Intervista a un poeta arbëresh: Mario Calivà Jaren Martide

“Intervista a un poeta arbëresh: Mario Calivà Jaren Martide”

 a cura di Emanuela Mannino

 

Chi è il poeta per lei?

Il poeta, secondo me, è colui che ha la capacità di cogliere le sfumature più celate e creare corrispondenze che all’occhio dei molti non appaiono. Per questo motivo credo debba avere un ruolo sociale importante, affinché restituisca al mondo lo splendore di cui l’uomo contemporaneo si è dimenticato.

 

Secondo lei, quale valore si dà alla poesia in Italia e quale all’Estero?

 In Italia la poesia è poco considerata. Purtroppo, lo dimostrano i dati delle vendite dei libri e il basso coinvolgimento sociale di chi si occupa di poesia. Ho avuto modo di viaggiare per le mie attività culturali. Ad esempio, a Parigi, dove in un caffè letterario è stato letto un mio monologo tradotto in francese, ho notato che la gente è più propensa a frequentare i luoghi della cultura. Accolgono la Poesia in una maniera più naturale. Non voglio asserire che in Italia solo in pochi amino la poesia, però credo che la proporzione tra la nostra popolazione e lettori o “fruitori” di poesia sia più bassa rispetto, ad esempio, ai miei amici francesi. Tuttavia, questo è un mio pensiero, opinabile e che può essere messo in discussione.

Quali sono i poeti che apprezza particolarmente?

Eliot, Montale, Dante, Baudelaire, Mallarmè, Walcott, Shakespeare e Virgilio. Sicuramente dimentico qualcuno.

Secondo Fernando Pessoa, “il poeta è un fingitore”. Quanto si riconosce in questa frase?

Non so quanto mi riconosco. Secondo me il poeta è un fingitore quando non scrive e si omologa, per necessità, al mondo che abita e che vive. La funzione ideale per il poeta sarebbe quella di scrivere perennemente. Ma è un paradosso. Perché anche il Poeta ha la necessità di rapportarsi con la realtà. Infatti, come diceva Baudelaire la bellezza (meta de Poeta) deve anche essere ricercata nel Contingente. Quindi occorre che il poeta sia partecipante alla grande dinamica dell’esistenza e poi da essa trarne la poesia che gli si rivela.

 

Che relazione c’è tra la poesia e la società? Come convivono questi aspetti nella sua produzione letteraria?

 Il rapporto tra poesia e società è molto importante. Perché la Poesia può essere un tramite, un mezzo di comunicazione, un messaggio portatore di cultura e identità. Esempio ne siamo noi Arbëreshë che utilizziamo la poesia come strumento importante per tramandare la nostra lingua e quelle che sono le nostre tradizioni. Con questo non voglio dire che la poesia Arbëreshë si occupa solo di questo. Ma le va riconosciuto tale ruolo.

Che rapporto ha con il mondo letterario? Si incontra con altri autori, si confronta con loro?

Il mio rapporto con il Mondo letterario è molto intenso. Mi confronto con autori da tutta l’Europa. Ad esempio, ultimamente, assieme al mio amico marocchino, il poeta Mohamed Moksidi ho creato il Mediterranean Poetry Prize, ovvero un premio di poesia aperto a tutti i poeti dell’aria mediterranea e quindi, greci, arabi, italiani, francesi, spagnoli, albanesi e arbëresh. Alcune istituzioni prestigiose come L’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma, l’Università degli Studi di Torino, l’Accademia Nazionale d’Arte drammatica “Silvio d’Amico” di Roma, la Società Dante Alighieri, l’Università degli Studi di Durazzo e la Vague Nouvelle. Anche la giuria è formata da personalità molto importanti. Tutte le info le trovate sul sito www.mediterraneanpoetry.com o alla pagina Facebook “Mediterranean Poetry Prize”.

Lei è  arbëresh, discendente del popolo albanese. Cosa significa essere  arbëresh per lei e quanto ciò incide nella sua vita e nella sua produzione artistica oltre che nel suo immaginario poetico?

Sono un arbëresh di Piana degli Albanesi. Gran parte della mia produzione drammaturgica è in lingua. Dal 2012 abbiamo organizzato più di un centinaio di eventi legati al teatro arbëresh. Essere arbëresh significa essere portatori di una cultura importante che resiste in Sicilia da mezzo millennio. Tuttavia, non va dimenticato che ogni cultura deve accettare e rispettare le altre culture e, quindi, privilegiare l’incontro.

Nelle sue poesie, in parte, intrise di simbolismo ricorre il tema del Divino. Quale significato attribuisce ad esso? Può enunciare qualche suo verso esemplificativo?

 Per me il divino è la Natura. Intesa come traccia visibile e tangibile della creazione, dalla quale il poeta attinge.

Dopo pochi istanti Il rumore di una porta Che si chiude, segna La presenza della sola natura”.

Da “Odo il frascheggio” Che vuole significare che la natura è perenne e che l’uomo è una comparsa dentro l’ambito dell’esistenza. Quindi il poeta, quando traduce le sue percezioni in poesia, in quel momento coglie l’essenza del divino e il Loro rapporto si mette a nudo tramite i versi.

 

Poesie di Mario Calivà in arbëreshë con traduzione in italiano

 

Janë ditë çë gjella…
Janë ditë kur gjella
Duket skurse ngë do shkonj
Qëroi vete dal’e dalë
Si një plak me shkopin
çë do hipet te Mali
Por Qëroi ngë ë plak
Ë gjithmonë trim
E trimin e bën plak.

Ci sono giorni in cui la vita
Ci sono giorni in cui la vita
Sembra non voler scorrere
Il tempo avanza lento
Come un vecchio con il bastone
Che tenta di scalare la montagna.
Ma il tempo non è vecchio.
È sempre giovane
E invecchia il giovane.

E para rrezë dielli
E para rrezë dielli
Sosi t’i vej prapa jetës
Drita mendjemadhe
Shqierr errësirën.
Të sprasmet copa
E gunës saj
Ndjekin qerrin yzesh
Të drejtuar ka Perëndimi
Te nata e përjetshme.

Il primo raggio di sole
Il primo raggio di sole
ha finito di rincorrer la terra.
Prosopopea di luce
lacera l’oscurità.
Gli ultimi brandelli
del suo mantello
inseguono il carro di stelle
diretto a ovest
verso l’eterna notte.

Mbatanë Perëndimit
Mbatanë Perëndimit
Tek ato hje
Çë duken të largëta
Afër frikës
një sekret e pakë fjalë rrojën.
Drita zë rrugët e saj
Çë neve na fsheh qëroi
E te nata
presjëm ndriçughin
çë më në fund jarrën
Të njomjëm shpirtin
Te drita e pasosme.

Dopo il tramonto
Dopo il tramonto
in quelle ombre
che paiono lontane
quasi vicino alla paura
un segreto e poche parole vivono.
La luce comincia i suoi sentieri
a noi la preclude il tempo
e nella notte
aspetteremo l’alba
che finalmente giungerà
e inzupperemo l’anima
in luce eterna.

Biografie

Mario Calivà, scrittore, poeta, drammaturgo e fotografo arbëresh vive a Piana degli Albanesi (Pa). Scrive sia in italiano che in lingua arbëreshe. Diplomato in Drammaturgia e Sceneggiatura presso l’Accademia d’Arte drammatica “Silvio d’Amico” di Roma. Già Dottore in Economia e Finanza presso Università degli Studi di Palermo, nel 2016 ha conseguito anche la Laurea Magistrale in “Discipline dello Spettacolo” presso l’Università degli Studi di Messina con la votazione di 110
e Lode e una tesi sul Teatro Arbëresh come vettore di comunicazione identitaria. Stagista presso il Teatro Massimo di Palermo dal settembre al dicembre 2017, e la redazione di Rai Cultura (programma tv Passato e Presentecon Paolo Mieli). Ha ricevuto diversi riconoscimenti per la sua attività artistica e letteraria per la tutela dell’identità arbëresh. Nel maggio del 2018 esce la seconda edizione del suo “Portella della ginestra. Primo maggio 1947” (Navarra) con
prefazione di Susanna Camusso e un contributo di Nicola Tranfaglia. Dal libro nascerà un testo teatrale oggetto della sua tesi presso l’Accademia d’arte drammatica “Silvio d’Amico” di Roma. Il libro è stato presentato nelle seguenti città durante i tre tour nazionali della memoria: Roma,
Viareggio, Lucca, Bologna, Marzabotto, Ravenna, Classe, Verona, Brescia, Cremona, Crema, Iseo, Milano, Torino, Avigliana, Genova, Savona, Parigi e Wurzburg, Palermo, Piana degli Albanesi, San Cipirello, Bolognetta, Alcamo, Menfi, Sciacca, Cinisi, Catania, Enna, Caltanissetta, Corleone, Riesi, Palazzolo Acreide, Partinico, Lauria, Aversa. Nel 2019 esce “Le Leggi razziali e l’ottobre del 1943” (Besa) un suo lavoro di ricerca sul campo, relativamente alle persecuzioni dei nazisti agli ebrei di
Roma. La prefazione del volume è firmata dalla Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche, Noemi Di Segni.

 

Emanuela Mannino è nata e vive a Palermo. Docente di scuola primaria, laureata in Psicologia (V.O.) e in Scienze della Formazione Primaria, ha pubblicato la silloge Sole ribelle-Versi di bellezza e di resistenza-Edizioni Ensemble (maggio 2020). Ha pubblicato un racconto nella raccolta di autori vari Congiunti – Edizioni Ensemble (luglio 2020) e un micro-romanzo nel collettivo Tina-Storie della Grande Estinzione, Aguaplano Editore (2020). La sua poesia vuole essere un inno alla Vita e una difesa della stessa, attraverso immagini, sensazioni, emozioni e sentimenti dirompenti che creino un ponte con l’Esistenza. Ha partecipato ad alcuni reading poetici nella propria città e a presentazioni delle proprie poesie. Impiega il tempo libero leggendo, scrivendo, facendo lunghe passeggiate, scattando fotografie, danzando. Le piace, altresì, cantare e ha preso parte a un coro polifonico. Ama stare con gli amici, vivere il paesaggio naturale ed ascoltare, a lungo, la gente.

 

No Comments

Post A Comment