Olafur Eliasson: oltre l’illusione. Nuove percezioni della realtà che viviamo

di Fabio Alfano

 

Come vediamo il mondo? Come vediamo la realtà che ci circonda? Cosa crediamo siano verità e illusione? Queste alcune delle domande, forse le più importanti, che si pone e che avanza a chi fa “esperienza” delle sue opere Olafur Eliasson, artista, architetto, designer, tra i più rivoluzionari della nostra contemporaneità. E infatti di “esperienza” si tratta, e non di semplice fruizione passiva di opere artistiche. Eliasson si propone con le sue installazioni -che mettono insieme natura, problemi ambientali, complessi meccanismi tecnologici, studi di geometria, biologia, luce, colore, fenomeni percettivi- di proiettare il visitatore in nuove dimensioni spazio-temporali, in luoghi chiusi ma anche naturali, dove egli diventa, quale “osservatore”, parte dell’opera stessa e attraverso di essa si interroga su importanti questioni esistenziali. Arcobaleni (Beauty, 1993), soli (The Weather Project, 2003), cascate (Waterfalls, 2008), elementi naturali riprodotti artificialmente che giocano con la scala dimensionale, il colore, effetti ottici, blocchi di ghiaccio che si sciolgono in spazi pubblici (Ice Whacht, 2018) costringendo a riflettere sul cambiamento climatico, effetti di luce e colore in grandi spazi museali, che confondono lo spettatore tra realtà e illusione (Reality Projector, 2018), sono quindi tutti meccanismi percettivi per far comprendere che tutto è relativo, tutto è un’illusione, tutto dipende da come noi vediamo le cose e quindi dalle lenti che indossiamo, e che possiamo cambiare se lo desideriamo. Certamente un’altra indispensabile “lezione” su come trasformare il mondo, perché il mondo lo cambiamo solo se modifichiamo il nostro modo di “percepirlo” e se lo percepiamo per quello che veramente è e non per ciò che appare, e se facciamo altrettanto con noi stessi. Noi siamo natura, dice l’artista, noi siamo oltre la materia visibile, oltre ciò che vediamo e crediamo, siamo immersi in una grande illusione da cui possiamo uscire. L’arte, ancora una volta, si fa veicolo di autocomprensione per noi tutti, apre le porte di nuove conoscenze che ci riguardano e che è fondamentale svelare, diventa concreta “speranza” per un cambiamento possibile.

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