ὁδός. Paesaggi e narrazioni – Editoriale

ὁδός. Paesaggi e narrazioni

 

a cura di Sara Manuela Cacioppo e Ivana Margarese

 

Immagine di copertina di Stefania Onidi

 

 

Io vedo senza occhi.

Io sono sentimento. Io sento.

So che i ciechi mi capiranno,

 se spiegherò loro che gli occhi

sono una cosa superata.

Vaslav Nijinsky

 

 

Il termine paesaggio, dal latino pagus, villaggio, borgo, è legato alla presenza dell’umano, a un luogo che il più delle volte indica un affetto, più o meno associato a esigenze di ordine estetico. Come i sogni o i volti che ci colpiscono, anche i paesaggi riforniscono di immagini la nostra psiche. Al paesaggio e a un approfondimento sulle diverse forme del sentire in relazione a ciò che ci circonda è dedicato il quarto numero di Morel voci dall’isola. In Babilonia la scrittrice Yasmina Reza dice:

Il paesaggio illumina l’uomo. Il paesaggio è fondamentale. La vera filiazione sta nel paesaggio. La stanza e la pietra non meno che il taglio del cielo.

Identificazione e orientamento sono aspetti primari dello stare al mondo.

Il tema del paesaggio viene inteso qui sia come trait d’union fra l’essere e ciò che lo circonda, in una connessione spirituale fra il sé e la natura, sia come fulcro di movimenti intimi quali la memoria, l’orientamento, l’avanzamento verso il nuovo e di movimenti esterni e indipendenti da lui, fusi in un’unica mappa, che unisca spazio esterno e bios.
Il concetto di mappa o piuttosto di ritrovamento e condivisione del sé in una pluralità di voci è in effetti l’idea che sta alla base della rivista Morel, la quale si configura come un’isola in cui si raccolgono voci, spesso inascoltate, collocandosi non al centro ma piuttosto ai margini, cercando nelle piccole cose quegli sproni del pensiero in grado di animare un dialogo vivo e attento a ciò che stiamo vivendo.
L’emblema della rivista è non a caso una mappa visuale realizzata dall’artista Vincenzo Profeta, una rivisitazione della Carte du tendre o Mappa del cuore. Si tratta della carta di un paese immaginario chiamato «Tenerezza» in cui sono tracciate, sotto forma di villaggi e di percorsi, le tappe della vita sentimentale dell’essere umano.
Le tappe di un essere umano sono tante e sono cangianti. Ogni via, in greco ὁδόςè  base del metodo, possibile attraversamento. Abbiamo immaginato delle parole che fossero utili per orientarci e che potessero racchiudere possibili percorsi. L’immaginazione peraltro, come direbbe Bachelard, aumenta il valore della realtà. Queste le nostre parole:

Bussole – i nostri punti di riferimento che siano persone, cose o luoghi
Microcosmi – le piccole esperienze del quotidiano, spesso nascoste o inapparenti, che contribuiscono a formare la nostra mappa emotiva e psichica.
Andanze – quelle correnti di pensiero, correnti letterarie, che come incessanti flussi capaci di muovere, modellare e cambiare le tendenze.
Amor loci – il rapporto fra l’uomo e la sua dimensione spaziale e culturale, quel senso di appartenenza che fa crescere e vivere l’uomo in armonia con la natura.
Dis-orientarsi – gli smarrimenti dell’individuo nel suo continuo peregrinare; il suo ritrovarsi, la riconquista dell’orientamento perduto.

Il paesaggio ci insegna a cooperare. Seguaci di un certo darwinismo che ha postulato la teoria della selezione naturale, siamo stati ossessionati dalla competizione, ma la cooperazione, come ci mostrano piante e alberi, connessi tra loro attraverso reti micorriziche, è altrettanto importante e essenziale, e consente di lavorare insieme per adattarsi ai cambiamenti e alle minacce presenti nell’ambiente.
In tale prospettiva, la rivista Morel allarga la ricerca teorica sul paesaggio al versante pratico, proponendo una rassegna culturale che avrà luogo nei mesi di maggio e giugno 2022 non solo nella città di Palermo, ma anche in luoghi limitrofi (come Capaci ed Altofonte), in modo da abbracciare un paesaggio culturale più vasto e valorizzare le caratteristiche peculiari del territorio siciliano. L’idea di delocalizzazione degli eventi letterari si lega peraltro al concetto di riqualificazione del territorio. L’evento intende infatti riscoprire luoghi marginali o dislocati, per esaltare il valore creativo e recettivo del paesaggio e della comunità che lo abita.
Il paesaggio inteso anche come percorso “ondoso” di scritture che si incrociano dando vita al Collettivo meduse, composto da scrittrici e studiose che si occupano di rielaborazione del mito, ha già portato a frutto varie narrazioni che sono state già ospitate all’interno della rivista. Ci auspichiamo di includere inoltre nuove narrazioni scritte e per immagini che ci raccontino il paesaggio.
All’interno della rivista inoltre si dedicherà uno spazio a The Arts Influencer, un gruppo di letterate, critiche teatrali, musicali e di arti visive che apporteranno un prezioso contributo alla ricerca e apriranno nuovi ambiti di riflessione e confronto, nuove “inclinazioni”.  Come ricorda Adriana Cavarero, nel saggio Inclinazioni. Critica della rettitudine, Hannah Arendt, in Alcune questioni di filosofia morale, scrive che “ogni inclinazione ci sporge all’esterno, ci porta fuori dall’io”. Quando mi inclino, aggiunge, non posso inclinarmi su me stesso bensì “ verso ciò che è fuori di me, oggetti o persone”.


Io sono dei vostri, alberi, sono dei vostri

animali eleganti, io sono dei vostri. Credetelo.

Sono dei vostri. Ci separa soltanto un fiato infantile,

ma lo so, lo so, sono io tutto quel

manto, sono io il tronco e lo storno e il

falco. Ci separa un niente, colore, capello,

piccolo piccolo nome: l’impianto del

respiro è solo apparente diverso.

Ci guarderemo fraternamente.

Io sarò migliore.

Larga come l’andare d’un fiume

grande, ci capiremo con l’albero e col seme,

capiremo l’insetto e la grandine.

Risplendiamo. Adesso.

Essere il mondo, voglio. Sentirmi

a casa nel cosmo. E le maree saranno

la strada del gonfio cuore. Sarà d’amore

se cresco. Se avanzo o calo. Sarà d’amore.

E luce voglio. Cosi m’impétalo, che mi spensiero,

che rido mentre corro, come la rondine,

mi moltiplico a stelo, gocciolo, mi biforco,

mi alzo e tramonto, mi slargo, mi infaldo,

divento cima e svetto, mi innevo e frano.

Tutto questo io voglio, dolcemente, perché

fuori dell’umano il dolore è uno sparo

minimo e la più gran parte è ridere,

mi pare, il grande canto.

Lo senti il firmamento? Com’è sereno!

Anche noi siamo dentro.

Abbiamo polverine nelle vene, antiche come il cielo,

sono disciolte nel sangue, hanno dentro

l’impronta d’un andare semplice e grande,

come le grandi sfere. Abbiamo sfere nel sangue,

cartine geografiche con strade d’argento

e vedute telescopiche fino ad

Aldebaran. Abbiamo Vega nel sangue

la stella prodigiosa, e istruzioni precise

per il viaggio per l’appontaggio

e coraggio abbastanza per ogni volo.

Mariangela Gualtieri

1 Comment
  • r.m.
    Posted at 08:23h, 13 Dicembre Rispondi

    interessante, i miei complimenti.
    r.m.

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