Due poesie di Dylan Thomas


traduzione a cura di Flavio Ferraro

 

 

 

This bread I break

 

 

This bread I break was once the oat,
This wine upon a foreign tree
Plunged in its fruit;
Man in the day or wind at night
Laid the crops low, broke the grape’s joy.

Once in this wine the summer blood
Knocked in the flesh that decked the vine,
Once in this bread
The oat was merry in the wind;
Man broke the sun, pulled the wind down.

This flesh you break, this blood you let
Make desolation in the vein,
Were oat and grape
Born of the sensual root and sap;
My wine you drink, my bread you snap.

 

Questo pane che spezzo

 

Questo pane che spezzo un tempo era avena,

questo vino su un albero straniero

era immerso nel suo frutto:

l’uomo di giorno o il vento nella notte

piegò a terra le messi, spezzò la gioia dell’uva.

 

Un tempo in questo vino il sangue dell’estate

batteva nella carne che la vite adornava,

un tempo in questo pane

l’avena nel vento era gioiosa:

l’uomo spezzò il sole, demolì il vento.

 

Questa carne che spezzi, questo sangue a cui lasci

devastare nelle vene,

erano avena ed uva

nate da sensuale radice e linfa:

il mio vino che bevi, il mio pane che addenti.

 

* Composta il 24 dicembre 1933, fu pubblicata la prima volta il 16 luglio 1936 sulla rivista New English Weekly, e poi confluita nella seconda raccolta di Thomas, Twenty-five Poems (1936).

 

 

Twenty-four years

 

 

Twenty-four years remind the tears of my eyes.
(Bury the dead for fear that they walk to the grave in labour).
In the groin of the natural doorway I crouched like a tailor
Sewing a shroud for a journey
By the light of the meat-eating sun.
Dressed to die, the sensual strut begun,
With my red veins full of money,
In the final direction of the elementary town
I advance for as long as forever is.

 

 

Ventiquattro anni

 

 

Ventiquattro anni rammentano le lacrime dei miei occhi.

(Seppellisci i morti per paura che vadano alla tomba in travaglio).

Nell’arco della porta naturale ero accovacciato come un sarto

a cucire un sudario per un viaggio

alla luce del sole che divora la carne.

Agghindato per morire, il sensuale incedere iniziato,

con le mie rosse vene piene di soldi,

nella direzione finale della città elementare

io avanzo per quanto è lungo il sempre.

 

* Composta per il proprio compleanno alla fine dell’ottobre 1938, apparve per la prima volta nel numero di dicembre della rivista Life and Letters Today, e poi raccolta nel volume The Map of Love (1939).

 


 

Biografia

Flavio Ferraro è nato a Roma nel 1984. Poeta, saggista, studioso di dottrine metafisiche e traduttore, scrive articoli per diverse riviste e giornali online, e tiene conferenze su molteplici tematiche. Tra le sue ultime pubblicazioni: La malvagità del bene. Il progressismo e la parodia della Tradizione (Irfan, San Demetrio Corone 2019); la traduzione delle Odi di John Keats (Delta 3, Grottaminarda 2021); e il libro che raccoglie tutte le sue poesie, Il silenzio degli oracoli (L’Arcolaio, Forlimpopoli 2021).

 

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