Voci dall’isola: Lipari

 

Voci dall’isola: Lipari

 

Dialogo con Paolo Mezzapica

 

a cura di Ivana Margarese

 

Morel voci dall’isola presta ascolto al suo stesso nome e inaugura una rubrica che parla specificatamente di piccole isole.
Chiede a chi nelle isole abita di raccontarle per proporre un immaginario  viaggio, una possibile cartografia attraverso le nostre voci dall’isola.
La prima isola a essere raccontata è un’isola delle Eolie, Lipari, attraverso la voce di un artista visuale, Paolo Mezzapica. Paolo ha risposto alle nostre sollecitazioni a giocare con dei vocaboli e a dare forma a un abbecedario intimo, che sia al contempo memoria e relazione, quasi si trattasse di un messaggio in una bottiglia che affidiamo al mare affinché incontri qualcuno al posto nostro.

 

 

Respiro

Respirare, camminare, il cuore che batte. Condizioni automatiche. Ho scelto di respirare l’aria frizzante del mare, la terra dopo la pioggia, camminare scalzo, sentire i sassi riscaldati dal sole sotto i piedi, sentire il cuore che batte forte per arrivare in cima a un sentiero per poi sentirlo calmo, domato dal vento e dalla vista dell’infinito. Un attaccamento quasi morboso tanto all’isola in sé dove sono nato quanto alle emozioni reali che non posso ritrovare altrove. Lipari e le Eolie chiedono poco ma danno tanto. Mi collegano quotidianamente ai ricordi di infanzia, alla semplicità dei miei nonni, ai sacrifici dei miei genitori. Parlando di me posso dire che faccio l’artista, condivido un atelier di dipinti con mia moglie con la quale ci confrontiamo, creiamo, inventiamo stili. Ma è solo la punta dell’iceberg.
Questa settorializzazione delle professioni tutta occidentale collide con la mia idea di una vita piena e in continuo cambiamento e te lo dicono i titoli nella mia libreria, argomenti diversi che approfondisco: gli studi di permacultura, neuroscienze, botanica, politica, filosofia orientale, lavorazione del legno. Il tutto quasi sempre si riversa nelle mie scelte di vita e nelle grandi tele blu con le piccole isole viste dall’alto, cielo e mare che diventano spatolate fluide come a prendersi spazio sulla tela brulla. Isole viste dal mare e riprodotte con l’iperrealismo su sfondi informali. L’occhio non può che spostarsi da un’immagine reale a un’immagine tutta da immaginare, un po’ come nella vita quando ci si sofferma da una certezza a un dubbio. Il cambiamento è l’unica cosa certa diceva Ghandi, e posso descrivere la mia vita come un balzo continuo da un equilibrio ad un altro. La fine della carriera judoistica per gli studi d’arte, la vita in città, l’incontro con l’amore della mia vita, le mostre d’arte, poi il rientro alle isole e l’arte si ma dell’arrangiarsi, l’apertura del laboratorio, la dipartita prematura di papà, l’astensione dal consumo di carne, il trasferimento di mio fratello, il matrimonio civile, la casa nuova, la nascita di mio figlio, la scoperta di una anomalia elettrica al cuore, l’impianto di un defibrillatore sottocutaneo.
Da ognuno di questi passaggi ho imparato qualcosa per fortuna, non vivo di ricordi ma “con” i ricordi in un’isola e penso a volte che c’è anche un’isola dentro di me che cambia con il tempo e con gli umori. Passo la gran parte del mio tempo libero a lavorare, perché in fondo mi soddisfa creare opere che la gente può apprezzare in casa propria. Quando faccio il mio dovere invece non faccio altro che piantare alberi per me, per mio figlio e – se ci saranno – per i miei nipoti poiché credo fortemente alla totale dipendenza dell’uomo dagli alberi. Coltivo la terra perché credo sia l’unico modo per riscattarci della nostra presenza su questo pianeta.
In un sistema che ci vuole consumatori utili solo a fare aumentare il PIL io remo contro in una realtà che al di fuori della stagione turistica si fa più informale, familiare. Tra isolani ci si aiuta, non si è mai davvero soli e il semplice tempo passato insieme diventa un’occasione per andare nel bosco a raccogliere funghi, castagne, seminare insieme le patate, pescare dalla barca, impastare insieme una pizza e cuocerla nel forno a legna e magari mangiarla sul tavolo costruito insieme.
Saper usare le proprie mani, creare bellezza e sapere di essere importante per gli altri è la chiave per una lunga vita felice.

Memoria

Con un occhio al futuro vedo te, agile che ti muovi tra gli alberi e mi sorridi come se stessi facendo qualcosa di male. Provo ad abbracciarti ma ti stacchi veloce perché ti aspetta un amico. E ti insegno a cucinare perché ti faccio credere possa servirti un domani per conquistare una donna. Arriva la pioggia, una brutta notizia, raccolgo la mia famiglia e mi do forza. Quante volte ti ho detto di avvertirmi se fai tardi. E dai un bacio alla mamma, e ringraziala sempre. Buongiorno, domani colazione al bar…dopo le analisi! E ancora, ti ho fatto il biglietto così puoi dormire 5 minuti in più. Poi finalmente un abbraccio dove non ti vuoi staccare più, ma devi partire, e chiamaci appena arrivi.
Con un occhio al passato poi vedo te, attraverso una goccia di lacrima, che mi sorridi, mi stringi forte e mi sussurri ti voglio bene. Che mi cerchi non appena arrivi a casa. Mi osservi perché vuoi capirmi senza fare domande. Sei di fianco a me con la zappa e io pronto a raccogliere le patate che spuntano fuori da quella terra bianca. Con la lampadina al calar del sole mi prepari l’esca per i totani e ci diciamo grazie con il cuore per essere insieme in mezzo al mare. Domani non vado a scuola, devo studiare, lo so che non capisci ma lasciami fare. Sei contento della media dell’otto e della cintura nera. E non sempre riesco a spiegarmi, sono solo un bambino e mi piace solo disegnare, piango se mi sgridi. Non aver paura per quel dito tagliato, non ho neanche capito cosa è successo.
Apro gli occhi e vedo voi, che il destino per poco non vi ha fatto incontrare, mano nella mano a fare cose stupide che vi fanno sbellicare dalle risate, me compreso che vi guardo. E non mi viene affatto in mente di farvi un foto, piuttosto..vi aspetto tutti qui dopo la scuola che la mamma sta preparando il ragù di soia!

Orizzonte

Essere isola di per sé significa ammettere di avere un limite: il mare. Guardandolo ci si perde nell’infinito, nell’immateriale e mi piacciono particolarmente quelle giornate in cui non si distingue la linea che divide il cielo dal mare. Mi sento libero a essere indefinito come quella linea, pieno di risorse, aperto all’immaginazione. Fonte primaria per il mio lavoro. Altro che limite. Il mio atelier è di fronte al mare con vista Panarea e Stromboli e mi appaga immensamente potermi affacciare tra una pennellata e l’altra. Il mio percorso artistico rimanda sempre un po’ a tutto questo, un aggancio figurativo e un invito a immaginare ognuno la propria idea di infinito.


 

Biografia

Nasce nel ’90, sul livello del mare, agende e matite erano i suoi giochi preferiti: adesso sono la sua professione a cui continua ad approcciarsi, però, con genuina e sempre nuova passione, maturata negli anni di formazione. Nel 2008 diventa matricola all’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria, dove si contamina con le arti visive e plastiche, e si perfeziona a Catania, laureandosi con lode in Decorazione.Dopo aver esposto con successo in eventi artistici, mostre personali e collettive, realizzando anche diversi premi, la nostalgia della dimensione isolana lo riporta nella Lipari natía. Riscopre il piacere dei ritmi lenti, scanditi dall’alba e dal tramonto, dal prendersi cura di un muro, di un mobile, di un pezzo di terra e non per ultimo: della sua famiglia. Dal 2015 i suoi lavori trovano casa sul lungomare di Canneto, nell’atelier Eolie PuntoArte. Impegnato nella comunità, è tra i fondatori dell’Orto Sociale, perché in fondo, su quel fazzoletto di terra strappato al mare, di radici, ci sono anche le sue.

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