06 Lug Sguardi sul Novecento. Un percorso tutto al femminile. Dialogo con la filosofa Esther Basile
a cura di Ivana Margarese
Immagine in copertina di Eugenio Viti
Sguardi sul Novecento, a cura di Esther Basile, edito da Homo Scrivens per la collana Arti, è un saggio che intreccia sapientemente filosofia e letteratura, prezioso nella ispirazione e nel metodo. Elsa Morante, Dacia Maraini, Simone Weil, Anna Maria Ortese, Simone de Beauvoir, Agota Kristoff, si ritrovano insieme nel testo sotto il segno dell’utopia e dell’intuizione creatrice tracciando un ricco e attento percorso di idee e di cura.
Di seguito l’intervista alla curatrice, la filosofa Esther Basile.
Comincio con il chiederle della dedica di “Sguardi sul Novecento”. Il saggio, oltre a contenere dediche più intime, è dedicato a David Sassoli. Quali sono le ragioni?
Dedico il libro ad un amico carissimo David Sassoli che aveva in sè la certezza del dialogo e della comunione fra le persone sin da giovane. Adoperava un linguaggio che è anche gioco di parola in una dialettica sempre aperta. Ci sono uomini e donne che arricchiscono il nostro percorso con il loro esempio. E’ come se adoperassero un linguaggio proprio non diversamente da una monade leibniziana. L’aspetto della vita e della morte(oggi attualissimo ancora una volta storicamente con l’ucraina) ci fa vedere la realtà attraverso la sofferenza, ma sbaglieremmo se non vedessimo anche la gioia infondo al tunnel e l’amore. Fare esperienza di qualcosa – si tratti di una cosa, di una idea rivoluzionaria, di un dio significa che quel qualcosa per noi accade, ci incontra, ci sconvolge, ci trasforma. Con David eravamo insieme con molti altri alla caduta del muro di Berlino. Bisogna credere alle trasformazioni ecco perchè dedico il libro ad un uomo che sapeva che la parola è polivalente, che rappresenta il mistero del nostro incontrarci. Troppo spesso siamo avvolti dal silenzio. Il mondo sorge come ciò che è e come ciò che non è dal detto poetico per sperimentare il mistero della libertà assoluta nella volontà umana.
Nel libro c’è una lettera a Piera Degli Esposti e un ricordo della vostra amicizia. Sto lavorando a un testo sul valore della amicizia femminile e sul suo potenziale generativo in termini di idee, in contrasto con una visione che vuole le donne per lo più rivali tra loro, la teoria disgiunta dall’eros o dalle pratiche quotidiane. Quanta forza può dare una relazione di amicizia e il confronto che da essa scaturisce alla creatività intellettuale?
Lei mi sottolinea il valore con cui caratterizzo il rapporto amicale. Per me fondante nelle relazioni autentiche. Studiando a lungo Simone Weil in tutte le sue sfaccettature ho compreso a maggior ragione l’elemento fondante dell’amicizia. Abbiamo lavorato da molti anni nel femminismo e postfemminismo sulla Relazione fra donne ma dobbiamo oggi ritornare sulla vera coscienza del dialogo. Oggi più che mai non possiamo adoperare un linguaggio profetico dobbiamo scardinare tutte le nostre certezze e fondare la conoscenza sui valori, sulla essenza, sulla circolarità delle idee, sulla arbitrarietà del linguaggio. La relazione fra di noi deve tornare ad essere ethos. La nostra parola oltre a vivere il dramma del nostro momento storico deve farci incontrare per far valere un testamento metodico, ritroviamo la funzione aporetica nella nuova formulazione filosofica.
“ Sguardi sul Novecento” è una “occasione di pensare insieme”. È una espressione che mi colpisce moltissimo, anche perché è un processo che tentiamo costantemente di realizzare nella nostra rivista, dando valore alla pluralità e all’intreccio delle voci e dei percorsi. Potresti spiegarmi meglio l’origine e le intenzioni di questo testo?
Il testo è strutturato con una mia parte iniziale ricca di spunti da analizzare ed una coralità di testimonianze. Da sempre lavoro coinvolgendo progessioniste e professionisti del linguaggio ognuno con la sua specificità. Credo che così si stabilisca un passaggio necessario dal piano dell’affermazione individuale al confronto dialettico, inserendo nel nostro porci un dubbio una sorta di Resurrezione Ci guida la ricerca dei nostri saperi, l’amicizia e quindi la relazione fra donne che trova nel femminismo una radice ed un confronto con i nostri amici studiosi. E’ un fare ontologico penso a Platone e a Proust e allla produzione di oggetti estetici e pensieri.
Un altro elemento messo a fuoco nel saggio è il dialogo come “metamorfosi”. A questo proposito riprendi anche il mito di Dafne.
Tutto ciò che scriviamo rappresenta una Metamorfosi del linguaggio, è integrazione fra atto creativo e composizione. E’ come una partitura musicale.Siamo immersi in una naturalità dei segni in cui si esprime l’anima del mondo, anatomia in cui si rispecchia io straordinario gioco dei rapporti con le cose.
Nel saggio c’è uno spazio dedicato a una scrittrice che amo e di cui apprezzo molto anche le riflessioni filosofiche: Anna Maria Ortese. Qual è stato il suo incontro con lei?
Ortese è una scrittrice dal respiro europeo. Ho Scritto un libro per la Collana di Clara Sereni Anna Maria Ortese ed Ali&no Perugia e presentato alla Camera dei Deputati a Roma. Ho studiato tutti gli Archivi con il Fondo Ortesiano che sono riuscita ad arricchire con lettere date all’Archivio di Stato di Napoli dalla Emerita Profssa Margherita Pieracci Harwell che ho l’onore di conoscere da 15 anni esperta di Simone Weil e della Ortese. Il mio rapporto con la Ortese a cui ho dedicato un premio al Castello di Prata Sannita da 9 anni, sostenuta in questa idea da Lucia Daga, è un rapporto non solo empatico ma di conoscenza approfondita delle sue pagine e della sua individualità. Sono riuscita a far mettere a Rapallo una Targa a sua memoria e a Napoli alla Riviera di Chiaia sotto le rispettive Egide dei Comuni. La toponomastioca femminile è un altro traguardo importante per conservare la memoria. Ortese lascia a noi una azione testamentaria con il suo Corpo celeste dove c’è tutta la essenza dell’atto filosofico.
Maria Zambrano, filosofa spagnola di grande sensibilità, nota per le sue pagine su Antigone e per avere avvicinato il pensiero filosofico alla poesia viene indicata come “donna – filosofa scomoda”. E il libro stesso è un omaggio alle donne e al loro contributo filosofico in una trama composita che riesce a darci una visione prismatica e per questo assai stimolante. Le donne in filosofia, penso anche alle più note Weil e Arendt, sono state considerate scomode?
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