Cristina Campo: Se tu fossi qui

Cristina Campo: Se tu fossi qui.

di Ivana Margarese

 

Carissima, tu scrivi che ti sembra io sia andata molto lontana. È vero – ma non da te.
(Cristina Campo, 16 settembre 1966)

 

 

 

Se tu fossi qui raccoglie il carteggio di Cristina Campo, pseudonimo prediletto di Vittoria Guerrini, con la filosofa spagnola Maria Zambrano, raccontando attraverso la scrittura privata una relazione di amicizia tra due delle pensatrici più significative del Novecento. Il testo, edito da Archinto (2009), racchiude oltre alle lettere, biglietti, trascrizioni e cartoline della Campo nel periodo tra il 1961 e il 1975. L’incontro tra le due donne era avvenuto alla fine degli anni Cinquanta a Roma, dove la Zambrano era arrivata con la sorella Araceli esule dalla Spagna franchista, a casa di Elena Croce, in un circolo di comuni conoscenze. Tra queste vi era anche Elémire Zolla, compagno di Vittoria Guerrini, che in quel periodo intrattenne a sua volta una corrispondenza epistolare con la filosofa andalusa, talvolta condivisa sulla stessa pagina scritta da Vittoria-Cristina.
La scrittrice italiana definisce amorevolmente nelle lettere l’amica come “custode” e trascrive per lei poesie di autori disparati, dal poeta mistico persiano Rumi a Hofmannsthal, da Borges a Pasternàk, per cercare con fiducia lo sguardo comune nelle parole lette e condivise.
La vicinanza costante all’amica è più volte testimoniata e festosamente espressa dalla Campo:

 

Sempre silenziosa e sempre vicino a te, mia dolcissima Maria, con un tesoro di parole non scritte chiuso nel cuore per te, con l’immenso desiderio di un’ora di tregua in questa lotta tremenda per scriverle tutte, una per una, per dirti, come in uno stretto, lungo abbraccio, la sua grande tenerezza, la sua profonda ammirazione, il suo augurio di ogni soave bene e per chi ti è caro.

 

Nella corrispondenza si fa riferimento alla vita di tutti i giorni, alle scoperte quotidiane, ai colori, agli odori – “ vorrei mandarti fasci interi di questa menta che è dappertutto intorno alla casa. Ma certo le tue ferme e ricca di erbe odorose”- ai gatti che entrambe amavano, a corrispondenze astrologiche, agli amici comuni. Seppure esclusive, le amicizie di Cristina si intrecciano tra loro, in un movimento di condivisione sia delle letture sia degli affetti. La scrittrice colloquiava con i libri che sceglieva in una ricerca attenta e rigorosa anche di quei testi trascurati dai più perché difficili e segreti in attesa del rivelarsi in lei della parola abscondita di cui scrive Guido Ceronetti nel suo ritratto di Cristina Campo.


L’amicizia è un prodigio, un dono da solitudine a solitudine, una presenza costante a dispetto della lontananza, della confusione e sofferenza fisica che spaventano. Sono supporto l’una dell’altra.
Cristina esorta Maria a perseverare nello scrivere e a non demordere:

Che tu scriva o non scriva, che tu sia triste o allegra, non tornare. Aspetta il tuo libro lá dove gli hai dato appuntamento. Non lo tradire. Un libro è come lo Sposo – non dice l’ora del suo arrivo. Ma tu non lasciare la porta e la lampada. Ricorda che me lo hai promesso – e la promessa, deposta nelle mie mani, non era fatta a me.

La poetica di Campo e Zambrano si incontra in alcuni temi centrali per entrambe: la parola e il sacro, l’attesa e l’attenzione per il dettaglio, la dinamica tra oscurità e luce, “l’urto continuo e armonioso dei contrari”, che scrive Cristina Campo in Parco dei cervi, “conduce l’animo a una sorta di ardente immobilità, lo colma fino all’orlo di una vita che non trabocca perché il suo stesso muoversi la frena”.

Il loro legame è una promessa, un nodo intrecciato mai più sciolto, un atto comune di resistenza, trasformazione e gratitudine.

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