stare sui muri, alza arcate, dona vita a statue senza vita”. Qui il racconto si volge alla poesia. Eppure cos’è la Poesia? Quali argomenti possiede?

“La poesia non ha argomento e quando ce l’ha lo rompe, lo rinnova.” Dante ebbe come argomento il centro della sua inquietudine. Cosa c’è al centro della vita se incontri Beatrice e poi lei muore, cosa c’è da scoprire negli occhi di Dio? Nulla. una belva”. La poesia come la danza rompe le strutture, si riscopre dalle ceneri, si sublima nel dolore. E come la danza, neppure la poesia ha argomenti, ma “entrambe scrivendo coreografia, calligrafia” danno la forma al reale, la forma della vita.

NOI, IL RITMO. Taccuino di un poeta per la danza e per una danzatrice, di Davide Rondoni, La Nave di Teseo, 2019, pagg. 168

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