Etna. Guida immaginifica del vulcano. Dialogo con Rosario Battiato

 Etna. Guida immaginifica del vulcano. Dialogo con Rosario Battiato

a cura di Giovanna Di Marco

 

Anche i souvenir che raffigurano la Sicilia (dalle cartoline disegnate, agli strofinacci, fino a svariate sculture kitsch) si presentano con la riproduzione della grande montagna fumante, l’ Etna, approssimativamente disposta dove è geograficamente collocata. Il vulcano rappresenta in qualche modo la Sicilia, nella sua dirompente bellezza e inquietudine e nella molteplicità dei suoi significati. Laddove la natura è riuscita a incombere, modificando il paesaggio, ha infatti generato nuove potenzialità per gli insediamenti umani. E dunque ne ha determinato la cultura. Rosario Battiato ci propone una lettura interessante della Montagna Sacra e Matrigna nella sua ultima opera dal titolo Etna. Guida immaginifica del vulcano, pubblicata per la collana Kalispéra, da lui diretta per la casa editrice il Palindromo. Come a indicarci il bisogno di andare oltre i dati della realtà, geografici, del territorio e delle cose, Battiato ci presenta una guida con delle mappe relative all’immaginario, che è immenso: un bisogno quasi scientifico di mappare e catalogare in modo razionale ciò che razionale non è, l’Etna, appunto. Le sue sovrapposizioni laviche sono innumerevoli, ma lo diventano ancora di più nella storia dell’uomo: luogo di dèi, mostri, santi, luogo misterico popolato da personaggi del folklore, spesso inquietanti, come se l’oscurità dell’inconscio collettivo avesse trovato lì la sua patria. Anche per chi quel luogo mai lo vide, come lo scrittore statunitense Howard Phillips Lovecraft, fino ad altri autori americani e di fantascienza. Per non parlare degli avvistamenti di extraterrestri e creature aliene di vario tipo che Battiato puntualmente registra per una guida che, in qualche modo, non viene intavolata in modo definitivo, ma come sottendendo le possibilità di chissà quante leggende che ancora si avvicenderanno. Le storie legate all’Etna non riguardano solo il passato, perché le  suggestioni della montagna sacra e terribile sapranno seguire la sua natura metamorfica, che ha modificato e modificherà il paesaggio, e, probabilmente, per i suoi boati e per il suo gorgoglio, per le notti illuminate dalla lava e per la paura del mistero che risiede nelle viscere della terra, nutrirà all’infinito l’immaginazione.

Idda o lei: così una cara amica che vive a Riposto chiama l’Etna, come se fosse sottintesa in quanto familiare e presente, o come se non si potesse nominare. La sua personificazione mi fa ricordare l’immagine della Natura rappresentata da Leopardi nel Dialogo della Natura e di un islandese “che da principio immaginò dovere essere di pietra, e a somiglianza degli ermi colossali veduti da lui”. L’operazione che hai compiuto è frutto di un lungo lavoro che preparavi certamente da molto tempo. Quanto questa “personificazione” era sedimentata in te e quando hai sentito necessario di doverne scrivere?

L’Etna è un’occupazione dello spazio, una teoria di vette che si staglia in buona parte degli orizzonti possibili e immaginabili. Questa invadenza la rende paradossalmente una presenza invisibile, una contraddizione in termini che mi ricorda quanto scriveva Musil, in Pagine postume pubblicate in vita, sui monumenti: “non si può dire che non li vediamo; sarebbe più giusto affermare che essi non si fanno osservare, che si sottraggono ai nostri sensi”. È anche quello che banalmente si dice del più grande inganno di satana, cioè far credere all’uomo che non sia mai esistito. L’Etna, che di satanassi è stata casa e fucina, sa essere muta e impetuosa, sa nascondersi negli angoli ciechi della quotidianità e poi esplodere e devastare. E tutto questo sembra derivare esclusivamente da una sua capricciosa decisione. Pertanto, quando ho cominciato questo lavoro sull’Etna, ormai circa tre anni fa, mi sono reso conto di dovermi misurare con un essere alieno, silenzioso e incommensurabile, letale e potenzialmente distruttivo che aveva almeno 500 mila anni, secondo le stime dell’Ingv, e che avrebbe potuto inghiottirmi con la sua mole di storia e di storie. Alla fine, dopo svariate letture, e aver attinto a tutti i media possibili, senza aver ovviamente esaurito i documenti o i libri a disposizione su questo fenomeno, mi sono reso conto che l’Etna si era praticamente ricostruita nella mia testa svanendo da quell’orizzonte muto in cui l’avevo collocata ed ergendosi invece come luogo ideale, come centro della creazione di storie, come porta dell’immaginario collettivo degli etnei e di quanti, nel corso dei secoli, l’hanno visitata o soltanto immaginata. L’Etna era diventata, nel mio orizzonte immaginifico, un luogo sacro che non si lascia sfiorare dagli scrittori e dagli autori, ma che colonizza, al contrario, l’immaginario altrui.

La redazione di Morel, voci dall’isola ha inaugurato da poco un approfondimento sul tema del paesaggio. Imponente è il tema, quasi preponderante, se si mette in relazione con l’Etna, ma non solo: lo definirei metamorfico. Parla di questo aspetto ai nostri lettori.

Credo che nessuno possa passare dall’Etna e restarne immune, perché il vulcano è la quintessenza del metamorfismo, una specie di Re Mida che trasforma tutto quello che sfiora. È sufficiente ricordare che il paesaggio etneo è stato più volte rivoluzionato dalle colate: celebre, ovviamente, quella del 1691, che riscrisse la storia dei paesi etnei, ma è lo stesso vulcano a essere il trasformista per eccellenza, al punto che la sua stessa altezza massima è cambiata “frequentemente” –  come affermato dagli stessi esperti dell’Ingv – nel corso del XX secolo. La perenne trasformazione del reale operata dal vulcano si verifica anche nell’immaginario collettivo: ci sono storie della tradizione popolare che impiantate sull’Etna prendono sentieri differenti e mutano al suo cospetto, quasi per una forma di rispetto nei confronti della sua immarcescibile pretesa di governare e decidere il senso delle cose. Persino il sommo Colapesce, che è una delle storie affrontate in Etna. Guida immaginifica del vulcano, finisce coll’essere inghiottito dalle viscere del vulcano che sfida santi e mostri senza soluzione di continuità per attestare la propria dominanza sul territorio e sulle menti degli etnei.

 

Il tema che più emerge dalla tua guida è quello dell’Etna come appartenente a una dimensione altra, straniante e perturbante: dai mostri e dai giganti mitologici, agli extraterrestri, fino addirittura allo yeti. La radice di questo elemento è secondo te legata al terrore che nei millenni ha generato con la sua potenza distruttrice? O c’è dell’altro?

La tesi di fondo del lavoro è che il vulcano sia forza produttrice dei sogni e delle visioni di quanti gli si accostano, anche solo per un flebile istante della loro esistenza. Ovviamente è una posizione creativa utile ai fini del libro che, pur non avendo le pretese di uno studio scientifico sulle tradizioni etnee, riporta le storie del folklore passato e presente – alla fine è presente un’ampia bibliografia – e le ricompone con gli spunti del fantastico contemporaneo. Andando a elementi meno visionari, è certamente vero che l’Etna, nel corso della sua più che millenaria storia, ha attratto pensatori e viaggiatori, stimolandoli a riflessioni e pensieri legati alle profondità abissali dell’Etna che, proprio come altri vulcani sparsi in tutto il mondo, è stato associato a passaggio per gli inferi, a officina degli dèi, a luogo di supplizio e punizione, ma anche a ultimo avamposto prima di altri mondi e il leggendario salto mortale di Empedocle nella lava ribollente è forse la metafora più riuscita dell’umanità che dentro il vulcano vuole trovare l’origine della propria esistenza. C’è tutta un’antropologia del fuoco che potrebbe dirci tante altre cose in merito – e anche il bellissimo e recente documentario di Werner Herzog (Into the Inferno) che documenta le storie tanti vulcani sparsi in giro per il mondo – ma di certo l’aspetto più significativo, almeno per quanto mi riguarda, è che l’Etna è letteralmente abbracciata da storie della cultura popolare, e contadina in particolare, che ci raccontano il peso che il Vulcano aveva nella quotidianità dei siciliani, stimolando giustificazioni soprannaturali a problemi reali. Nel favoloso I diavoli del Gebel. Leggendario dell’Etna di Santo Calì le creature fantastiche popolano le vite dei paesani, dando senso alle inquietudini della quotidianità. Forse, in ultima analisi, a stimolare la costruzione di questa dimensione altra entro cui si può collocare l’Etna, c’è un profondo rispetto e quasi una sostanziale abdicazione alla sua potenza.

 

Dove speri che questa guida conduca il visitatore? E dove, nello specifico, speri che conduca chi ha già conosciuto l’imponente Etna da vicino? E dove invece speri che porti chi le si avvicina da neofita?

La speranza è che la guida possa accompagnare tutti i visitatori ad allargare il senso del viaggio sull’Etna che già dal punto vista naturalistico e paesaggistico e vulcanologico è straordinario. Questo lavoro vuole offrire un’ulteriore chiave di lettura nei confronti di una macchina della realtà che è anche, e forse soprattutto, una macchina dei sogni. La guida, infatti, riporta puntualmente i punti degli avvistamenti, collocando le storie nei punti reali in cui si sarebbero svolte. Ai camminatori avvezzi all’Etna, credo che possa aggiungere un ulteriore frammento nella composizione della variegata storia del vulcano. Per i neofiti, che magari conoscono l’Etna soltanto dai media, potrebbe costituire un ulteriore invito a visitarla e quindi scegliere di inoltrarsi nei suoi percorsi che sono luoghi naturalistici e anche dell’anima.

 

Dopo Creature fantastiche di Sicilia e Bestiario contemporaneo di Sicilia hai forse chiuso un percorso, o quest’ultima opera fa parte di un progetto più ampio?

C’è un serbatoio comune ai tre libri che è legato al cosiddetto fantastico popolare siciliano, un calderone gorgogliante che ospita le storie orali della tradizione contadina, le creature del folklore raccolte, tra gli altri, da Pitrè e Salomone-Marino, gli studi di Elsa Guggino, i racconti di Vincenzo Linares, le opere dei ballatisti siciliani, e quei testi antichi che raccontano una Sicilia a metà tra il mito e la realtà, come, per citarne uno di riferimento, la Sicilia Ricercata nelle cose più memorabili di Antonino Mongitore. Da questo magma comune si diramano due percorsi: il primo è una trilogia interamente dedicata al fantastico siciliano nelle sue forme più svariate, dall’antico al contemporaneo, che è cominciata con Creature Fantastiche di Sicilia e proseguita con Bestiario Contemporaneo di Sicilia e che avrà il suo capitolo conclusivo il prossimo anno con un’altra uscita targata Il Palindromo e illustrata, come sempre, da Chiara Nott. Etna. Guida immaginifica del vulcano è invece un libro che, pur attingendo alla medesima famiglia del fantastico popolare siciliano, s’inserisce in una serie specifica che dirigo per Il Palindromo e che è dedicata, appunto, alle “Guide immaginifiche”. La prima uscita è stata Via Terra delle Mosche. Stradario immaginifico di Palermo di Gioacchino Lonobile. Su questo fronte, già per il prossimo anno, stiamo lavorando a delle uscite assai interessanti che, mantenendo sempre lo spirito della guida immaginifica, ci porteranno in giro per l’Italia con autori di grande spessore.

Biografia

Rosario Battiato, giornalista, è autore, con Chiara Nott, di Creature fantastiche di Sicilia (il Palindromo, 2018) e Bestiario contemporaneo di Sicilia (il Palindromo, 2020). Studioso di fantastico popolare, è il direttore della serie “Guide immaginifiche” della collana Kalispéra.

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