Adele H. – un’eroina di Truffaut

Adele H. – un’eroina di Truffaut

di Ivana Margarese e Martina Mele

 

L’histoire d’Adèle H. [in italiano: Adele H. – Una storia d’amore, 1975] racconta, attraverso un’ossessione amorosa, la storia di Adèle Hugo, secondogenita del noto scrittore Victor Hugo: Adèle lascia da sola l’isola di Guernesey per approdare ad Halifax, città della Nuova Scozia, per inseguire il sogno di ricongiungersi al tenente Albert Pinson,  che pur avendola illusa in passato non ricambia il suo amore.
Adele H è interpretata da Isabelle Adjani (Nosferatu, il principe della notte, 1979; Possession, 1981) al cui proposito Truffaut disse:

Ho voluto girare con lei molto velocemente, in fretta, poiché pensavo di potere, filmandola, rubarle delle cose preziose come, per esempio, tutto quello che accade a un corpo e a un viso in piena trasformazione.

Il film mette in scena  la scomposizione fino al crollo della identità di Adèle, nel suo ostinato tentativo di trovare spazio per se stessa attraverso la sua ossessione per Pinson, la sua volontà di incontrarlo e farsi sposare da lui al di là di ogni evidenza. Con una pretesa infantile che intenerisce e atterrisce al contempo Adèle dice all’uomo: “ Io mi sono data a te e tu mi devi tenere ”. La richiesta a Pinson è quella di avere uno spazio per lei, di trattenerla, di non farla perdere. Suo incubo ricorrente è peraltro proprio quello di soffocare, così come era accaduto alla sorella Leopoldine, amata e apprezzata da tutti e tragicamente morta per annegamento a soli diciannove anni.

Chi è Adele H.? Una giovane donna che nonostante gli sforzi per sottrarsi rimane impigliata nella sua storia familiare, mostrando un sé frazionato in molteplici narrazioni, invenzioni, menzogne e disattese.
Questo di Adele H. è peraltro per lo stesso Truffaut un caso di trasposizione cinematografica infedele. I registi della Nouvelle Vague non hanno mai mascherato il rimando a racconti letterari a cui le loro opere si ispiravano né hanno mai fatto intendere di «sostituire agli episodi considerati anticinematografici «equivalenze» più visive». Questi adattamenti cinematografici sono caratterizzati principalmente dalla presenza di una voce off che commenta ciò che si sta verificando: pionieristici in questo senso sono Le silence de la mer [Il silenzio del mare, 1947] di Jean-Pierre Melville e Le Rideau cramoisi [La tenda scarlatta, 1953] di Alexander Astruc. Truffaut opera in questa direzione nel suo cortometraggio Les mistons [L’età difficile, 1957], adattamento del romanzo di Maurice Pons, in cui affida alla voce di Michel François l’apparato di commenti esterni; si pensi anche a Jules & Jim (1962), trasposizione del romanzo autobiografico di Henri-Pierre Rochè, dove la voce off è affidata a Michel Subor. Relativamente alla genesi di Adèle H., essa si rintraccia nelle ricerche della studiosa americana Frances Vernor Guille che nel 1955 ritrova, presso Pierpoint Library di NewYork, i diari di Adele Hugo, scritti in un codice segreto e personale che Vernor Guille impiegherà tredici anni a decifrare. Nel 1970 Jean Gruault, sceneggiatore di Adèle H. e di molti altri film di Truffaut (Jules & Jim, 1962; La chambre verte, 1978), viene a conoscenza del volume pubblicato dalla studiosa su Adele Hugo e vi scrive una prima bozza di sceneggiatura che verrà poi sottoposta, nel corso del tempo, a ben sette revisioni. Dunque, qualche riga sopra si parlava di infedeltà. Assumendo come background storico di riferimento le ricerche di Vernor Guille, si potrebbe infatti pensare che l’operazione di Truffaut sia quella di una fedele ricostruzione biografica e storica della vita di Adele Hugo. Così non è. Nella monografia dedicata a Truffaut, lo studioso Alberto Mosca mette in luce, attraverso una dettagliata analisi, proprio questa ‘infedeltà letteraria’ che innerva il film:

La manifestazione di questa infedeltà conosce i modi della deformazione (quando Adele fuggì di casa aveva trentatré anni e non, a malapena, venti,come il film lascia intendere; la fitta corrispondenza che si intreccia fra la ragazza e il padre aveva, in realtà, un destinatario diverso, e precisamente il fratello); della sottrazione, anche (Truffaut tace a proposito di molti fatti: volutamente ignora che i diari furono scritti in codice; che questi furono commissionati dal padre all’epoca dell’esilio politico nell’isola di Guernesey; che Adele aveva in precedenza tentato di abbandonare la famiglia ed era già stata ricoverata in clinica); infine, dell’invenzione (numerose lettere – per esempio, quella in cui Adele si proclama «nata da padre ignoto», o quella in cui si rivolge alle donne del Ventesimo secolo, le «sue sorelle» – le ha inventate lo stesso Truffaut, scrivendole all’ultimo momento).

All’ombra di questa follia amorosa, che sembra rappresentare il fil rouge di tutto il film, si cela, nelle sembianze apparenti del sottotesto, quello che è probabilmente l’autentico fulcro narrativo di Adele H., ovvero il rapporto conflittuale con il celebre padre: paradigmatico il gesto di Adèle di cancellare il nome del padre scritto sullo specchio polveroso o all’incubo ricorrente in cui lei si identifica con la sorella Leopoldine, la figlia prediletta del padre. Alla cancellazione del padre è fortemente raccordata la costruzione di una nuova identità. Lo stesso Pinson nell’ultimo loro casuale incontro non viene nemmeno riconosciuto dalla donna che aveva fatto ogni cosa possibile per seguirlo, mostrando tutta la tragicità della figura di Adèle. L’oggetto d’amore è soltanto un pretesto per immergersi nel proprio labirinto, pretendendo uno sguardo che probabilmente aveva percepito e negato sin dall’infanzia. A tal proposito, scrivono i già citati Barbera e Mosca:

La costituzione di una nuova identità esige il riconoscimento da parte dell’altro da sé, richiede di essere attraversata dal desiderio di un altro soggetto. Si spiega così l’idea fissa del matrimonio che guida le azioni di Adele, rappresentando quest’ultimo la possibilità di reintegrazione in quel corpo sociale dal quale il parricidio l’ha violentemente estromessa e, insieme, l’unica garanzia di adesione a una realtà i cui contorni si vanno facendo via via più incerti.

Ne Il secondo sesso Simone de Beauvoir analizza in maniera dettagliata la funzione di un amore idealizzato sottolineando come questo sogno di annientamento sia in realtà un’avida volontà di essere. La donna si abbandona totalmente all’uomo nella convinzione che soltanto attraverso di lui potrà avere accesso a un mondo che altrimenti le sarebbe precluso. Se da un lato Adèle perde ogni forma di orgoglio e di credibilità per inseguire il tenente Pinson, dall’altro manifesta forza e ostinazione nel perseguire il suo desiderio di compiere qualcosa di incredibile, di diventare eroina lei stessa di una nuova storia:

Quella cosa incredibile da farsi per una donna, di camminare sul mare, passare dal vecchio al nuovo mondo per raggiungere il proprio amante, quella cosa, io la farò.

A discapito dello straziante finale del film – probabilmente l’unica sequenza conforme alla Storia -, in cui si sente la voce off dire «La morte di sua figlia Adele passò quasi inosservata nel pieno della grande guerra che lacerava l’Europa», di Adele H. occorre ricordare la forza di una donna e il suo  tentativo costante di rivendicare un’identità che non sia intaccata dall’essere “figlia di” ma che venga riconosciuta perché autentica e indipendente.

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