GLI ORFANI, I BAMBINI E I PULCINI DI IDA BACCINI

a cura di Annalisa Giuliani

Immagine in copertina del pittore ungherese Fritz Strobentz

 

 

Ida Baccini e la sua narrazione appartengono ad un tempo diverso, ad un passato così lontano e antico da apparire distante ed estraneo ai nostri giorni.
Un tempo che sembrerebbe archiviato, come quei vecchi libri chiusi negli scatoloni della soffitta che giacciono inutilizzati, utili solo alla polvere che trova un posto dove posarsi in eterno. Eppure quel passato remoto è ancora così presente. La lettura ha in sé sempre qualcosa di magico, evoca e restituisce memorie sbiadite, è una sospensione del tempo che mescola i granelli di sabbia della clessidra e confonde passato, presente e futuro. Nella pagine di Ida Baccini il tempo diventa una grandezza incerta e la narrazione mi ripota in un luogo noto: la casa che ho abitato da bambina, la vecchia cucina con il tavolo di marmo dove le mani di mia madre lavoravano ingredienti semplici e, nell’attesa che l’alchimia del forno trasformasse quegli elementi in dolcezze per la merenda, la voce di mia madre leggeva storie di altri bambini che vivevano nelle pagine dei libri, si muovevano in quell’ inchiostro tra difficoltà, mancanze, prepotenze, viaggi, avventure, paure.

Tutti in cerca di qualche tenerezza, qualche fetta di pane e di un “vissero felici e contenti” che li avrebbe riscattati dalle sofferenze patite. Erano i bambini di Charles Dickens, Mark Twain, Hector Malot e si chiamavano  David Copperfield, Oliver Twist, Tom Sawyer, Remì, Perrine. Erano bambini soli al mondo con un passato penoso e un futuro vago. Tra questi anche Nada, Lidia, Abele e Cesare, i quattro orfani della “Famiglia di saltimbanchi”.
Le vicissitudini di quei bambini erano un monito, un insegnamento per i piccoli e fortunati lettori per i quali quelle sofferenze così reali esistevano solo nelle pagine di un libro, la cui lettura diventava una educazione sentimentale, un esercizio per sperimentare l’umana pietà e imparare la compassione e la comprensione.

I saltimbanchi di Ida Baccini sono figli di quel tempo che considerava i bambini come “adulti in miniatura”. Fino alla seconda metà dell’Ottocento, infatti, il bambino era stato operaio, contadino e le sue mani non erano destinate al gioco, ma alla terra e alla fabbrica, piccoli uomini e piccole donne, dunque, che non conoscevano spensieratezza, ma vivevano schiacciati dal peso dei pensieri. Il Circo non rappresentava l’allegria e il divertimento, ma la fatica, la sopravvivenza. La neve non era un gioco, ma insidia e pericolo per chi era intento a sopravvivere in un mondo che aveva poco da offrire e che troppo spesso dimostrava il peggio di sé.

L’infanzia è un concetto relativamente recente. Negli anni in cui Ida Baccini scriveva le sue storie per bambini e bambine, l’infanzia non era certo la stagione felice che conosciamo oggi, non era tutelata dai diritti, non era protetta, la narrazione dei bambini dall’infanzia negata diventava denuncia e, al tempo stesso, espediente per educare ai valori della solidarietà, dell’onestà, della sincerità, della rettitudine.
Attraverso le sue pagine, la scrittrice, la maestra Ida Baccini trasmette la morale e i valori del suo tempo, ma lo fa in un modo nuovo, non elargendo precetti e raccomandazioni, non attraverso paternalistici ammonimenti, ma mettendo al centro il sentimento e il punto di vista dei protagonisti delle sue novelle. Tutta la narrazione è costruita intorno ai buoni sentimenti e ad una affettuosa benevolenza. Nella sua scrittura c’è una pedagogia del cuore, che fa sì che il lieto fine sia ancora più lieto, l’infelicità di partenza viene sempre sconfitta e, nonostante le avversità, i protagonisti conservano la purezza del loro cuore.

La stessa purezza che conserva Paolino, il protagonista del racconto “Il diamante di Paolino” il quale ha una famiglia che lo ama, ma si ritrova solo e smarrito per inseguire la sua misteriosa avventura alla ricerca della ricchezza. La sua fuga, però, non corrompe il suo cuore che non smarrisce gli insegnamenti del padre, e custodisce l’amore generoso della madre che lo guiderà sulla strada del ritorno. Paolino è un ingenuo ribelle così come il protagonista di “Memorie di un Pulcino”, il primo e più famoso libro della Baccini. Entrambi si discostano dalle regole e per questo sbagliano, ma i loro errori sono necessari per la loro formazione e permettono ai lettori di riconoscersi e provare simpatia per personaggi imperfetti, ma proprio per questo così veri.

Le storie narrate da Ida Baccini appartengono al passato, sono intrise di emozioni e buoni sentimenti, e i sentimenti non conoscono calendari essi trascendono il tempo e lo spazio, così bambini e pulcini continuano ancora a parlare al cuore dei lettori e a prestare la loro voce a quegli eterni valori che non conoscono il dominio degli orologi. Lo sapeva anche Collodi che nel capitolo XXVII delle avventure di Pinocchio, in una a battaglia in riva al mare tra Pinocchio e altri ragazzi combattuta a colpi di libri, tra i libri scagliati come “proiettili” viene lanciato anche uno di Ida Baccini, forse prevedendo che quei libri avrebbero attraversato il tempo insieme al più celebre burattino.

In fondo, se si guarda bene tra i granelli della clessidra e tra le lancette degli orologi si scopre che la narrazione degli ultimi, dei derelitti, degli orfani non è rimasta confinata a quel passato polveroso e gli orfani hanno continuato ad attraversare la letteratura fino ai giorni nostri. E’ orfano Pin che si muove nei suoi sentieri di nidi ragno, sono orfani Arturo nella sua isola, Harry Potter nel suo mondo magico e i tre Celestini che fuggono per calciare il pallone nel Campionato Mondiale di Pallastrada, è solo Enaiatollah Akbari che scopre che nel mare ci sono i coccodrilli. I bambini soli al mondo continuano ad abitare nelle pagine dei libri e ad insegnare ad altri lettori che basta spostare lo sguardo oltre il proprio limitato spettro visivo per accorgersi che ci sono ancora tanti altri bambini che non hanno smesso di errare e peregrinare alla ricerca di un lieto fine. La Storia della famiglia dei saltimbanchi continua a ripetersi in diverse geografie. Così come l’elefante Fanny che in un giorno di inverno, quando “i poveri ragazzi erano soli, abbandonati in quella landa che il rigore dell’inverno mutava in deserto” si abbandonava alla morte, circondata dal bianco della neve e negli occhi il ricordo della “grandezza selvaggia” della sua terra, così altri bambini, in altri meridiani e paralleli, si aggrappano alla vita circondati dall’azzurro del mare, il giallo ocra del deserto, il grigio plumbeo delle guerre. Sono i piccoli Nada, Cesare, Abele, Lidia, Paolino di questo tempo, in cerca oggi come allora del loro imprescindibile diritto al “…e vissero per sempre felici e contenti”.
Leggere oggi La famiglia dei Saltimbanchi, Il Diamante di Paolino, le Memorie di un Pulcino, e le altre pagine di Ida Baccini è dunque un invito a ritrovare il sentire profondo e a riappropriarsi di quelle parole gentili che, nel nostro tempo in cui la parola è svilita e gettata a casaccio nel mare della rete dove si naviga troppo spesso a vista e senza riconoscersi, hanno un sapore raro e antico, conservano l’impalpabile grazia di “un racconto fatto di tenerezza attristata”.

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