Grande Madre, Madonna lactans, e maternità nell’arte contemporanea

a cura di Ivana Margarese

 

 

 

 

In ambito mitologico da più parti esiste il culto della Grande Madre, principio di vita e prosperità, di morte e rigenerazione. Questa immagine di Madre generosa procede dal culto di Iside a quello della Madonna lactans per giungere fino alle immagini laiche delle donne che allattano nell’era contemporanea. Un  percorso che può pertanto darci alcuni elementi sulla condizione femminile nel tempo e sulle sue rappresentazioni.

In Egitto, nel VII secolo a. C., era la figura di Iside, sposa di Osiride, dio dei morti, a rappresentare la madre che allatta il figlio Horus costantemente minacciata da pericoli naturali, malattie e dal malvagio dio Set.
Un nutrimento, quello di Iside, che non era solo materiale ma anche spirituale, tanto che il suo latte rendeva immortale il Faraone. Fino ai nostri giorni si sono conservate innumerevoli statuine che rappresentano la dea Iside mentre allatta il piccolo Horo, che le siede in grembo.
La dea egiziana, attraverso la tradizione romana, dopo la conquista dell’Egitto da parte di Alessandro Magno nel IV secolo a. C., diventerà il prototipo della Madonna del latte.

I Greci infatti pur considerando la Terra “madre di tutti”, genitrice comune di dei e uomini, e avendo tra i loro culti quello di Gaia, moglie di Urano e madre di Crono, e quello Demetra, capace di illustrare la profondità, l’intimità e gli eccessi del legame tra madre e figlia, preferiscono non rappresentare l’allattamento considerato come un atto “selvatico” legato alla natura animale. E in effetti al sapere mitico greco si deve la figura di Medea che rappresenta il rovesciamento dei valori connessi alla maternità. Medea presa dalla brama di punire il marito Giasone usando l’inganno arriva a fare dei figli uno strumento estremo di vendetta.  Nella tragedia di Euripide è la morte a trionfare piuttosto che la vita.

Nel Trecento la fortuna della Madonna lactans esplose, anche grazie alla diffusione di reliquie contenenti il “Sacro Latte”, pregato dalle donne che non riuscivano ad allattare i propri bambini. Del resto San Luca aveva sottolineato questa caratteristica tutta umana di Maria scrivendo: “Beato il ventre che ti ha portato e il seno che ti ha allattato” (Luca 11,27). La Madonna del latte propone un’immagine più popolare e meno aulica di Maria rappresentandola in un momento di intimità col figlio e avvicinandola soprattutto alle donne delle classi più povere che allattavano e crescevano i propri figli, non disponendo di una balia.
La rivoluzione dell’iconografia religiosa arrivata con il Concilio di Trento (svoltosi tra il 1545 e il 1563) impose agli artisti scene più contegnose, preferendo rappresentazioni dirette di Cristo e quindi la figura della Madonna che allatta fu meno rappresentata seppure ne esistono esemplari anche celebri, come la Madonna Litta attribuita a un allievo di Leonardo o forse a Leonardo stesso e una scultura di Michelangelo, Madonna Medici, che fu tra le prime statue ad essere iniziate per il complesso della Sagrestia Nuova già nel 1521. Nel 1526 risultava ancora in lavorazione e nel 1534, quando Michelangelo partì definitivamente per Roma, venne lasciata nel presente stato incompiuto e trasportata in Sagrestia dal Tribolo, che montò anche le altre statue sui sarcofagi. Si tratta di una scultura di grande impatto e dinamismo. La Madonna di Michelangelo è una figura imponente, il cui sguardo tuttavia pare contenere una certa tristezza.

Nel corso dell’Ottocento il tema della madre che allatta tornò alla ribalta, anche in funzione della ricerca del vero e del quotidiano nell’arte.
L’impressionista Mary Cassat fece delle scene di maternità la sua firma dipingendo spesso madri con neonati e disegni dal vero di donne intente ad allattare i propri bambini. Vissuta a cavallo tra Otto e Novecento, nel periodo in cui veniva a delinearsi il movimento femminista, che comincia ad affermarsi a partire dal 1866, la Cassatt scelse di dedicarsi completamente alla sua carriera di pittrice, rifiutando il ruolo di moglie e di madre. Il rapporto madre-figlia è però ricorrente nella sua produzione pittorica e ci offre immagini di rara intensità.

 

La vera svolta arriva con le Avanguardie e lo studio dell’intimità umana nelle sue espressioni sociali. Picasso nel suo “periodo blu” realizzò una splendida Maternità profana, dipingendo una giovane che allatta il figlio. Il volto esprime sentimenti di grande dolcezza, nonostante sia segnato dalla stanchezza. Entrambi sono avvolti in una mantella rosa, che esalta le due figure stagliate sullo sfondo blu.

 

Interessante anche l’opera di Tamara de Lempicka, pittrice polacca, appartenente alla corrente dell’Art déco, che ritrae se stessa nel 1928 con suo figlio.
La donna rappresentata non rivolge lo sguardo al figlio attaccato al seno, ma lontano, immersa in pensieri che la rendono nervosa e distaccata.
Una maternità reale, un gesto che accomuna tutte le donne al di là delle differenze, e pensata per tutte le donne che esprimono se stesse non solo nel ruolo materno.

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