Geografie del collasso

Geografie del collasso – Matteo Meschiari- Piano B edizioni

 

di Fabrizio Piazza

 

immagini fotografiche di Pietro Motisi

 

 

“La domanda che mi pongo è: perché gli uomini si ostinano a distruggere il loro habitat?”, si chiedeva quasi quarant’anni fa Paul Shepard nel suo labirintico e densissimo saggio “Natura e follia” (edito per la prima volta in italiano nel 2020 da Edizioni degli Animali).
Più o meno nello stesso periodo
, il biologo Eugene F. Stoermer utilizza per la prima volta il termine Antropocene, finché esso diventa di dominio pubblico nel 2000 grazie al Nobel per la chimica Paul J. Crutzen. Libro dopo libro, step by step, spaziando dal saggio antropologico al pamphlet, dall’antropofiction alla narrazione pura (L’ora del mondo, Hacca edizioni), in questi ultimi anni Matteo Meschiari sta mappando il territorio impervio delle conseguenze delle azioni umane sul pianeta e sulla nostra stessa specie. Che lo faccia con l’immaginazione romanzesca, la geoanarchia, gli incontri nelle scuole e nelle aule universitarie, il romanzo collettivo ed inclusivo Tina o i blog La Grande Estinzione e Il problema di Grendel (con la complicità di Antonio Vena), a costo di essere scomodo e talvolta provocatorio, Meschiari ci sta mettendo di fronte al Re nudo dei nostri errori, dallo sfruttamento perpetrato ai danni del bioma ai numerosi bias cognitivi che ci offuscano lo sguardo e annebbiano la percezione di un possibile futuro. Con la pandemia, è stato scritto il game over. Fine dei giochi.

“Esiste una via d’uscita? In realtà è sempre esistita: pensare per complessità. Labirinti. Iperoggetti. Big Data. Ma soprattutto attraverso un modello di previsione e gestione del dopo che metta nel giusto equilibrio analisi e immaginazione. Potremmo chiamarlo Metodo Antropocene, un modo di sintonizzarsi sul presente cercando paradigmi percettivi diversi e inventando esercizi cognitivi nuovi, per guardare nella nebbia che viene”. 



Come si interviene sulla Grande Cecità identificata dal grande scrittore indiano
Amitav Ghosh? In “Geografie del collasso” Meschiari fissa lo stato dell’arte attraverso 9 parole chiave: Collasso, Catastrofe, Cosmologia, Stupidità, Complessità, Trauma, Sopravvivenza, Immaginazione e Cultura. Cos’è quest’ultima, infatti, se non intervento critico sul reale, uno strumento per operare in maniera pratica, per incidere concretamente sui nostri comportamenti presenti e futuri? Se non serve, non salva. Più Pasolini che Calvino, quindi. Questo libro è un kit portatile di sopravvivenza al disastro, un manuale per conoscere il nemico ed affrontarlo con le armi giuste, quelle del realismo e dell’immaginazione creativa. Infatti “non esiste solo un analfabetismo funzionale, esiste anche un analfabetismo immaginativo, e la conseguenza diretta è una massa di soggetti incapace di immaginare un futuro diverso da quello che le viene apparecchiato, incapace di immaginare il dolore altrui, di immaginare la complessità, la diversità, l’alternativa”. Dovremo reimparare a pensare, a farlo con strumenti nuovi e antichi al tempo stesso, pensare e sentire come gli animisti e gli sciamani. Non per il gusto del primitivismo, ma per riallinearci a un mondo che ci sfugge di mano ogni giorno che passa: “quello che ci tocca fare adesso per sopravvivere: invertire la freccia del tempo, recuperare l’impossibile”.

Anche gli scrittori e l’editoria letteraria dovranno fare la loro parte – sostiene Meschiari. Non è più tempo di amiche geniali e idee nostalgiche di un paradiso perduto. Anche i libri andranno ripensati alla luce fosca dell’Antropocene. “Perché il libro-del-dopo non si vende. Si regala, si scambia, si dimentica sul tavolo di una taverna. La catastrofe è perdere la cura dei dettagli, rinunciare al lato tattile del sapere, barattare il tempo della materia con un tempo completamente smaterializzato. Impugnare un libro contro il collasso è un gesto confuso e oscuro, probabilmente inadeguato, ma un collasso senza libri è la fine”. Libri, film, musica, poemi omerici, graffiti sulle caverne, ululati di lupi e versi di animali selvatici: tutto deve tenersi e puntellare il crollo dei saperi che gli esseri umani stanno vivendo sulla propria pelle, il tutto all’insegna del mutuo appoggio di kropotkiniana memoria.

“Quello che deve sopravvivere non è tanto la specie – che potrebbe farlo anche in forme ridotte e de-evolute come gli Eloi e i Morlock di Herbert G. Wells – quello che deve sopravvivere è un’antropologia della donna e dell’uomo in cui ciò che va ridimensionata è la struttura gerarchica e di dominio della nostra specie. L’ecologia della coevoluzione deve reintegrare nel nostro orizzonte cognitivo, politico, tecnico e culturale – come già era in passato – tutte le forme di vita e di non-vita non-umane, sostituendo il sistema di predazione neolitico con forme prosociali radicalmente inclusive, un mutuo appoggio tra minerali, piante, animali e umani per rigenerare la Terra- Dal momento che probabilmente molto di tutto questo non accadrà, “sopravvivenza” dovrà significare la trasmissione di saperi e tecniche calibrate sui bisogni del futuro prossimo: acqua e riparo, gioco e memoria storica, trucchi narrativi e scienza degli scenari. Una specie di manuale che traghetti dal Tempo della Fine tutto ciò che potrebbe servire nel Mondo Nuovo”.

Quel mondo che Meschiari prefigura ai suoi figli nella lettera iniziale. Che noi vi consigliamo di leggere alla fine. E poi fare silenzio per un paio di minuti.

Biografie

Fabrizio Piazza ha fatto il giornalista e da quasi 25 anni fa il libraio e va in montagna.

 

 

 

Pietro Motisi (Palermo 1982)
Fotografo dal 2002, comincia il suo percorso da autodidatta con la fotografia di scena in teatro e collaborazioni con alcuni giornali e riviste locali e nazionali.
Ha studiato Documentary Photography alla University of Wales di Newport, laureandosi nel 2012.
Il suo lavoro d’autore si rivolge ad analizzare, fissare e suscitare riflessioni sul rapporto tra uomo e territorio, principalmente attraverso la fotografia di architettura e di paesaggio. Collabora con alcuni magazine come narratore per immagini, lavora e accetta commissioni preferibilmente nel campo della fotografia di architettura, paesaggio e still life.

Mostre:
-100 years of photography at Newport. University of Wales Newport
-‘Platform 2012’, Bristol Diving School. Bristol
-‘The Lost Prairie: Thoughts on Photography’ Parlour Showrooms. Bristol (libro ed. The Lost Prairie)
-The Ebb Tide (personale), Rizhoma house gallery. Palermo
-CEMENTO (personale, 2012), Galleria San Saverio. Palermo (catalogo ERSU edizioni)
-‘Amici miei’, Spazio Cannatella. Palermo
-Geografie e storie di transizioni, Palazzo Ziino. Palermo (catalogo Controluce Edizioni)
-CEMENTO (personale, 2014), Belìce Epicentro della memoria viva. Gibellina (TP)
-Sudlimazione (personale, 2015), galleria P46. Camogli (GE) (catalogo P46)
-Luftbrücke, Palazzo Ziino. Palermo (catalogo Controluce Edizioni)
-Ormos, Galleria privata ‘Il giardino di Oliver’, Palermo
-‘Frames of Berlin’ Ed 2017, Fellini Gallery. Berlino
-‘Festival diecixdieci’ Ed 2017 Ex convento di S. Maria, Gonzaga (MN)
-Libera non se la beve (personale, testi di Matteo Meschiari, 2018) Birreria Luppolo, Palermo
-‘Magazzino Brancaccio STUDIO’ (collettiva, 2018) Palermo
-Sicilia Fantasma (personale, 2019), Studio Forward, Palermo
-FINE e Lodi, Ora Media (doppia personale 2021), Libreria Mittel e circuito Off del Festival Fotografia Etica, Lodi

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