Diotima e la suonatrice di flauto

Diotima e la suonatrice di flauto

note dal secolo opposto

Dialogo con Ida Travi

a cura di Ivana Margarese

Mi piacerebbe mi raccontassi da cosa è nata l’idea di Diotima o la suonatrice di flauto

Devo fare una premessa: la protagonista di questo atto tragico non è Diotima ma la suonatrice di flauto. A lei sono arrivata attraverso la lettura del Simposio di Platone. A fine ‘900 passavo le sere alternando lo studio della filosofia alla lettura dei grandi tragici greci, così ogni sera mi addormentavo con Eschilo, Sofocle e EuripideMa dalla lettura serale al sogno ad occhi aperti il passo è breve e in questo passo breve, tra lettura e sogno si colloca il mio periodo greco: in quegli anni sono nati alcuni libri per me molto importanti: L’aspetto orale della poesiasu oralità e scrittura, e due raccolte poetiche greche, in questo senso eloquenti già nel titolo. La corsa dei fuochi rimanda  direttamente all’Orestea di Eschilo dove la sentinella s’accuccia come un cane sul tetto della casa degli Atridi, aspettando il segnale dei fuochi che annunciano la caduta di Troia. E Neo/Alcesti canto delle quattro mura è raccolta poetica memore di Euripide, ed entra di fatto in gineceo d’allora. Una tensione millenaria unisce il mondo antico a questo nostro mondo ultracontemporaneo: da un lato l’oikos, la casa, il domestico senza storia, e d’altro lato la polis che questi focolari solitari ingloba e nega‘come se fossimo ancora noi gli antichi .
In quell’atmosfera nacque anche Diotima e la suonatrice di flautoLa Tartaruga 2004. Arriveranno poi in poesia anche i sette libri dei Tolki (ma il sesto s’è perduto) Come la suonatrice,  antichi  futuri, anche i Tolki stanno , sospesi nel loro congelamento secolare, fuori dalla storia, come arrivati dal secolo opposto. Esseri marchiati dal trauma di un’antichità a venire, fino alla poesia, fino all’immagine invisibile che senza dire una parola, chissà come, ti strappa il cuore. Il secolo opposto si ritrova come verso in Marìe canta la famiglia del secolo edito da Edizioni Volatili a qualche millennio di distanza dal Simposio. I salti millenary, come i sogni, sono possibili solo fuori dall’alleanza con la storia. Ecco, era dunque necessario questo escursus. E adesso torniamo alla suonatrice di flauto, torniamo , a quegli inizi

Diotima o la suonatrice di flauto è un atto tragico che rimette insieme sulla scena due donne, escluse entrambe fisicamente dal Simposio platonico, dalla narrazione che avviene tra uomini intorno al tema dell’amore.

Diotima e la suonatrice di flauto è un vero e proprio un atto tragico ambientato ad Atene e della tragedia mantiene la struttura. Siamo presumibilmente nel 416 a.c., la sera dopo che il giovane poeta Agatone, ha vinto un concorso tragico: c’è un banchetto a casa sua, ed è proprio il banchetto descritto da Platone nel Simposio. Sono riuniti filosofi cittadini o semplici amici. Un capo della festa, o taliarca, dettale regole del bere e il tema delle conversazione. Quella sera si decide di ragionare sul tema dell’Amore e la suonatrice di flauto ch’era stata chiamata ad allietare la serata, viene mandata via per consentire agli uomini riuniti di conversare liberamente sul tema dell’Amore. È di fatto l’uscita dalla storia. Sì, Diotima e la suonatrice di flauto tocca il tema di un’esclusione dalla storia. Nella prima parte l’atto conserva la struttura della tragedia: ingresso del coro, episodi, stasimi, e uscita del coro. Ma poi tutto cambia.

Che ognuno beva secondo i suoi gusti – dice Erissimiaco nel Simposio di Platone –Propongo invece di licenziare la suonatrice. Può suonare per conto suo, se vuole, o con le donne che stanno di . Per oggi, ci sono altri ragionamenti… Signori, Amici!” dice alzandosiPropongo che ciascuno tenga un suo discorso sull’Amore. Un elogio come si deve, ognuno come vuole!.

Si, così dice Erissimaco nella sala del Simposio  E difatti la suonatrice, così licenziata, esce da quella stanza e resta fuori per secoli. Nessun testo, nessun autore, nessun poeta, nessun filosofo ne dirà più nulla. Così ho sentito il desiderio d’inventarmi una storia laterale, un proseguimento dei fatti. Mi sono chiesta con un certo patema cosa poteva essere accaduto a quella ragazza una volta fuori da quella salaMi dispiaceva che se ne fosse uscita così, che scomparisse così nel nulla, per sempre oscurata da tanto sublime pensiero E mi metto a lavorare d’invenzione, Che succede dunque in questa mia invenzione? Dirò solo che una volta fuori dalla stanza della filosofia, sul sentiero tra gli ulivi, la suonatrice di flauto incontra Diotima l’altra grande assente dal Simposio Già Diotima, colei che Socrate chiama sua maestra. Diotima al Simposio non c’è, è presente solo attraverso le parole di Socrate che punto per punto riporta il suo discorso sull’Amore... E se non è al Simposio, Diotima dov’è, a quell’ora?

Anna è il nome che hai scelto di dare alla suonatrice di flauto. Sono rimasta colpita dal fatto che sia un nome palindromo che apparentemente non cela misteri e che pertanto potrebbe essere ancora più interessante mettere in scena e raccontare.

Anna, un nome incongruo nel contesto greco ma mi interessava proprio perché straniero, e palindromo. Lo puoi leggere in entrambi i sensi, da qui a lì, non cambia, quasi una sospensione della direzione del tempo, quando antico e contemporaneo vanno insieme. Come se a passare fosse un soffio, solo il tempo di pronunciare un nome.

Il coro in un certo momento dice rivolgendosi ad Anna:

Tu riporti le parole

degli uomini, là sopra

e non dici quel che pensi tu.

Il coro sa, il coro non inventa: ci sono voluti secoli e secoli, millenni, prima che si rendesse visibile una visione femminile del mondo non coincidente con la storia, ci sono volute molte ribellioni perchè si definisse e fosse raccontabile un punto di vista tenuto così a lungo fuori dalla storia. Nella democratica Atene del V sec. accomunati a questo aspetto della condizione femminile erano gli schiavi douloi, esseri privati della rete di relazione e conoscenza che definiva il valore sociale dei liberi. Mentre l’uomo libero poteva essere padrone di era normale che alle donne fossero negati gran parte dei diritti riconosciuti ai cittadini adulti e liberi. Ma di questo dice meglio di me Luisa Muraro nella sua poderosa introduzione a questo esiguo libro.

Nel tuo testo Diotima conosce il nome di Anna, senza che lei glielo dica, dal momento che, spiega, Anna conosce il suo. Le voci del coro, scrivi, parlano con chi le ascolta. C’è un riferimento costante all’attenzione e alla reciprocità del riconoscimento, temi poetici per eccellenza.

Si, nella Poetica Aristotele scrive che due parti della tragedia sono peripezia e riconoscimento, mentre una terza è il fatto orrendo. Il riconoscimento fa muovere la tragedia verso la catarsi. In Diotima e la suonatrice di flauto il riconoscimento si dà come accadimento non detto, interiore alla storia: Diotima riconosce la suonatrice di flauto perché insieme hanno già attraversato i secoli, e ora insieme li contemplano tragicamente all’aperto. Diotima che conosce le leggi dell’Amore sa già tutto. Lo sguardo di Diotima su Anna è uno sguardo a posteriori e insieme uno sguardo a venire. Quello sguardo, è diventato  in effetti il mio, ed è ancora qui. Per il resto questo testo bisogna leggerlo, bisognerebbe anche rimetterlo in scena, magari, quando possibile.

nel Simposio a un certo punto s’affaccia l’idea che le donne partoriscono col corpo e gli uomini invece partoriscono le idee…

Ma si, è una vecchia storia, appunto… su su, per i gradini della scala d’Amore fino alla contemplazione della bellezza. … Eppure, per esempio, le figure di Antigone, Eloisa e la stessa Diotima di Mantinea illuminate da Zambrano si sottraggono con forza a questa logica contemplativa. Sono figure terrene, aurorali. Lontanissime da ogni forma d’assenza. Leggevo Zambrano per la prima volta in quegli anni, e mi ritrovavo a casa nella sua ragion poetica. Per Zambrano non è ragionevole che un essere umano si veda vivere a partire da un’idea, anzi, sembrerebbe essere proprio loikos ‘il soggetto reale della storia’. Là dove vengono al mondo non pallidi fantasmi di virtù, ma cose vere. Se ha ragione il pragmatico Pierce a sostenere che siamo spinti a produrre pensiero soprattutto quando qualcosa ci frastorna allora anche là nel gineceo di pensiero attivo doveva circolarne parecchio: là dentro si imparava a camminare, si imparava a parlare, a nutrirsi, si imparava a percepirsi nell’unicità della persona, e si imparava anche a farsi domande sulla natura dell’amore. O del disamore. La prima relazione tra l’appena venuto al mondo e chi se ne prende cura è una relazione fondante e già asimmetrica, che sia amorosa o non amorosa, è sempre grumo e avviso di conoscenza. Questo s’impara subito.

Nel tuo atto tragico Diotima dice a Anna queste parole profonde:

Fuori dal sogno c’è questa gravità, su tutta la terra c’è questa gravità. Non c’è volo, tra gli umani, ma solo passi misurati, lenti”. Sogno nella tua piccola tragedia è una delle parole ricorrenti talvolta contrapposto alla parola coscienza, ed è un termine che si ripete spesso anche nell’opera di Maria Zambrano, la cui scrittura di Diotima ti ha in una certa misura influenzato.

In Zambrano il sogno è creatore, è come se nel momento in cui entra nel sogno l’essere umano si scordasse di essere persona e ritornasse creatura. Nel sogno entrano i millenni, i secoli. Nel sogno si sfugge alle leggi e alle frontiere, per questo il sogno è il regno del desiderio, per questo anche una come me un bel giorno uscendo dal sogno si mette a scrivere qualcosa che assomiglia a una tragedia, una piccola tragedia, e lo fa per davvero, senza remore. Semplicemente si mette lì e scrive una tragedia, per davvero.

NOTA BIO

La poetica di Ida Travi si colloca nel rapporto tra oralità e scrittura. In prosa espone la sua posizione nei saggi L’aspetto orale della poesia (2000) e Poetica del basso continuo (2015). Ha scritto radiodrammi e testi per il teatro. Dal 2011 al 2018 pubblica per Moretti&Vitali i sette libri dei Tolki, i parlanti (ma il sesto s’è perduto): , poesia dello spiraglio e della neve, 2011; Il mio nome è Inna, 2012; Katrin, 2013; Dora Pal, la terra 2017; Tasàr,animale sotto la neve, 2018 con postfazioni di Alessandra Pigliaru, e Daniele Barbieri. Del 2020 per Edizioni Volatili è il settimo libro Marìe canta la famiglia del secolo. Il suo lavoro drammaturgico Diotima e la suonatrice di flauto (Baldini Castoldi Dalai,2004) è stato messo in scena più volte, ed è libretto d’opera a firma del M° Andrea Battistoni, già direttore alla Scala.

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