Vernon Lee: Genius Loci

Vernon Lee: Genius Loci

 

di Ivana Margarese

 

Vernon Lee è lo pseudonimo di Violet Paget (1856-1935), scrittrice e saggista inglese prolifica e versatile. A ventidue anni  traduce in inglese Pietro Metastasio e Carlo Goldoni, in seguito scrive studi di estetica e monografie sulla civiltà letteraria e musicale italiana, contribuendo a diffondere in Inghilterra un gusto per periodi e autori meno noti. È autrice anche di numerosi racconti fantastici, spesso ambientati in Italia, dove lei stessa vive per lungo tempo. Violet Paget proviene infatti da una famiglia cosmopolita e colta, che, dopo molto peregrinare, nel 1873 decide di stabilirsi in una villa quattrocentesca sulle colline fiorentine, Il Palmerino, acquistata da un conte italiano. La villa per Violet diventa luogo di ritrovo, in cui ricevere visite di personaggi del mondo letterario come Henry James o Bernand Berenson, con cui ha un intensa relazione di amicizia, seguita da improvvise rotture, ma anche Aldous Huxley, Carlo Placci, Anatole France, Mario Praz. A quest’ultimo chiede di curare la rubrica dal titolo “ Letters from Italy” per il periodico inglese The London Mercury. Nella villa abita con la compagna Clementine Anstruther- Thomson e in seguito con Irene Cooper Willis, che le è accanto fino alla morte e che per volontà di Lee dona al British Institute di Firenze una collezione di 400 libri, tutt’oggi consultabili, appartenuti alla scrittrice.

‘Portrait sketch of Miss Violet Paget (Vernon Lee)’, c1881.

L’opera di Vernon Lee è oggi quasi dimenticata, nonostante sia stata considerata un punto di riferimento per la cultura del suo tempo, tanto che Bernand Shaw la definisce “ the old guard of Victorian cosmopolitan intellectualism”.
Anticonformismo e capacità di osservazione sono i tratti che più caratterizzano la sua scrittura semplice e schietta. Aristocratica, cosmopolita, assertrice dell’emancipazione femminile e ricercatrice instancabile, la scrittrice mostra grande interesse per le figure mitologiche, gli antichi dei e eroi, le presenze fantasmatiche.

Nella raccolta Dionea e altre storie fantasmatiche, Lee, in uno dei racconti, fa di Danae una creatura femminile di altera bellezza capace con i suoi comportamenti di decostruire l’ordine del piccolo mondo in cui abita. Dionea, con il suo sguardo vago e il sorriso misterioso alla maniera, scrive Lee, delle donne ritratte da Leonardo, additata come strega e creatrice di filtri, causa intorno a sé eventi fuori dall’ordinario. Attraverso il legame indissolubile tra amore e morte porta scompiglio in ciò che è regolato socialmente e religiosamente rievocando così un legame con le storie mitologiche dell’antica Grecia. La lettura de Gli dei in esilio (1854) di Heinrich Heine, in cui viene raccontato come il trionfo del cristianesimo abbia bandito le divinità pagane e le abbia costrette a una esistenza clandestina e a riapparire sotto altre sembianze, ha molta influenza sulla scrittrice e nelle sue pagine narrative le antiche divinità spesso ritornano nascondendosi sotto altre misteriose forme.

Altro tema caro a Vernon Lee è quello del Genius Loci. Allo spirito del luogo la scrittrice dedica varie raccolte di saggi brevi che hanno titoli affascinanti e evocativi, tra cui Genius Loci. Notes on places (1899), edito da Sellerio (2007), con la traduzione di Simonetta Neri.
La dedica in epigrafe fatta con gratitudine agli alberi e nello specifico “ai cipressi di Vincigliata e ai querceti di Abbey Leix” manifesta l’attitudine dell’autrice a sentirsi parte del luogo che la ospita e esplicita il rapporto intersoggettivo che si crea tra l’essere umano e il suo spazio abitato:

Per alcuni di noi è innegabile che i posti e le località (non so trovare altra espressione abbastanza tenera e riverente nella nostra lingua pratica e personale) divengano oggetto di un sentimento intenso e assai intimo. Prescindendo dagli abitanti e virtualmente dalla loro storia scritta, essi si possono toccare nell’intimo come creature viventi; e noi possiamo stringere con loro un legame di amicizia tra i più profondi e in grado di soddisfarci.

Vernon Lee descrive in termini di amicizia la relazione con il luogo, il suo mutare da semplice espressione geografica a qualcosa di intimo. Un rapporto capace di incantarci e sollevarci sino a farci raggiungere serenità e armonia e suscitare in noi venerazione. Il Genius Loci,  anche se non può essere personificato, tuttavia può essere riconosciuto con intensità in qualche monumento o tratto del paesaggio. L’amicizia con i luoghi non ha il carattere assoluto di un amore eterno e instancabile, ma suscita piuttosto, nella visione della scrittrice, un sentimento simile agli amours de voyage dove, seppure il ricordo può essere custodito a lungo, l’incontro è fuggevole e breve. Gli amour de voyage sono per loro stessa natura parziali. Tuttavia questa caratteristica non diminuisce affatto il loro valore, al contrario offre una prova della loro possibile e occasionale ricchezza.
Sono descritti in questa raccolta luoghi della Germania, della Francia e soprattutto dell’Italia, come la Siena di Simone Martini:

Gaia, semplice, un po’ convenzionale, eppure cavalleresca e romantica, è una città dove come l’ha descritta Lorenzetti nel suo grande affresco, le fanciulle potevano danzare per le strade cantando en ronde, come quelle che Dante incontrò il giorno di Ognissanti.

E ancora la città di Venezia che trova espressione nel Leone di San Marco:

Eccolo sulla cima della colonna, attento, truce, la coda rigida e lo sguardo vuoto è terribile. Ma cosa vuole significare? Cosa che fare con questa languida e troppo amata città? Scoprirlo vuol dire comprendere Venezia e vice-versa. Sotto strati di cose belle, ma anche senza senso detestabili che i secoli hanno ammucchiato ai piedi della sua colonna, si potrebbe alla fine e trovare la vera Venezia, la Venezia del Leone.

L’espressione Amours de voyage  fa riferimento non ai luoghi dove trascorriamo la maggior parte della nostra esistenza, ma a sentimenti che si accompagnano al gusto della scoperta ricordandoci, al di là del nostro affannarci verso una meta, come l’esistere stesso proceda dall’ignoto all’ignoto. e ci sollecitano più che a domandarci il fine della vita a ricavare il meglio dal modo in cui viviamo:

Poiché l’amore, di qualsiasi genere o intensità, ci lega al passato, ed in certo senso trasporta il caldo presente nel desolato e oscuro futuro. Annoda tra loro cose che per altri versi sarebbero separate nelle maglie gentili delle associazioni e ci permette comunque di vivere, anche se a tratti, non dove siamo, ma dove vorremmo essere.

 

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