Marilù Oliva: le storie, i miti e le donne

di Antonella Caggiano

 

( la foto di Marilù Oliva è di Claudia Spaziani)


Marilù Oliva è una scrittrice, saggista e docente di Lettere
alle scuole superiori. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo storico Biancaneve nel Novecento, edito da Solferino, proposto al Premio Strega, ma il suo nome è legato ai romanzi mitologici L’Odissea. Raccontata da Circe, Penelope, Calipso e le altre (2020), l’Eneide di Didone, (2022) e I divini dell’Olimpo (2023).
Per ragazzi ha scritto Il viaggio mitico, a quattro mani col figlio Matteo, e Miti Straordinari, entrambi usciti con De Agostini Collabora con diverse riviste ed è caporedattrice del blog letterario Libroguerriero. Si batte da sempre per la difesa dei diritti delle donne e contro ogni forma di soprusoA tal proposito sono donne le protagoniste dei suoi romanzi, personagge caratterizzate da una forza d’animo e di carattere tali da determinare il destino e la storia del romanzo. Penso ad esempio a Penelope e alle altre donne che raccontano l’Odissea dal loro punto di vista oppure alla Didone che riscrive la storia epica dell’Eneide…

 

 



Dove ha origine
l’idea della riscrittura secondo il punto di vista femminile del poema omerico e di quello virgiliano?

Ero intimidita all’idea di toccare due mostri sacri come Omero e Virgilio. Però ero anche convinta che i personaggi femminili che si trovavano lì, già rivoluzionari, potessero risaltare ancora di più.  La scelta della prima persona multipla nell’Odissea – con un ricambio corale che mi permette di dare luce a Calipso, Circe, Penelope, Nausicaa, Atena ma anche a personaggi secondari come le Sirene o la nutrice Euriclea  – ha la funzione di trasmettere immediatamente le emozioni ma consente di lasciare come oggetto narrativo un eroe affascinante come Ulisse. Per l’Eneide ho voluto far parlare lei, alternando la sua voce a quelle delle due che si occuparono dei destini dei troiani profughi dalla città in fiamme.

 Cosa ti ha ispirato la possibilità di cambiare la sorte di Didone e rimodularne la storia?

Al liceo, quando studiavo l’Eneide, ero rimasta perplessa dalla fine della regina cartaginese: qualcosa non mi tornava rispetto al suo background. Sappiamo tutti che è scappata da Tiro, alla guida di una flotta, perché il fratello Pigmalione aveva ucciso suo marito Sicheo. Unica donna nell’età del bronzo a compiere un atto del genere e a fondare una città, dopo aver attraversato parte del Mediterraneo, perché di solito le donne stavano un passo indietro o di fianco ai fondatori, rigorosamente maschi. Scoprendo la sua storia vera, quella risalente al IX sec aC (e non al XIII, secolo in cui sono ambientate le imprese leggendarie di Enea), mi sono resa conto che la sua figura reale non avrebbe combaciato con quella virgiliana, così mi sono permessa un piccolo strappo alla regola. Nella mia riscrittura, ho cercato di restare il più possibile fedele a Virgilio, l’impianto è quello originario, con tutti i passi cruciali ma anche quelli più trascurati. Mi sono però permessa una variazione nel finale del IV libro e questo ha implicato diverse conseguenze.

“Non sei obbligata a tacere, a far finta di niente, a diventare sottile sottile, quasi invisibile. A stringerti elegante. A non invecchiare. A scintillare….” la citazione, estrapolata dall’esergo del libro L’Eneide di Didone, assurge a manifesto della difesa dei diritti delle donne.
In quale momento Didone ne diventa essa stessa parte attiva?

Lei lo è sempre stata, nonostante sia vissuta in una società fortemente maschilista: lei era una ribelle. Da quando è scappata da Tiro, portandosi dietro sua sorella. Sono convinta che sia stata una regina saggia e giusta anche con le sue suddite. Perché per prima aveva provato sulle sue spalle quanto brucia la disuguaglianza.

 


A quale p
ersonaggia dei due romanzi appena menzionati ti senti più vicina?

A diverse di loro, ma se mi chiedessero dentro a chi vorrei entrare per un giorno, risponderei Circe. Circe domina uno spazio da padrona assoluta: situazione inedita per l’età antica. In passato rappresentava i pericoli in cui i navigati potevano imbattersi, nel mio romanzo è una donna depositaria di grandi saperi, quindi potente e temibile per le sue pozioni, una divinità che utilizza l’attacco come potenziale difesa. Per questo trasforma gli uomini in bestie. In una società in cui alle donne venivano lasciate ben poche possibilità, Circe può considerarsi come una sorta di femminista ante litteram. E comunque diventerà anche lei alleata di Ulisse.

In Biancaneve nel900 si parla di un contesto dei campi di sterminio molto trascurato: l’esistenza dei Sonderbau. In quali archivi si è svolta la tua ricerca, per la trattazione di tale argomento così poco conosciuto?

Ho utilizzato diverse fonti, le ho tutte raccontato nelle note e nella bibliografia finali. Cito intanto La baracca dei tristi piaceri di Helga Schneider, un libro molto forte e attendibile.

Bianca come Lili sono due testimoni di un secolo tragico. Attraversano la storia (all’inizio inconsapevolmente) tra due eventi temporalmente distanti fra loro: la Shoah da un lato, la strage di Bologna dall’altra, eppure i loro cammini si intrecceranno sullo sfondo del romanzo. Cosa ti ha indotta a investigare in quest’ambito storico avendone, per la tua giovane età, solo una conoscenza indiretta?

Sono due ambiti che mi appassionano da sempre, anche se approfondirli è doloroso. In particolare, ho scelto di raccontare del Sonderbau, una realtà rimasta tabù per anni, quando sono venuta a scoprire che Himmler nel 1942 decise di istituire dei bordelli nei campi di concentramento nazisti, dove le ragazze venivano reclutare con l’inganno: si prometteva loro che dopo 6 mesi sarebbero state liberate, ma questa promessa non fu mai mantenuta. Molto spesso capitava che si ammalassero o venissero colpite da malattie veneree e finivano nella baracca degli esperimenti. Le ragazze costrette a prostituirsi finivano per essere vittime più volte: vittime del lager, degli aguzzini e dei prigionieri, dei pregiudizi, dei loro sensi di colpa. Il perdurare del disprezzo nei loro confronti anche nei decenni successivi è indicativo, le si considerava le sole responsabili del trattamento subito, come se davvero avessero avuto molta possibilità di scelta. Chiaramente sapevo che la narrazione, proprio per il suo substrato di dolore, non sarebbe stata facile ma uno degli aspetti sui quali mi sono concentrata di più è stata la correttezza storica.


 

Il linguaggio infantile di Bianca è illuminante in merito alla strage del 2 agosto. Come sei riuscita a renderlo in maniera così efficace?

Grazie per quello che dici. Credo che sia l’empatia. Senza quella, i personaggi si spengono e lo dico anche da lettrice.

Su un piano parallelo, due vite differenti per età e città, si accostano e si uniscono alla fine in una composizione originale e binaria tra una ragazza nata negli anni ’80-‘90 ed una nel 1919 e con due storie completamente diverse. Come mai hai voluto scrivere due storie così differenti tra loro?

Perché alla fine c’è un vincolo fortissimo che lega queste due storie. E, dilatando il discorso, anche noi siamo collegati a tutti gli eventi storici che ci hanno preceduto e che ci seguiranno. Anche se ce ne disinteressiamo, anche se ci sembra tutto così distante.

Nel libro Il viaggio mitico, scritto con il tuo piccolo Matteo, ti sei occupata anche di disabilità e di bullismo, attraverso il racconto mitologico a te molto caro. Chi ha scelto il nome del protagonista Vincent e come avete organizzato il lavoro compositivo dell’opera?

Il viaggio mitico racconta la storia di un bimbo che di giorno viene bullizzato, così di notte si rifugia nel mondo del mito e anziché sognare, viene teletrasportato nella Creta del Minotauro. I nomi li ha scelti mio figlio. Io scrivevo le imprese mitologiche, Matteo si è occupato delle difficili giornate a scuola di Vincent, che viene escluso dai suoi compagni, con la complicità di una maestra incompetente (l’altra maestra invece è in gamba). Si è occupato lui di questa parte perché ha vissuto una situazione analoga sulla sua pelle. Ora quell’esperienza è solo un brutto ricordo, abbiamo cambiato scuola e abbiamo trovato un ambiente sano.

A quale libro ti senti più legata e per quale motivo?

Ogni libro mi ha dato qualcosa. L’Odissea raccontata da Penelope, Circe, Calipso e le altre è stato (ed è tuttora) il mio libro più venduto ma al di là di questo vi  ho tanto creduto ed è stato tradotto in molte lingue, Biancaneve nel Novecento e Le Sultane i più amati, Eneide di Didone mi ha dato tantissime soddisfazioni perché ora è stato inserito anche nei programmi accademici. Nel Viaggio Mitico ci abbiamo messo l’anima e nei Miti Straordinari c’è una grafica pazzesca, con disegni di Rosaria Battiloro. Mi sono divertita a raccontare eroi, eroine e creature considerate fuori dalla norma secondo i canoni del mito greco. Come vedi, ogni libro per me è speciale, davvero non saprei scegliere!

 

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