Dialogo con Laura Pugno

di Giorgio Galli

Una Mappa della poesia italiana contemporanea disegna necessariamente un paesaggio impossibile, un paesaggio che muta forma mentre se ne scrive, a maggior ragione in tempi di trasformazioni rapidissime anche nel panorama culturale, quali sono i nostri. Il gruppo di ricerca coordinato da Laura Pugno ha disposto 99 poeti viventi in un’indagine statistica che prende in considerazione sette variabili, descrittive e non valutative: Affettività, Assertività, Conoscenza, Io, Mondo, Performance, Sperimentazione. Ne è nato un saggio complesso, edito da Il Saggiatore, forse il più articolato pubblicato sulla poesia italiana in questi anni. Un saggio che ha dato luogo a discussioni -dovute anche al risentimento degli autori esclusi dalla mappatura- e che è stato premiato da un notevole successo editoriale. Ne emerge un paesaggio estremamente frastagliato, una poesia che, persi i punti di riferimento tradizionali -le riviste, l’editoria, ma anche un universo di valori estetici condivisi- si muove in direzioni disparate, che sembrano avere in comune una sorta di esaltante dolore dello spaesamento, il gusto della bussola che va impazzita all’avventura. Ne parliamo con la curatrice del progetto, Laura Pugno.

 

Nel libro vediamo il paesaggio della poesia analizzato con criteri algebrici, di machine learning ecc. A qualche lettore verrà in mente la scena de L’attimo fuggente in cui il professore fa strappare le pagine di un saggio che osa disporre la poesia su assi cartesiani. Ci spieghi perché questo metodo è utile, cosa ci dice della poesia contemporanea che con sistemi meno rigorosi non avremmo scoperto?

Nel libro il paesaggio della poesia è analizzato in molti modi: ci sono saggi di storia o se vogliamo di sociologia della letteratura che mettono sotto la lente di ingrandimento il percorso che ha portato ai risultati della Mappa, come ha fatto Gianluigi Simonetti; contributi di antropologia come quello di Matteo Meschiari sul significato da tempo profondo, e direi quasi da cervello rettile, delle operazioni di mappatura; analisi dei corpora e delle concordanze in un numero ristretto di autori e autrici che hanno fornito il loro corpus, per andare a riscontrare mutazioni e modificazioni del lessico di opera in opera nel volgere degli anni, e di questo si è occupata Emmanuela Carbè – e certo sarebbe interessante andare a confrontare i risultati che ne emergono con il posizionamento di questi autori e autrici secondo i sette parametri di cui la Mappa si compone. Ci sono poi infografiche che sono completamente dovute a mano, e mente umana, come la Mappa WordCloud, il Grafico del Soggetto e dell’Oggetto e, soprattutto, l’Ettagono della poesia, tutte e tre opera di Elio Mazzacane. A questi risultati si affiancano le rappresentazioni in 3D dei poeti analizzati che si devono al dipartimento di Data science dell’Università della Navarra, e le Reti dei poeti elaborate da Lorenzo Verna in team con Chiara Faggiolani e Maurizio Vivarelli (Università di Roma e di Torino). Come vedi, la carne al fuoco è molta. Ridurre l’esperimento, e il gioco della Mappa, a una contrapposizione tra saperi scientifici e umanistici mi sembra molto riduttivo, e del tutto contrario al senso di questo lavoro, che anzi cerca una messa in dialogo di questi approcci: le classifiche sono state infatti elaborate a partire dal giudizio, non valoriale, di una cinquantina di critici e di studiose esperte di poesia, e con la critica letteraria in particolare mi piacerebbe che la Mappa dialogasse. Nei due studi che ho citato per ultimi, i metodi di machine learning hanno avuto il pregio di farci avventurare insieme in uno spazio a sette dimensioni, uno spazio che non possiamo visualizzare, che non possiamo neanche immaginare, ma che possiamo calcolare, e che è lo spazio della poesia italiana contemporanea secondo chi quotidianamente se ne occupa. Ma a mio avviso, il bello comincia adesso, quando le macchine, dopo averci fornito (alcune delle) rappresentazioni grafiche dei dati, si fermano, e il lavoro del cervello umano ricomincia.

 

 

 

Tu sei la curatrice della ricerca, ma anche una delle poetesse nella Mappa. Ti ritrovi nel posizionamento che ti hanno dato i tuoi colleghi?

Come sempre, in questi casi, si vive lo iato tra la percezione che si ha di sé stessi, e che comprende per certi versi anche il sé futuro e diciamo, in progress, e l’immagine che si proietta nel mondo e che è sempre all’incrocio col mondo stesso, un’immagine storicamente determinata, dalla propria storia, in questo caso la mia, e dalla Storia di tutti. Personalmente ho trovato estremamente stimolante il fatto che mi sia stato attribuito come dominante il parametro Conoscenza, e scrivendo l’articolo di presentazione del progetto della Mappa per il settimanale L’Espresso ho messo a fuoco che in molti dei poeti e poete il cui lavoro oggi, a titolo personale, trovo più interessante Conoscenza è molto spesso, se non il primo parametro, almeno il secondo più rilevante: per usare una metafora astrologica, se non è il segno di nascita è quantomeno l’Ascendente. Ciò che è interessante della Mappa è che è una cognizione in fieri, c’è ancora molto da fare, molto da capire. Anche per questo, e per ulteriori approfondimenti, rimando oltre che naturalmente al libro al sito www.mappadellapoesia.it, che offre possibilità di esplorazione complementari al testo scritto.

Elisa Donzelli sta curando, con alcuni poeti nati dopo il ‘68, un ciclo di incontri che ha come tema “Il divieto di accorgersi”: nella sua esperienza di poeta e di editrice si è imbattuta  nella difficoltà, da parte delle ultime generazioni, di rapportarsi con la Storia, con gli eventi del mondo, che sembrano assenti dalla loro poesia, mentre molto presenti sono i temi della fuga e del ritiro. In che modo “il divieto di accorgersi” entra in relazione col paesaggio disegnato dalla Mappa? Il tuo gruppo di ricerca ha preso in considerazione poeti nati dal ‘51 in poi. Avete riscontrato anche voi una tendenza alla “fuga” nelle ultime generazioni, ad esempio un venir meno delle variabili Mondo e Conoscenza e un maggior peso della variabile Io?

L’analisi diacronica dei risultati della Mappa è uno di questi potenziali filoni di sviluppo, nella costruzione del volume – come dicevo, c’è ancora tanto da capire – ci siamo concentrati sull’analisi sincronica. Sicuramente nelle nuove generazioni c’è una riscoperta della componente lirica, soggettiva. Non a caso il gruppo dei Soggettivi è il gruppo più ampio, e la sua rilevanza aumenta se pensiamo che il parametro dell’Io è direttamente collegato da una parte all’Assertività e dall’altra all’Affettività, e che quest’area ha una caratteristica transgenerazionale, mentre l’area dei poeti più propriamente sperimentali e di ricerca appare più compatta in termini di età. Quanto scrivi a proposito della ricerca di Elisa Donzelli mi fa pensare ai risultati emersi, qualche anno fa, e pure citati nella Mappa, dal Questionario sulla giovane poesia del festival Pordenonelegge, che delinea una traiettoria simile. Da un certo punto di vista, ribaltando la domanda, potremmo anche chiederci, se il sentimento politico, il pensiero politico, la passione politica non è più dominante nella quotidianità di un’epoca – pensiamo all’oggi rispetto agli anni Settanta – perché ci aspettiamo necessariamente di ritrovarlo nella poesia? Il “divieto di accorgersi”, se c’è, allora viene prima del testo, e va di pari passo con l’invito al consumo.

Che paesaggio è quello che emerge dalla Mappa? Tu hai parlato più volte di “terzo paesaggio” in relazione alla poesia italiana contemporanea. Puoi delineare, in sintesi, il concetto di terzo paesaggio e la sua attinenza al paesaggio della poesia? In che direzione, o meglio in quali direzioni, si sta muovendo la poesia italiana contemporanea, e con quali tempi?

Per la mia ricerca sul concetto di Terzo paesaggio rimando, per necessità di spazio, alle ultime pagine del mio saggio In territorio selvaggio (Nottetempo 2018), e alla serie di interviste che ne sono state la naturale conseguenza e che sto conducendo sul sito Le parole e le cose da un paio d’anni, sotto il titolo Poesia, terzo paesaggio? Si tratta di un progetto che nel giro di qualche mese si avvierà a conclusione, e dovrò giocoforza tirare le somme. Colgo anzi l’occasione per ringraziare tutte e tutti quelli che in questi anni hanno dialogato con me, a partire da Italo Testa e Massimo Gezzi, i due curatori de Le parole e le cose. Per quanto riguarda invece la domanda sul “dove sta andando la poesia contemporanea” a partire dalla Mappa, credo che proprio la Rete dei poeti elaborata da Lorenzo Verna ci dica qualcosa di molto interessante. Nell’immagine a forma, diciamo, di infinito che divarica nei due estremi formali le macroaree della poesia lirica e della ricerca – o come ho scritto, della poesia come ricerca nel e sul linguaggio e della poesia come riconoscimento di sé stessi in una comunità, perché è a questo che mi sembra, ma è un’intuizione personale, mirare oggi l’espressione del soggetto lirico – appare anche la possibilità di una terza via, di una poesia che esplori un nuovo territorio, senza prescindersi alcuna di queste modalità, ma mettendole in risonanza e trasfondendole in una sintesi. Non credo, insomma, che la poesia italiana sia obbligata a scegliere. Ma se sarà vero, lo capiremo nei prossimi anni.

Nel disegnare la Mappa avete per forza di cose dovuto scegliere un numero ristretto di poeti. Una delle cose più evidenti, nella Mappa, è che l’editoria sembra non contare quasi nulla nella poesia italiana contemporanea. Non c’è differenza di “prestigio”, in altre parole, o ve n’è poca, tra un poeta che pubblica per la bianca Einaudi e uno che pubblica per LietoColle o Aragno. Questo pone, al di là dei risentimenti più o meno legittimi di chi è rimasto escluso dalla mappatura, un problema di ricezione: come fare a distinguere, per usare un linguaggio informatico, il segnale dal rumore, come fare a selezionare le voci che meritano di essere ascoltate nell’assenza di un filtro di qualità che permetta ai più meritevoli di emergere? Cosa rischiano di “perdere” i giovani poeti e i giovani lettori di poesia?

Sono, in larga parte, le conclusioni di Gianluigi Simonetti nel suo saggio incluso nel libro, a cui accennavo anche più sopra, L’immaginario della mappa. Certo, bisogna intenderci sul significato dei termini: che la casa editrice per cui si pubblica abbia forse meno peso in poesia che in prosa non significa che la dimensione, questa sì veramente quantitativa, della grande editoria rispetto alla media, piccola e piccolissima sia svanita. Tuttavia è vero che il meccanismo di cooptazione che consente di dirsi poeta, e che è sempre all’opera in tutte le epoche, funziona oggi a doppio binario: alla pubblicazione va aggiunto il riconoscimento dei pari, una sorta di peer review, per rubare un termine al lessico accademico, che svolge un ruolo altrettanto importante di guardiania della soglia. Per distinguere il segnale dal rumore bisogna quindi mettersi in ascolto per un certo tempo – il fattore tempo è essenziale – di ciò che avviene nel mondo della poesia, nei festival, nelle riviste, in Rete: i filtri di qualità esistono ancora, sono forse solo diventati più complessi, ma allo stesso tempo è vero che per chi esordisce oggi, a differenza degli anni Novanta, le possibilità di porsi sotto il fuoco dei riflettori (e al fuoco della controversia) sono indubbiamente, infinitamente maggiori. Per quanto riguarda la Mappa, per renderla il più possibile inclusiva – anche se sarebbe stato impossibile includere tutti – c’è stata sin dall’inizio la volontà di dialogare con tutte le tendenze attive oggi in poesia, invitando a fare parte della prima giuria, della giuria estesa e del “gruppo di controllo” poeti delle più diverse età, provenienze geografiche, posture geografiche ed esistenziali, per fare qualcosa che non era stato mai fatto prima – quantomeno per la poesia italiana contemporanea. Non so se valga dirlo, ma riuscirci non era affatto scontato.

 

Biografia

Laura Pugno (Roma, 1970) è poeta e scrittrice. Collabora con L’Espresso Le parole e le cose ed è tra i curatori della collana di poesia «I domani» dell’editore Aragno. Dal 2015 al 2020 ha diretto l’Istituto Italiano di Cultura di Madrid. Tra i suoi ultimi libri ricordiamo i romanzi La ragazza selvaggia (Marsilio, 2016; premio Campiello Selezione), Sirene (Einaudi, 2007; Marsilio, 2017) e La metà di bosco (Marsilio, 2018), il saggio In territorio selvaggio (nottetempo, 2018), l’Oracolo manuale per poete e poeti (Sonzogno, 2020; con Giulio Mozzi) e le raccolte di poesie L’alea (Giulio Perrone, 2019) e Noi (Amos, 2020; premio internazionale Franco Fortini).

 

 

 

 

 

 

 

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