La poesia di Freda Laughton. Intervista a Viviana Fiorentino

 

a cura di Ivana Margarese

*

Adoriamo ciecamente le nostre

lettere d’amore

per paura che possa perire

quel che recava l’impronta

 

dell’angelo che ci ha sfiorate con ali di colomba,

bianche di giglio e decorate di arabeschi,

ha lasciato oro nell’aria, ha versato

ricordi dolci sulle nostre palpebre

 

Ora l’aria è chiara dell’oro

delle piume sparso

Siamo state abbandonate?

E l’impronta è fuori corso?

 

S’intorpidisce un amore senza gesti.

I mantici ardenti delle parole

soffiano scintille gelide nei solchi.

Eppure l’amore le brama, che senza parole la vita illividisce.

 Freda Laughton, Di lettere durante una lunga separazione ( in Una casa transitoria, traduzione di Viviana Fiorentino, ArcipelagoItaca edizioni )

 

Freda Laughton (1907-1995) è una poetessa irlandese poco conosciuta e recentemente riscoperta. La sua opera coraggiosa è lontana da ogni retorica e da ogni facile classificazione e si contraddistingue, oltre che per l’esplorazione degli stati interiori, per il modo schietto di trattare il corpo e la mente.
Un’intimità poetica capace di coinvolgere chi legge attraverso  l’immediatezza della percezione e l’esplorazione della natura dialogante degli stati emotivi e fisici.
L’originalità della poesia di Laughton la rende vicina alla nostra sensibilità contemporanea, anche per la ricchezza di rimandi e l’interesse per i temi della natura e della metamorfosi, come mostra lo stesso titolo scelto per la sua raccolta di poesie, A Transitory House ( in italiano Una casa transitoria, ArcipelagoItaca edizioni,2023), su cui ho dialogato con la traduttrice Viviana Fiorentino.

Comincio col chiederti del tuo incontro con Freda Laughton. Come è avvenuto e cosa ti ha portato a tradurre le sue poesie.

La prima volta che ho incontrato la poesia di Freda Laughton è stata propio al mio primo evento letterario in Irlanda. Era la fine del 2017, mi trovavo a Belfast. L’evento era statoorganizzato da Fired!, “Licenziate!”, un gruppo di poete e scrittrici che si riuniva per discutere quali fossero i problemi di visibilità delle poete nel canone della poesia irlandese. Ero molto interessata a quell’evento e a ciò che questo gruppo organizzava,perché con la mia amica, poeta e studiosa, Alessandra Trevisan, avevamo in mente di fondare un gruppo che riscoprisse le autrici dimenticate e rendesse accessibili al pubblico le loro tante opere non ripubblicate, “Le Ortique”.
Quella sera, Lucy Collins, professoressa a UCD, lesse Freda Laughton. Rimasi subito molto colpita e affascinata dalla poesia di Laughton. Tornai a casa con la ferma decisione di cercare tutte le informazioni disponibili su di lei e la sua poesia. Ma non trovai quasi nulla online.
Contattai settimane dopo Lucy Collins, seguirono vari scambi epistolari, Lucy mi mise in contatto con la ricercatrice che aveva riscoperto le poesie di Laughton, Emma Penney efinalmente, qualche tempo dopo, mi trovai con A Transitory House tra le mani; una copia conservata presso la collezione speciale della biblioteca dell’UCD. A marzo 2020, primo lockdown, iniziai a tradurre la prima poesia della raccolta, Mentre al sole il cigno. Dopo aver studiato per diverso tempo il libro, mi sentivo pronta a tradurlo nella mia lingua madre. Rinchiusa nella casa transitoria della pandemia, ho iniziato un lavoro faticoso ma bello e gratificante, che ora trova la sua forma in un libro per me molto prezioso, ma che spero lo sia per molti. Penso che, probabilmente, se non fossi vissuta in Irlanda, non avrei mai scoperto Freda Laughton.

“A Transitory House” è un titolo affascinante che coniuga due concetti apparentemente distanti. La casa, il rifugio, da sempre simbolo di stabilità, e il transitorio, l’impermanente, di cui tutti facciamo esperienza nel corso della nostra vita. C’è un verso di una poesia che recita “io nel mio nido, labirinto/ sotto la pelle del pensiero,/ fatto di stoppie, di circostanze e tempo”. Esiste una storia dietro questo titolo, oltre il riferimento a una delle poesie della raccolta “In a Transitory Beauty”?

È molto difficile rispondere a questa domanda perché, come accade con le tante scrittrici del passato che vengono riscoperte, i dati biografici, o come dici tu, “le storie dietro”sono quasi del tutto assenti oppure richiedono un lungo studio di ricerca. Pensa che persino la data di morte di Freda Laughton, 1995, è stata ricostruita a molti anni di distanza, nel 2015. UCD sta adesso lavorando per costruire un archivio Laughton e mettere in salvo le tante carte che senz’altro permetteranno di ricostruire alcuni percorsi di scrittura dell’autrice. Alcuni mesi fa, ho incontrato la nipote di Laughton e appreso tratti della sua vita che mi hanno emozionato. Mi è sembrato che quello che apprendevo dalla voce della nipote, fosse in un certo senso già contenuto nei testi. In qualche modo, le storie intercettate nelle poesie, seppur senza nomi di luoghi, di persone, senza date, ci accompagnano nella lettura come fossero fantasmagorie riflesse dalla camera oscura della poesia. Questo per dire che possiamo costruire una storia dietro il titolo “una casa transitoria” a partire dai testi. Per esempio, nel testo che citi, In una bellezza transitoria, la maternità è raffigurata come un uovo di uccello, destinato ad autodistruggersi per dare la vita e trovare la libertà. Cosa sia il processo creativo per Laughton è definito proprio in questa stessa poesia, l’autrice dispiega l’associazione metaforica della gravidanza e dell’uovo per costruire un modello di creatività nuovo e che si autoperpetui. La poesia si apre con un “guscio materno” che ospita un uccello, ma è solo attraverso la distruzione che si può essere vivi e liberi. La produzione creativa è implicita nella seconda strofa quando la voce poetica chiede che il guscio possa “supplicare immortalità” quando deve essere distrutto per liberare l’uccello, mentre l’uccello stesso è definito “bellezza alata”,“effimera a sua volta e che alla fine sarà anch’essa cancellata.
Come può un’autrice vivere oltre la propria vita? E cosa rimane della poesia? Chiede Laughton. La risposta è nel “guscio materno”: simbolo della creatività e del processo perpetuo di generazione e distruzione che è la scrittura stessa. Ma questa costruzione della creatività in Laughton è radicata nel corpo femminile. In fondo, forse è proprio questo, e ciò che il titolo di questa raccolta implica, che mi ha attratta fin dal primo momento e che mi ha fatto lavorare così furiosamente ai suoi testi. È un aspetto molto moderno della poesia di Laughton: la costruzione di una creatività radicata in un corpo femminile e resistente alle norme della rappresentazione del femminile.
Faccio un piccolo salto, per spiegare quale sia il nesso tra una creatività radicata in un corpo femminile e il titolo della raccolta. L’autrice americana Ursula Le Guin riprende l’interpretazione dell’antropologa Elizabeth Fisher riguardo alla genesi della cultura umana. Ci ricorda, infatti, che le prime creazioni dei nostri antenati erano recipienti per contenere le noci raccolte, le bacche, i chicchi, eccetera. Una narrazione, insomma, fatta di contenitori e borse o reti utilizzate per trasportare il raccolto, piuttosto che la narrazione prevalente e maschilista di dominio sulla natura attraverso la caccia, le frecce e le lance.
Le Guin dice: «abbiamo tutti sentito parlare di lance, frecce, spade […] ma non abbiamo sentito di quella cosa in cui mettere le cose, il contenitore per le cose contenute». Proprio partendo da questo punto di vista, una certa critica femminista ha messo in luce come la simbolizzazione del corpo femminile possa essere stravolta: non un contenitore quello per portare i bambini – ma un veicolo.
Nelle poesie di Laughton, la casa transitoria è proprio questo: un corpo di donna che non è un contenitore vuoto, ma un veicolo (come l’uovo dell’uccello in Bellezza Transitoria o, nella poesia “La donna con la bambina, i boccioli), un dispositivo metaforico e strumento espressivo a sé stante.
Poi ci sono le storie che possiamo rintracciare fuori della camera oscura della poesia e che riguardano la biografica dell’autrice: il primo marito che la lascia per l’America, un secondo marito che parte per la guerra ma poi la lascia, storie di grande sofferenza in cui Freda ha dovuto combattere per difendersi dai soprusi. In cui si è ritrovata sola, ma determinata, a crescere due figli. Ha cambiato tante volte casa, e qui potremmo pensare al titolo, chissà Ha vissuto a Belfast, a Dublino, poi nella contea di Down, proprio a una manciata di chilometri da casa mia – cosa che ho scoperto di  recente e che mi ha colpito. In tutti gli anni di solitudine e sofferenza, Freda ha visto il morire e il rinascere di tante cose, ma non si è data per vinta e ha continuato a scrivere.

Nei testi di Laughton ritorna più volte il riferimento al mondo vegetale, a delle specifiche piante, al gambo, alle fioriture e così via. Espressione a mio parere del desiderio di affidarsi a una naturalezza, a un lasciarsi andare che sottragga spazio alla paura o all’ansia del troppo ragionare. Altro elemento ricorrente è quello della nascita, sia nel suo aspetto di rinascita sia nel suo legame con la maternità. Vorrei me ne parlassi meglio.

In una poesia intitolata Ritratto di una donna, uscita nel 1945 su The Irish Times e non presente in Una Casa Transitoria, Laughton disegna nelle prime strofe il ritratto di una donna con una profusione floreale che è abbellente ma che viene via via colto nei suoi limiti di contenimento, al punto da diventare claustrofobici.
La bellezza curata del giardino è il prodotto di un controllo esterno e di un contenimento imposto: il paesaggio è “curato” in ogni singolo filo d’erba, “pettinato,/ordinatamente al suo posto”. Se in questa poesia il giardino è emblematico dell’influenza repressiva delle convenzioni e dei tropi letterari di un canone maschile, nelle poesie di Una Casa Transitoria il mondo vegetale è selvatico, dunque una risposta trasfigurante alla condizione di contenimento del giardino. Le piante a crescita libera e gli animali selvatici sono di una vitalità e di una diversità struggente, vibrante e in continua trasformazione,come lo sono del resto la musica e la sintassi della poesia di Laughton. La natura selvatica è allora metafora stessa di un sé autonomo femminile, liberato.
Come per esempio in “Il gambo del mio ragionamento”, dove baccello, foglia, gambo sono il ragionamento stesso, pronto a trasformarsi fino al crollo, lasciandoci così a “fissare il cielo svelato”.

Mi ha molto colpita la delicata e al contempo schietta sensualità di alcune poesie in cui il desiderio dei corpi e dell’incontro è presente attivamente. Allo stesso modo mi hanno coinvolto le poesie in cui avviene un mancato incontro, in cui si rimane vicini e al contempo estranei ( “Qui giace Bertha, che fu sposata/ all’improvviso, a uno scarno estraneo”) o addirittura arriva la morte a separare per sempre (“Ho sentito le ossa vuotare la carne in ascolto/ il giorno in cui vennero a dirmi che eri morto”)In tutti questi casi il rapporto con l’altro appare necessario alla definizione di se stessi.

Parto da un dato materiale, per arrivare alla poesia e a ciò che mi chiedi. Sebbene Laughton fosse una presenza femminile notevole nel contesto della cultura letteraria irlandese negli anni ’40 (pubblicava regolarmente su The Irish Times e su riviste molto in voga all’epoca, come The Bell) e sebbene avesse pubblicato la sua prima raccolta con la più importante casa editrice londinese, Jonathan Cape, la sua carriera letteraria si interruppe bruscamente proprio subito dopo l’uscita di quest’ultima. La sua drammatica caduta nell’oscurità nei decenni successivi riflette più ampiamente i modelli, direi istituzionalizzati , di oblio e perdita che hanno occluso la tradizione della letteratura femminile irlandese. Non c’è, quindi, da stupirsi del declino successivo a “Una Casa Transitoria” o, almeno, possiamo fare coincidere il declino con un fatto significativo: i critici dell’epoca criticarono aspramente la sua poesia, l’accusavano di essere «sensualità fine a se stessa, e non relativa all’immaginazione». Le corporalità intense delle donne della poesia di Laughton, sensuali e incinta, erano considerate ripugnanti. Dunque, il problema fondamentale era la mancanza di conformità di Laughton a quella che era la concezione dell’epoca del corpo femminile, di quella che doveva essere l’autorappresentazione femminile e della figura della poeta. E qui mi allaccio alla tua domanda. La poesia di Laughton è un’espressione radiale di femminilità e creatività, in cui quel tipo di sensualità che citi testimonia da un lato la resistenza alle norme della rappresentazione del femminile di quegli anni, dall’altro è la prova della sua marginalità e della forza di un pensiero indipendente, potenziale modello liberatorio per le successive generazioni di poete.
L’autorappresentazione che ci regala Laughton si basa su una interrogazione del sé, vedi per esempio quando nella poesia “Tutto ciò che ha reso questo io” dice: Tutto quello che ho conosciuto di luoghi, persone, cose,/ fa parte di questo corpo lungo, sé assottigliato,/ del mio tempo dipanato”. E non c’è spazio per una resa a una definizione di se stessi: “altrimenti, sia il rocchetto svolto, che nessuna lunghezza/ rimanga per l’àncora mentre mi sporgo a guardare/ tutto ciò che ha reso questo io”. Nella piena coscienza, quindi, del rischio che comporta indagare il sé e affermare il proprio pensiero. Ci si “sporge”, appuntoDel rischio che si corre, Laughton, ce ne parla apertamente in molte altre poesie della raccolta. In tante, l’io è descritto come oscuro, ossessionato dall’ignoto, da “irresistibili oscurità” bevute “per caso o per oscura decisione”.
Il sé femminile di Laughton è autonomo e cresce in resistenza alle convenzioni, ai “mobili ordinari”, come scrive nella bellissima poesia “La storia dello scheletro”.

Freda Laughton è una poeta che secondo me necessita di tempo. Già alla seconda lettura mi ha svelato alcuni aspetti che a una lettura immediata avevo considerato troppo semplicemente. Ho voluto farti questa considerazione perché mi è parso che, al di là dei singoli componimenti, vi sia nella poetica di Laughton una trama, un disegno, che viene a essere restituito a poco a poco e cresce fino a immergerci in uno spazio lussureggiante, dietro la prima apparente sensazione di semplicità.  

È vero. Laughton ci offre un immaginario ampissimo e ci invita a entrare e ad arricchirlo a nostra volta, con le nostre letture. Ci chiama a “scivolare leggera/ nello stretto buco della tana di un sogno”. Con la “mano del” suo “sogno”, lei è la donna strega “che cammina  con una corona di parole”. La tana della poesia, come dice Laughton, o lo spazio lussureggiante in cui ci invita ad abitare, come dici tu, porta alla fiaba del giorno.

L’ultima domanda riguarda la collaborazione nata per realizzare questo libro con le donne che hanno scritto le note introduttive e la postfazione.

È stato un percorso di ricerca lungo, come dicevo, perché appunto Laughton è stata riscoperta da pochi anni. La professoressa Lucy Collins e la ricercatrice Emma Penneysono state due figure indispensabili. Prima di tutto perché è stato grazie a loro che Laughton è stata riscoperta. Emma Penney ha fatto il lavoro di archivio, Lucy Collins ha seguito le ricerche di Emma e ha riportato in ambito accademico la poesia di Laughton attraverso una serie di pubblicazioni. Il loro entusiasmo per il mio progetto di traduzione è stato indispensabile. Grazie al dialogo con loro, ho potuto comprendere meglio l’opera di Laughton e arrivare a quella che è la prima ripubblicazione assoluta di questi testi dalla pubblicazione nel 1945. Ho poi trovato un editore coraggioso che ha accolto la mia folle proposta: pubblicare una poeta irlandese, da poco riscoperta, in un paese in cui la poesia, ahimè, si legge pochissimo. Renata Morresi cura la collana di traduzione, Istmi,della casa editrice. Confrontarmi con Renata è stato di grande arricchimento. Ricordo che era il periodo dei lockdown, ci trovavamo su Zoom e chiacchieravamo di poesia, delle traduzioni, dei testi che amavamo magari collaterali alla poesia di Laughton. Rimanevamo su alcune parole e la loro etimologia per ore. Ci dimenticavamo, in quelle ore, delle angosce e ansie di un periodo che non è stato facile per nessuno. A guardare indietro, mi sembra di vedere me e Renata come due mineralogiste, intente a scalpellare parole,rocce del tempo e dei testi, a cercare minerali, gemme, gli elementi chimici delle parole e della poesia di Laughton. Ad aggiungere altre scoperte all’archivio minerario dai colori vivissimi delle scrittrici, per troppo tempo rimasto chiuso, per troppo tempo nascosto esilenziato.    

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