Medusa: un dipinto di Benedetto Poma

“Medusa”: un dipinto di Benedetto Poma

di Carmen Bellalba

 

 

Il pittore Benedetto Poma si raffronta con il mito dall’anno 2016, anche se, nella sua poetica, l’antichità classica è un caposaldo da decenni. La folgorazione avviene quando visita il Museo Mandralisca di Cefalù e può fruire della visione di alcune gemme in vetro resina del V-IV secolo a. C. L’interesse per il dettaglio e la perfezione in manufatti di piccolissime dimensioni diventano  ispirazione per la nascita della collezione dal titolo Le Sirene di Ulisse. Il dipinto dal titolo Medusa (acrilico su tela, cm 70 x 120, attualmente in mostra al Museo Diocesano di Caltagirone per l’antologica La Teoria delle Trasparenze) fa parte di questa fortunata collezione. Nell’immaginario artistico, Medusa, la gorgone dai capelli come serpenti, incarna da sempre la mostruosità fisica come espressione visiva della sua perfidia. E quasi sempre la letteratura artistica la presenta orrida, inquietante, spaventosa. Sorprendentemente l’artista Benedetto Poma, la propone straordinariamente bella, di quella bellezza che ammalia, cattura, invita a lasciarsi sedurre.
Ella si staglia, al centro della scena, agghindata come una regina d’oriente. Indossa uno splendido collare filigranato e lunghi pendagli le adornano il bel viso, un viso quasi innocente, se non fosse per quella maschera che lo divide a metà e anticipa, suggerisce la sua anima nera.

Il suo corpo seminudo, dai floridi seni scoperti, sembra piuttosto il corpo di una suadente sirena, ma in realtà è il viscido corpo di un infido rettile. Figlia di Forco e Ceto, Medusa è una gorgone ma è l’unica fra queste a non essere immortale, immersa in una dimensione acquosa, in cui predominano i toni del verde e dell’azzurro. L’atmosfera ci inganna di fronte a un’apparente serenità: la quiete compositiva si interrompe con quello scudo di chiaro rimando caravaggesco che anticipa l’urlo agghiacciante e brutale di Medusa, tradita da se stessa, che pian piano si tramuta in pietra. Un urlo eternizzato dall’atto stesso in cui ella si specchia, tratta in inganno dalla sua presuntuosa sicurezza e grazie all’abilità di Perseo. Un piccolo passero delicato e trasparente, fiducioso e amico, si accosta al bel viso di lei, colto nell’atto di sussurrarle che Perseo ha appena varcato la soglia della sua lugubre caverna. È una chiara invenzione dell’artista, che non ha nessuna aderenza con il mito greco, ma è costume di Poma l’utilizzo di piccole creature come messaggeri o depositari di segreti. Medusa, avvisata, è colta mentre, con la sua austera compostezza, fissa con lo sguardo il punto da cui sopraggiungerà lo sventurato che con folle audacia si avventura al suo cospetto. La mano rilassata sul ventre squamoso ci conferma questa sua serenità e sicurezza di avere ancora una volta lei la meglio. È certa: Perseo cadrà fra le sue spire, perendo. Magistrale l’impaginazione di Poma che nel medesimo spazio narra tutta la vicenda, utilizzando simboli, metafore e rimandi. Perseo è presente, ma chiuso nel piccolo spazio di uno specchio bronzeo. Il suo sguardo è determinato e fisso. Alla sua destra il pugnale con cui le reciderà il capo. Quel pugnale finemente cesellato, impreziosito da una piccola gemma blu è un omaggio alla già citata collezione di piccole gemme conservata al Museo Mandralisca di Cefalù. Uno splendido ramo di corallo rosso che campeggia in basso, altro non è che la trasposizione di Medusa, e del suo valore apotropaico. La leggenda narra che dalla testa recisa di Medusa le gocce del suo sangue caddero in mare, dando vita al corallo a cui le civiltà di ogni tempo attribuiscono valore salvifico e di allontanamento del male. Medusa incarna la bellezza carnale del male e la sua capacità di sedurre, di trarre in inganno: è la negazione del Bene e soltanto gli occhi della sua verità possono svelare le reali fattezze. Poma con la delicatezza del suo tratto e la leggerezza della sua tavolozza filtra la brutalità e l’orrore. Svela che spesso il nostro occhio si limita all’apparenza e non coglie i segnali di un’anima alterata dall’odio, e che la bellezza anche più ideale non è lo specchio dell’anima. Medusa al tempo stesso è vittima di dei che giocano con il destino dei mortali, e che la sua forza devastante è la sua stessa arma fatale. Ne deriva dunque un’immagine complessa e mutevole che devia in modo personalissimo dal racconto del mito, per poi come riabbracciarlo attraverso una interpretazione individuale: l’aspetto della metamorfosi viene mantenuto, viene anzi potenziato e anticipato nella soluzione dell’impaginazione multipla di diversi eventi; l’aspetto della solitudine e dell’incomunicabilità della figura di questa donna del mito viene alimentato e apre la possibilità interpretativa di un suo ritratto psicologico, della sua intelligenza emotiva, ma anche di identificazione per qualsiasi suo potenziale spettatore. La realtà è dunque ambigua, lo è per tutti e l’interiorità deve andare oltre e superare il dato sensibile proposto in primo piano. Il mostro è dentro di noi, siamo noi stessi, la nostra stessa ombra alle spalle, la proiezione dei nostri incubi che ci pietrificano.

 

Biografie

Carmen Bellalba nasce a Catania il 14/03/1972.  Laureata a pieni voti in Discipline delle Arti (DAMS) presso la facoltà  di Lettere e Filosofia di Bologna, segue i corsi di Umberto Eco e Renato Barilli. Si laurea con la professoressa Vera Fortunati. Dopo la laurea segue i corsi di formazione presso la Federico Zeri di Mentana (Roma) sul ‘500 e ‘600. Presso la facoltà LUMSA si specializza in Storia dell’Arte medievale e moderna con una tesi in Archeologia medievale con il professor Federico Marazzi. Curatrice di numerose mostre di autori contemporanei in diverse città siciliane, annovera una lunga collaborazione con Palazzo Duchi di Santo Stefano di Taormina per diversi eventi: Collettiva d’Arte – Il tratto dell’Arte (2014), Tre toni di colore (2015), La mano di Adamo (artisti iraniani, 2017); Le Sirene di Ulisse (del maestro Benedetto Poma, 2016). Quest’ultima collaborazione con il Museo Mandralisca di Cefalù. Autrice di articoli per la rivista d’arte Urbis et artis di Roma con la sua pagina Zagare e fichi d’India, ha intervistato Franco Battiato, Bernardo Tortorici di Raffadali e ha approfondito lo studio delle maestranze orafe siciliane. Ha partecipato a diverse conferenze, tra cui le più recenti: Incastellamenti normanni in Sicilia e Antonello da Messina: la solitaria grandezza. Presso il Museo Diocesano di Caltagirone è ancora in corso la mostra di Benedetto Poma La Teoria delle Trasparenze, di cui ha curato l’allestimento e il catalogo.

 

Benedetto Poma nasce a Catania nel 1968. Inizia a dipingere giovanissimo, spinto dal suo precoce amore per la pittura. Frequenta l’Istituto Statale d’Arte di Catania e si laurea in Architettura presso l’Università degli Studi di Reggio Calabria nel 1999. Principali mostre recenti: 2020 Incanto mediterraneo, Galleria Arionte, Catania; 2020 Antologica, La Teoria delle Trasperenze, Museo Diocesano di Caltagirone; 2019 Personale, GAM, Galleria Arte Moderna, Catania; 2019 Personale, Palazzo Gucciardello, Vittoria – Ragusa.

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