Le luci di sera

di Cristi Marcì

Il nostro volo Ryanair FR6786 atterrò in orario a Marsiglia, decretando per quel giorno la fine del suo compito.

Ultimate le procedure di sbarco, seguite dal meticoloso controllo documenti, ci recammo verso l’uscita dell’aeroporto in direzione dei taxi, quasi tutti in partenza per la stazione Gare de Marseille Saint Charles.

“Dev’essere da quella parte” mi dicesti indicando una scritta giallo evidenziatore, accanto alla quale un’imponente figura fumava una sigaretta. Ricordo che in una lingua mai sentita prima, desti vita a parole di cui tu stesso ignoravi l’esistenza. Eppure come mi hai sempre insegnato, un viaggiatore ha diritto a tutto quando è fuori dal proprio paese “anche a inventare strofe e vocaboli capaci di sfidare quelle locali”.

Con un sorriso che rivelava la più totale dedizione alla caffeina e alla nicotina, il tassista sollecitò il nostro ingresso all’interno del veicolo sbuffando l’ultima nuvola di fumo proveniente dalla sua Marlboro Light, gettando con disinvoltura il mozzicone sull’asfalto.

Il tragitto sino al Best Western Hotel Marseille non fu lungo, anzi durò all’incirca quindici venti minuti, durante i quali la città a quell’ora della sera fremeva per iniziare a vivere. Scoprendo le sue vene, i suoi polmoni e il suo più intimo splendore; che soltanto due viaggiatori come noi, nonostante il freddo decembrino, erano pronti a ghermire e ad assaporare con le dovute cautele.

“Perché ogni città che si rispetti è simile a una donna” mi ripetevi “di giorno è elegante, sobria e gentile, mentre di notte cambia, ti incanta e si diverte”.

Era il tuo biglietto da visita ogniqualvolta entravamo nel corpo di un nuovo posto ancora inesplorato e vergine ai nostri occhi.

“Tipo quelle?” domandai sornione indicandoti due figure vicino ad un semaforo, nei pressi del quartiere dove eravamo diretti; il Saint-Lazare del primo arrondissement.

“Chissà, magari di giorno sono avvocatesse” rispondesti ridendo e coinvolgendo il tassista, che dallo specchietto retrovisore si scoprì complice di due stranieri con cui condividere perché no un buon Grenache Noir.

Arrivati a destinazione ricordo che ci fece pure uno sconto sulla corsa, noi insistemmo per il contrario ma non ne volle sapere nulla; “aure voir italienne” esclamò euforico e in preda ad una sbronza di surreale entusiasmo. Era simpatico, chissà magari ci avrebbe fatto comodo come guida locale.

Così senza troppi indugi ci dirigemmo verso la reception, registrammo i documenti per poi ritirarci, come concordato mesi prima, ognuno nella propria camera. Quando ti comunicai le mie condizioni, prima ancora che l’idea di questo viaggio prendesse corpo, la tua perplessità aveva per un attimo creato fra noi una futile distanza, semplicemente perché io e te, padre e figlio, indossavamo ormai le vesti di due adulti; con le loro regole e le loro priorità. Pertanto ancora oggi ti sono debitore per aver compreso quella che per me era una richiesta legittima e al contempo necessaria. Ha significato tanto per me, davvero.

“Allora Mattia dopo una doccia scendiamo che ho fame”.

“Ok papà, il tempo di sistemarmi e andiamo”.

Nel bagno della mia camera, dal soffione della doccia l’acqua mi accarezzava i capelli, restituendo al mio viso una nuova, piacevole forma di stanchezza. Eppure qualcosa, che ancora oggi fatico a identificare nonostante siano passati 5 anni, mi diceva che quel luogo attendeva il nostro arrivo, che quella città aveva qualcosa da dirci. Che tutto era in equilibrio.

Quella donna fatta di cemento e strade desiderava mostrarci i suoi seni, cosicché potessimo inebriarci di un gusto che difficilmente avremmo dimenticato.

Fuori della struttura alberghiera, i nostri passi iniziarono a scandire un ritmo ormai familiare alle nostre orecchie; retaggio delle numerose passeggiate che ti ho sempre costretto a fare e che stavolta ci portarono nei pressi di Port Vieux: con i suoi moli e le sue barche. Sospese come per incanto sopra un velo nero rischiarato dalla luna e macchiato dai riflessi luminosi dei locali limitrofi.

Tra questi ve n’era uno dal nome strano, che tuttavia non tardò a solleticare in modo quasi magnetico la nostra curiosità, sino a farci entrare al suo interno facendoci accomodare su una delle sue numerose sedie in stile vintage.

Era caldo e accogliente e alla carta offriva persino diverse tipologie di liquore, tra cui un Glenmorangie Whisky: fedele compagno di uno dei nostri investigatori preferiti che mi hai fatto conoscere tra le pagine di un libro; il solo in grado di sciogliere quegli ingranaggi della mente utili a sbrogliare un caso apparentemente irrisolvibile.

Disposti sul tavolo i bicchieri riflettevano uno scenario distorto, quasi onirico, a tratti finanche deforme, in cui le lancette dell’orologio danzavano su uno spazio e un tempo di cui non avevo controllo. Una volta ordinato e introdotto quel liquido dalle sfumature ambrate e dal sapore dolce, i tuoi pensieri uscirono allo scoperto, partorendo un semplice vocabolo. Un biglietto di sola andata. Una voragine che neanche un’intera bottiglia di quel whisky sarebbe stata in grado di aprire sotto ai miei piedi. Eppure tu stesso eri solito ricordarmi che proprio le voragini ci insegnano a volare, “regola 6786”.

Da quando te ne sei andato di voli ne ho fatti tanti e spesso mi hanno portato in luoghi che avrei fatto a meno di conoscere.

Stasera però sento di volerti scrivere a prescindere da dove ci troviamo.

Purché mi prometta che il tuo pensiero non smetta mai di volare verso di me.

*

Cristi Marcì è uno psicologo, specializzando in psicoterapia e grande amante della lettura. Nato in Romania attualmente vive in Toscana dove sta ultimando il tirocinio di specializzazione. Grazie ai libri ha scoperto la possibilità di viaggiare con l’unica compagnia gratuita e senza costi aggiuntivi: la fantasia. Adora i gialli, la saggistica e i romanzi storici. Da febbraio ha iniziato un corso di scrittura promosso dalla casa editrice Minimum Fax e, al pari della lettura, pensa che scrivere costi fatica. Perché di fonte a un foglio formato A4, cartaceo o digitale, siamo in compagnia degli ospiti a noi più sconosciuti. Ad oggi ha esordito con il suo primo racconto breve sulla “Rivista offline” dal titolo: Alle radici del proprio corpo.

L’immagine di copertina è di René Magritte

No Comments

Post A Comment