Naturalista e artista. Maria Sibylla Merian, buon compleanno!

 

a cura di Ginevra Amadio e Ivana Margarese

 


La potenza della farfalla è in questa

attitudine al volo,
che le concede prati di maestà
ed i volteggi facili nel cielo.

Emily Dickinson, IV, VI [1099]

 

La storia di Maria Sibylla Merian è una storia singolare e avventurosa. Naturalista e pittrice, nata a Francoforte il 2 aprile 1647, attraverso il lavoro di osservazione e il disegno riesce non soltanto a rappresentare la natura con intuizioni innovative, ma anche a costruire il proprio senso di sé e a raccontarsi in un periodo in cui le donne erano per lo più destinate a ruoli marginali e la follia collettiva della caccia alle streghe porterà a 50.000 condanne a morte nel corso del secolo.
Le scoperte, a cui Merian giunge attraverso tenacia e perseveranza nell’osservazione, danno un importante contributo alla entomologia.
Lei non si limita a osservare. Disegna e dipinge ciò che vede, in maniera tale da comprovare le sue osservazioni attraverso una preziosa documentazione visiva in un’epoca in cui la fotografia è ancora di là da venire. Come scrive la storica Natalie Zemon Davis in Donne ai margini. Tre vite del XVII secolo:

Nel suo libro, falene e bruchi non servono semplicemente a ravvivare le immagini floreali […]. Gli insetti sono rappresentati per se stessi.[…]Soprattutto, i suoi insetti e le sue piante raccontano lo svolgersi di una vita. Nelle sue figure il tempo trascorre non per rammemorare la caducità di tutte le cose o il ciclo annuale dei fiori più preziosi ma per evocare uno specifico e correlato processo di trasformazione. I suoi insetti non sono presentati in funzione di un messaggio metaforico.

Studiando bruchi, farfalle, falene e piante, di cui le larve si nutrono nei diversi periodi dell’anno, per più di cinquant’anni, riesce ad accumulare una considerevole mole di dati che dimostrano chiaramente come il mondo naturale sia ordinato e razionale e possa essere descritto come una rete interconnessa di esseri viventi. Le relazioni non sono casuali, ma coerenti e prevedibili.
Maria Sibylla Merian  è una figura di donna ostinata, curiosa e schiva. Per il XVII secolo rappresenta un’eccezione. Altre donne pittrici a lei contemporanee, come Margaretha de Heer, raffigurano nei loro quadri gli insetti, ma non si spingono sino ad allevarli o a studiarli.

Per comprendere meglio la vicenda pionieristica di questa donna è utile ricostruire la sua biografia. Maria Sibylla Merian è figlia dell’editore e incisore svizzero Matthäus Merian, detto il Vecchio, e della sua seconda moglie Johanna Sybilla Heim. A quel tempo il padre ha superato i cinquant’anni ed è celebre in tutta Europa per le sue incisioni di panorami urbani e paesaggi. Egli tuttavia muore, a seguito di una malattia, quando Maria Sybilla ha soltanto tre anni, e la madre poco dopo si risposa con Jakob Marell, pittore di nature morte, incisore e mercante d’arte. È lui a notare in Maria l’interesse per le piante e il talento nel disegno: le insegna i primi rudimenti della pittura ad olio, dell’acquerello e dell’incisione. Per darle la migliore istruzione possibile, Marell la porta con sé nel suo studio tra le fila degli allievi. Il tutto contro il volere della madre.

Quasi tutte le donne artiste della prima età moderna appartengono, come Maria Sybilla, a famiglie di artisti. In tali contesti infatti il loro talento è ben accetto, seppure continuano a essere escluse dalla pittura di grandi dimensioni a soggetto storico e dalla rappresentazione del nudo.
La ragazza, mentre la madre insegna il ricamo a lei e alla sorella, impara dal patrigno insieme con gli allievi maschi a disegnare, usare l’acquarello, incidere su rame, dipingere nature morte. Alle donne tuttavia non è consentito viaggiare o frequentare le botteghe di diversi artisti, pertanto la giovanissima artista rivolge la sua attenzione a ciò che è più facilmente disponibile, ovvero l’universo dei bruchi, che può osservare facilmente sia nei pressi del laboratorio del padre sia in altri luoghi. Lei stessa racconta di avere iniziato questa osservazione appena tredicenne:

«Fin dalla giovinezza mi sono dedicata allo studio degli insetti. Ho principiato con i bachi da seta nella mia città natale, Francoforte. Poi ho constatato che da altri bruchi che non i bachi da seta si sviluppano farfalle diurne e notturne molto più belle, ed è ciò che mi ha spinto a raccogliere tutti i bruchi che riuscivo a trovare per osservarne la metamorfosi. Per questo mi sono ritirata da ogni umana società dedicandomi soltanto alle mie ricerche. Ma, per disegnarli e descriverli tutti dal vero, ho voluto nel contempo esercitarmi anche nell’arte della pittura […]».

All’età di tredici anni, si appassiona ai bruchi, a dispetto della loro cattiva reputazione. Lungi dal disprezzarli, ne è affascinata. Scopre che molti sono piuttosto fedeli alle loro piante nutrici e mangiano solo alcune specie vegetali evitando le altre. Osserva i bruchi fuoriuscire dalle uova, mutare la cuticola più volte durante la crescita, e poi diventare crisalidi. Si rende conto che da un certo tipo di crisalide prodotta da un certo tipo di bruco emerge poi una specifica farfalla.
Non potendo inoltre usare i colori a olio – riservati agli uomini –, comincia a dipingere fiori con gli acquerelli e diviene  abilissima a combinare i pigmenti per ottenere i colori che vedeva in natura. Pochi artisti, dopo di lei, hanno cercato di raffigurare gli insetti con tanta precisione. Lei vuole  riprodurre la bellezza del mondo il più fedelmente possibile. Vuole che il suo pigmento rosso  corrisponda esattamente al rosso del petalo di un fiore o delle squame di una farfalla o della livrea di un bruco. Nel 1675 Merian raccoglie le sue prime tavole e le pubblicò nel Nuovo libro di fiori. Tra il 1679 e il 1683 pubblica La meravigliosa metamorfosi dei bruchi e il loro singolare  nutrirsi di fiori, un’opera maestosa in cui Merian illustra oltre 176 specie animali, dai bachi da seta alle farfalle, in ogni loro stadio di sviluppo con altrettante specie di fiori e piante di cui si nutre l’animale. Non si limita però alla sola illustrazione: accanto a ogni tavola riporta notizie e dati circa i tempi di metamorfosi, di nutrizione e di ciclo di vita.

Dopo vent’anni di matrimonio, Maria divorziò suo marito in 1685 a causa dei suoi “vizi vergognosi” e trasferì le sue due figlie e l’anziana madre in una comunità religioso labadista a nord di Amsterdam. Qui la fedeltà all’insegnamento evangelico comportava il rigoroso abbandono di ogni ricchezza e il distacco dalle cose terrene, dai beni futili del mondo. Quest’esperienza le consentì di dedicarsi a tempo pieno agli studi, affinando un temperamento già risoluto. Al distacco dai Labadisti seguì il trasferimento ad Amsterdam con le due figlie e infine gli studi in Suriname, coronamento ideale del suo percorso scientifico-artistico. Dopo tre mesi di navigazione e un sostegno economico pressoché nullo, Merian raggiunse l’allora colonia olandese nel 1699, dando così inizio alle sue ricerche su insetti e rettili. Lo studio di ampie porzioni del territorio fu reso più agevole dai contatti con la popolazione locale, mentre il lavoro di catalogazione avvenne in “laboratorio”, dopo aver osservato, decodificato, abbracciato con gli occhi la varietà della fauna e della flora.
Ammalatasi di febbre gialla, Maria fu costretta a tornare ad Amsterdam due anni dopo e qui redasse Metamorfosi degli insetti del Suriname, da molti definita “l’opera più bella mai dipinta in America”.

Questo sontuoso in folio di sessanta 60 incisioni uscì nel 1705 in due edizioni: latina e olandese. A dominare è una natura selvaggia, esuberante nella sua vitalità pericolosa e sconosciuta, capace di articolarsi orizzontalmente sul piano dei due regni (animale e vegetale) senza perdere, per questo, il suo valore documentario.
A Merian, cui il volume regalò un immediato successo, fu negato ogni merito scientifico col passare degli anni. Le illustrazioni – troppo elaborate, ben lontane dall’essenzialità illuministica – cominciarono a essere percepite come posticce, prive di rispondenza con la realtà. Ci vollero due secoli per estrarre la sua figura dal cono d’ombra, riconoscendone anche i meriti di potente etnografa, di osservatrice della natura, abile come pochi nel tradurre le piccole cose in segni significativi.

 

Bibliografia

M. Gregorio (a cura di), La meravigliosa metamorfosi dei bruchi, Torino, Rosenberg & Sellier, 1993.

S. Sesti – L. Moro, Scienziate nel tempo. Più di 100 biografie, Milano, Ledizioni, 2020.

N. Zamom Davies, Donne ai margini. tre vite del XVII secolo, Bari, Laterza, 2001.

 

 

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