“La Santa” di Leila Baiardo

di Maria Olivieri

Dopo la pubblicazione dei volumi Incontri e Dies Illa, la casa editrice Le Commari Edizioni dà nuovamente voce con La Santa a Leila Baiardo, scrittrice d’origine sarda che si è spenta nel 2020 all’età di 93 anni, e che non ha goduto in vita della popolarità che avrebbe certo meritato.

La scrittura limpida, diretta ed efficace della Baiardo conduce il lettore per mano, attraverso un racconto crudo e dissacrante, incentrato sui drammi dell’adolescenza. La Santa è un romanzo avvincente, in parte autobiografico; una storia vera – come rivendica l’autrice – che può anche scioccare il lettore.

La narrazione, ambientata in un paesino dell’entroterra sardo, tratteggia la storia di una famiglia piccolo borghese (benestante, succube del denaro e delle apparenze) che sotto una patina d’ipocrisia nasconde diversi segreti.

Dopo una bocciatura al liceo, la protagonista (probabilmente Leila stessa) viene costretta per punizione a vivere per un anno in casa con gli zii e con le cugine: sarà un anno denso di avvenimenti e di cambiamenti.

Leila, timida e riservata, particolarmente legata alla cugina Sara, sua coetanea, una domenica si reca in chiesa, più per abitudine che per fede. Poco prima della fine della messa però Sara lancia un gridolino e tra lo sconcerto di tutti i fedeli, afferma di avere avuto la visione di un santo: da quel giorno la vita delle due cugine muterà radicalmente. Nei mesi successivi gli abitanti del paese, dapprima scettici, cominceranno a credere che la ragazzina sia stata veramente toccata dalla “grazia” e che il Santo si manifesterà ancora.

Anche Ameriga, beghina del paese, vorrà incontrare la “prescelta”, per cercare di indottrinarla, con letture agiografiche e pratiche devozionali, esortandola ad intraprendere un rigoroso itinerario ascetico, nel tentativo di avvicinarsi alla perfezione di Cristo. Mortificarsi significa rinunciare a qualsiasi desiderio che non sia di Dio e la vera santità, ammonisce Ameriga, arriverà solo una volta che Sara avrà donato tutta la sua vita a Dio.

La strada per la santità però sarà lastricata di prove terribili, che le due cugine dovranno affrontare – almeno spiritualmente – insieme, in una sorta di rito di passaggio dalla fanciullezza all’età adulta. La cugina, si infiammerà per gli alti ideali perseguiti da Sara dopo la sua conversione e si sentirà in dovere di proteggere quella che in paese viene ormai considerata la Santa. Le due cugine adolescenti condivideranno letture segrete e progetti; sole, contro una famiglia che non le comprende e una società rozza e ignorante a cui guardano con distacco.

Ci saranno notti di preghiere trascorse a soffrire il freddo e il gelo e giorni di digiuno, di mortificazioni dei sensi e di punizioni corporali vissute come prove di coraggio. Sara cercherà di dimostrare di non essere solo una ragazzina pigra, indolente e svogliata ed essere la prescelta dal Santo le farà guadagnare la stima e il rispetto dei paesani. Impressionati dalla sua costanza, persino i genitori e la famiglia più potente del paese finiranno per cambiare atteggiamento nei suoi confronti, cominciando a guardarla con rispetto.

È difficile per il lettore non essere disorientato da questo racconto terribile e affascinante al tempo stesso: un percorso mistico accompagnato dal costante desiderio di imitare i grandi santi, persino nella scelta di autopunirsi, straziando le proprie carni o ingerendo materiali ripugnanti…Il romanzo culminerà in un finale inaspettato e Sara dimostrerà di non essere comunque una sprovveduta.

Ambientato in un’epoca imprecisata del dopoguerra (probabilmente tra la fine degli anni ‘40 e i primi anni’50 del secolo scorso) La Santa è un romanzo di formazione: le due cugine come tutti gli adolescenti hanno un umore fluttuante, sono spesso ambigue, svogliate, confuse. Si sentono inadeguate, per le continue critiche degli adulti e per i fallimenti cui vanno incontro. I giovani hanno bisogno di grandi ideali, di esempi da ammirare e soprattutto da imitare, non di vacui sermoni: ecco dunque che il cammino religioso che conduce della perfezione, più che un atto di fede prende sempre di più, pagina dopo pagina, l’aspetto di una ribellione profonda contro le regole (imposte dalla famiglia e dalla società) alimentata dal desiderio narcisistico di voler emulare i grandi santi nelle scelte più estreme, per forzare i limiti imposti dalla natura umana e distinguersi dalla massa, per essere migliori degli altri e dunque “speciali”, “prescelti”.

Nel finale del libro le protagoniste, dall’illusione passeranno alla delusione, ma è fisiologico: quando l’adolescente  si rende conto di aver investito troppo su aspettative non realizzabili, torna in sé. Nonostante i sogni e i progetti ambiziosi, Sara e la cugina si riveleranno delle semplici ragazze, a volte verranno manipolate a volte saranno anche loro delle manipolatrici.

La narrazione di Leila Baiardo si configura come una lettura originale del fenomeno adolescenziale e al tempo stesso come una critica pungente al provincialismo della chiesa e della società, che sotto la spinta del crescente mito del benessere hanno abdicato alle loro reali funzioni educative e sociali.

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