MURA (Maria Volpi Nannipieri 1892-1940). Una storia curiosa.

 di M. Grazia Ferraris

 

 


MURA, la romanziera  dimenticata vissuta nel territorio varesino, morì prematuramente, lasciando tutto lo spazio, la fama e lo sviluppo del genere “rosa” alla giovane rampante LIALA.
Dietro la patina rosa della romanziera sentimentale c’è un personaggio inquietante, per niente ingenuo, una donna che con unghie affilate cerca la sua  strada nel mondo letterario del tempo, che è tutto maschile. Leggendo e curiosando nella sua sterminata produzione, ci si imbatte in una storia nella storia, che la vede protagonista con uno dei suoi libri più importanti.


Il 2 aprile 1934  dalla prefettura di Milano partono due telegrammi per la Direzione Generale Sicurezza del Ministero dell’Interno a Roma che impongono il sequestro di “Sambadù Amore Negro”, che ha come autrice la nota scrittrice Mura. È  una storia sovversiva, soprattutto per i tempi: l’amore di una bianca, europea, per un africano, nero!!!
La trama: la conoscenza occasionale del giovane ingegnere nero Sambadù di  una giovane e bella vedova italiana diventa amichevole frequentazione, in cui pur si rivelano gli stereotipi di giudizio della signora bianca che ne confesserà  l’attrazione sconvolgente, entrando negli stereotipi non ben padroneggiati, della cultura dominante, i motivi della attrazione fatale:   “..Di lui, soprattutto m’incuriosisce la sua maniera di sentire europea trapiantata in un’anima equatoriale; e la nervosità che gli fa tremare le labbra e le mani; e la passionalità che ridesta in lui commozioni improvvise e intrattenibili come se fosse una donna sensibile a tutti gli stati d’animo ed a tutte le sfumature del sentimento…” L’attrazione erotica, la passione, la curiosità  la dominano via via, nasce un amore incerto, contraddittorio, difficile socialmente e tormentato, bisognoso di sostegno, di spiegazioni e tentativi di giustificazioni e di razionalizzazioni, quello della donna indifesa che accetta il suo ruolo subalterno. La vicenda si dipana, quasi banale.
Il matrimonio  mette a nudo i problemi della coppia. La differenza di mentalità, di rapporti tra i coniugi. La scelta si rivela sbagliata. Il giudizio degli altri non si può sempre disprezzare o trascurare, e la propria convinzione diventa sempre più dubbiosa. Il problema che mette definitivamente in crisi la coppia è quello della maternità: “Improvvisamente penso a questo figlio che deve nascere. Un figlio di Sam: mi sento spezzare il cuore da un pensiero nuovo che nasce dentro di me senza misericordia. … penso a questo figlio che il nostro amore non potrà fare a meno di concepire, ad un piccolo bimbo che si aggrapperà al mio seno bianco con le sue manine…e questa visione mi fa rabbrividire.” La situazione precipita. E alla fine Samadù ritornerà in Africa:“ Ritorno alle mie foreste, al mio fiume, alle cacce nella giungla, alla mia nudità che detesti…” È  l’epoca fascista, Mussolini  sta adeguando l’Italia ai temi razziali: da questo romanzo non c’è da attendersi nulla di buono. MURA crede di aver ristabilito le regole del gioco, di aver scritto un romanzo che può essere una conferma ben accetta alla morale politica del tempo. Ma la scelta del tema è stata una implicita contestazione della morale corrente, delle rigide regole della società autoritaria e paternalistica in cui vive e scrive.
Ha fatto davvero  inviperire Mussolini che sta progettando la sua politica coloniale in Etiopia e che la accusa di offendere la dignità della razza. Il libro sarà censurato e ritirato dalle librerie. Il suo prestigio letterario ne sarà segnato. Anche la sua parabola artistica subirà le conseguenze della censura. Nonostante la svolta “rosa” dei suoi romanzi, la sua produzione è tenuta sotto controllo. Infatti dal dopoguerra Mura diventa una scrittrice rimossa, in ombra.


Eppure la sua storia di scrittrice era ben avviata, fin dal 1919. Era  una giornalista, collaboratrice della casa editrice Sonzogno, non ancora convertita al genere <rosa>, raccoglieva  i messaggi dell’ultima letteratura scapigliata, dissacrante, stravagante, sensuale e un po’ morbosa, in sintonia con il suo pseudonimo e pubblicava  
Perfidie, il suo scandaloso romanzo d’esordio, che  non era  immune da tentazioni futuriste, tanto che fu ufficialmente lodato dallo stesso Marinetti.  Presentava una  tematica amorosa, che analizzava  il proibito, l’amorale, la cattiveria femminile, l’omosessualità : l’arco tematico che va dal disimpegno morale stravagante al recupero della presunta normalità. Voleva  scrivere opere moderne, una vera antologia dello spirito latino, opere in cui s’alternavano la risata, l’ironia, la satira, il buonumore…La censura  che non riesce ad accettare queste prime stravaganti esibizioni letterarie, aspetta la sua occasione fortunata.
E l’avrà, con il sostegno del potere. La solitudine sarà alla fine la sua compagna dopo la disavventura: “La mia vita illogica, senza ore ben definite, per cui la notte e il giorno, l’alba e il tramonto, mi vedono seduta al mio tavolo di lavoro.La mia finestra sul Corso è come un occhio sul mondo. Un occhio vigile, imparziale, sereno…” L’aspetta, prematura, la morte, prima di potersi risollevare dal clima di sospetti e censure.

 

 

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