
06 Giu In Sicilia con Franco Battiato di Elvira Seminara
di Elisabetta Imperato
“Immaginare Franco Battiato che ci guida in Sicilia, è come pensare a un albatro che si tuffa in un lavandino”.
Inizia così l’evocativo libro di Elvira Seminara dedicato al cantautore siciliano, nel capitolo di apertura “Prima di salpare”.
Quando mi è stato chiesto di scriverne una recensione, ho letto il testo tutto d’un fiato, di notte, per rileggerlo poi, nei giorni successivi, ascoltando la maggior parte dei brani musicali, seguendo i suggerimenti dell’autrice.
Ogni capitolo è intitolato a una sua canzone, in una struttura formata da ventidue stazioni; un percorso poetico completato da “Minime note” e dall’elenco degli album e dei singoli.
Da” Prima di salpare” ad “Haiku”, la scrittrice, che ha conosciuto personalmente il cantautore, ci accompagna in un viaggio ipnotico nei paesaggi metafisici della Sicilia, ripercorrendo l’itinerario esistenziale dell’amico, con una lingua che si fa frattale, respiro spezzato e speziato del tempo; lingua che s’immerge e trascende, lingua che si piega tra le pieghe del silenzio, serpeggia come un’onda e a tratti scontorna i confini dell’isola, accostandosi ai bordi erosi dall’acqua.
Una lingua che procede per folgorazioni improvvise, guadagna il respiro lungo del mare, orizzonte aperto senza virgole e senza interruzioni.
Quando poi si interrompe e irrompe nella riflessione, si frantuma in mille frammenti di una vita d’artista che trascende sé stessa in una dimensione universale.
Ogni parola della Seminara dischiude un mondo intero e mentre riflette il genius loci, anche questo trascende, in un tutt’uno col genio poetico di Battiato.
È una lingua la sua- la loro- fatta di frattali, ordita di caos e simmetrie segrete, una lingua che, parimenti alla vita dell’artista, procede per intuizioni profonde e sottrazioni improvvise, fino a giungere all’essenza di ogni cosa.
Una lingua frattale, dicevo, rispetto ai luoghi descritti, che penetra nel codice dell’anima e lo riflette nelle sue logiche profonde.
Elvira Seminara non espone dall’esterno ma intreccia vita e paesaggio, né è eco interna, scandita dalla luce del demone meridiano che frastaglia l’ombra in instabili geometrie.
Ogni parola del libro è una piega del terreno calpestato dal cantautore; ogni pausa un dirupo che accoglie il vuoto gravido di promesse.
Una geografia del dire. Una cartografia del sentire.
Ci sembra, leggendo le sue pagine, che l’esplorazione dell’isola, così intima, ci sia restituita dagli occhi stessi di Battiato. Sono pagine scritte con i cinque sensi, fatte di suoni e rumori, odori e profumi, luci e ombre cupe, tra piazze e palazzi, cieli scgliosi
e distese di sabbia. Echi lontani dal sapore orientale.
E su tutto regna la disforia isolana.
Ne seguiamo il percorso dalla via Etnea, cuore vispo di Catania, come se fossimo accompagnati dalla dea lungo la sacra via tanto cara a Parmenide.
“In Sicilia con Franco Battiato” è una guida lirica per perdersi e ritrovarsi. Una scrittura accorta e mimetica raccoglie la feconda eredità del cantautore con un approccio empatico e geniale. È, la sua, una immersione negli abissi del tempo, tra suggestioni di pietre nere e colate laviche.
Nessuna ovvietà negli accostamenti tra sostantivi e aggettivi. Ovunque la cura.
Sinestesie. Risonanze e contrasti. Suoni e silenzi. Vertigini e abissi. Ambivalenze, appartenenze e sradicamenti. La nostalgia e il dolore del ritorno a casa. Unità eraclitea degli opposti, ove Tutto è in tutto, secondo l’affermazione di Anassagora.
Come ne ‘La fisica della malinconia” di Georgi Gospodinov, tutte le età nell’ultima, nella coesistenza dell’eterno presente.
Immersione dei sensi nel profumo di gelsomino e zagara, erba, brace, tabacco e sandalo. Nella bocca il sapore di alimenti conditi con spezie ed essenze, insalate arabe a base di radicchio cedro arance finocchi e cipolle; il miele col formaggio, il pesce con uva passa e canditi, la caponata, gli arancini, i pistacchi e le mandorle, le granite ai gelsi, ai fichi e al pistacchio. Ovunque eclettismo.
Il libro è un attraversamento tra l’Eden e l’Inferno.
E alla fine del percorso, tra iniziazione al canto e rito di passaggio, un dono prezioso: l’immagine vivida di Battiato. La sua ultima immagine. Il Bardo con la sua arte del bel morire in vita, nel dolente- e distaccato insieme- sentimento del transito celeste, dischiuso tra le labbra sottili, come nel sorriso del Buddha.
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