Diario del sonno. Dialogo con Paola Silvia Dolci

Diario del sonno.
Dialogo con Paola Silvia Dolci

di Giorgio Galli

Immagini di Paul Schulenburg

 

Diario del sonno (Le Lettere, 2021) è il resoconto fedele di una psicanalisi: più esattamente è la raccolta dei testi scritti da Paola Silvia Dolci per il suo psicoterapeuta in un periodo della sua vita che ha richiesto il sostegno della terapia. Testi non nati per la pubblicazione, e che però costituiscono un insieme coerente.
Difficile ascrivere a un genere questa raccolta di frammenti: si potrebbe parlare di un tipo molto sperimentale di romanzo, o meglio ancora di un antiromanzo come Rayuela di Cortázar, altra opera il cui contenuto deve essere ricostruito da una serie di frammenti e indizi.
Ogni frammento del Diario contiene un sogno o un ricordo, o mescola sogno e ricordo in un viluppo impossibile da disciogliere. Quasi tutti i frammenti iniziano con un’indicazione cronologica: “Ho dodici anni”, “Ho zero anni”, “Ho venticinque anni”; ma il loro contenuto non sempre rispecchia l’età dichiarata. Siamo, insomma, di fronte a un’autobiografia che non segue alcun ordine, e che procede per lampi, nella piena libertà di stabilire associazioni e contrasti fra di essi. Una ”trama” può essere ricostruita con qualche attendibilità solo ad una seconda o terza lettura. Eppure è un libro estremamente scorrevole, perché non conta ricostruire l’esatta natura degli eventi, ma ascoltare la voce di Paola -una voce di estrema umanità. Si può leggere il Diario come si guardano certi film di Bellocchio, dove gli snodi di trama non sempre sono chiari e tutto sta nella potenza delle atmosfere. Con la differenza che qui abbiamo il racconto di una vita vera, di una persona in carne e ossa, che si mette a nudo. La prosa è disadorna, procede per appunti, va dritta al nocciolo psichico delle questioni. Paola è una ragazza dal carattere dominante ma attraversata da pulsioni contrastanti, con una madre manipolatrice e un padre distratto e assente, che ha difficoltà a stare da sola, che fa l’amore con tanti uomini ma ne ama veramente solo alcuni, che vive con un’intensità urticante. Questo libro è urticante. Eppure è anche un libro gelido perché la messa in pagina del fatto interiore così com’è provoca nel lettore sia un moto di adesione, una fortissima simpatia per l’io narrante, sia un bisogno di clinico distacco -quasi che egli fosse spinto nella posizione dell’analista a cui erano destinate in origine queste note.
Libro barocco e asciuttissimo, Diario del sonno emoziona per la personalità della protagonista e tiene a distanza con la misteriosità della sua forma. Ed è anche un libro bellissimo, dotato della paradossale armonia di una soggettività che non cerca di ricomporsi come un io coerente, ma ci si offre come realmente è, fatta a pezzi, lacerata – e noi la possiamo solo contemplare.

Paola, chi ti conosce sa che sei una donna riservata. Eppure, quando scrivi, ti abbandoni, fai di te stessa una messa in scena totale. Sembri non aver difese di fronte a chi ti legge. Da cosa nasce quest’esigenza di essere “letta dentro”, e come ti sei accorta che le tue note per lo psichiatra formavano un libro?

Le prime pagine risalgono al 2005. Venni invitata a candidarmi a RicercaBo nel 2017, e non avendo nulla sottomano, ero indecisa se presentare parte di questo manoscritto, o alcune poesie sulle metamorfosi. Marco Giovenale, poeta e scrittore da cui era venuta la proposta, e a cui devo la postfazione del libro, mi consigliò di portare l’incipit del Diario del sonno. Ci ho lavorato per i tre anni successivi.
Diego Bertelli, scrittore, curatore e traduttore, per cui nutro stima e ora anche gratitudine, aveva recensito sulla rivista Poesia (Crocetti ed.), sempre nel 2017, il mio libro l processi di ingrandimento delle immagini (Oèdipus ed.). Ci eravamo poi incontrati a Firenze, in occasione di un paio di presentazioni, del libro e di alcune traduzioni di poesie dal movimento femminista americano.
In seguito, abbiamo tradotto a quattro mani parte dell’epistolario Camus-Casarès (rif. http://www.niederngasse.it/rubriche/rubrica/136) e così, quando è diventato direttore della collana novecento/duemila insieme a Raoul Bruni per la casa editrice Le Lettere, gli ho girato il manoscritto, gli è piaciuto, e nonostante la distanza – io allora mi trovavo negli Stati Uniti – e la pandemia, il Diario del sonno è andato in porto.
Così si compone la storia della costruzione di questo libro.

Chi ti legge ha come difesa la sua posizione stessa di lettore, il privilegio di una condizione distaccata. Ho l’impressione che il tuo modo di difenderti, di fronte a questa scrittura così scoperta e di fronte all’assalto stesso dell’interiorità, sia l’ironia. Ce n’è molta in questo libro, e anche negli altri tuoi libri.

Il libro è uscito da un mese ma è già accaduto spesso che dopo averlo letto, le persone mi abbiano raccontato di avermi sognata, o i sogni strani che hanno fatto. Ho iniziato a raccogliere questi racconti. Mi piacerebbe farci qualcosa.
Per il resto, più che di difendermi, ho voglia di divertirmi.

 Che rapporto c’è tra Diario del sonno e il tuo libro precedente, Portolano, altro diario che mescola il “giornale d’anima” al “giornale di bordo”? (Ricordiamo per i lettori che tu sei anche comandante di una nave, con la quale compi numerosi viaggi.)

 Portolano (Mattioli ed., 2019) venne commissionato. In comune hanno la struttura diaristica e confessionale. Invece, in tutti i miei libri precedenti, a parte un bestiario, ho utilizzato la forma dell’eteronimìa.

 Nei tuoi libri, pratichi moltissimo la riscrittura. Diario del sonno può essere considerato a suo modo una forma estrema di riscrittura, una sorta di palinsesto psichico?

Bella domanda. In matematica, la riscrittura è la sostituzione di un oggetto al posto di una parte di un altro oggetto, secondo una precisa regola formale.
Per pubblicare quanto scrivo, devo mettergli una maschera, e per farlo di solito sposto leggermente la prospettiva. In questo caso, ho inserito una datazione all’inizio di ogni pagina, l’età a cui ho associato le memorie riaffioranti.

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