Buon centenario, don Gesualdo!

“Buon centenario, don Gesualdo!”

Intervista a Giuseppe Digiacomo e Nunzio Zago

di Giovanna Di Marco e Ivana Margarese

Immagini di Rossella Grasso, tratte dal cortometraggio ispirato a Dizionario dei personaggi di romanzo (www.rossellagrasso.altervista.org)

Parafrasando il titolo del film di Franco Battiato  Auguri, don Gesualdo, celebriamo  il centenario della nascita Gesualdo Bufalino augurandogli buon centenario. Proprio per prepararci all’evento, abbiamo voluto onorare il grande scrittore siciliano attraverso un percorso e delle riflessioni che abbiamo già proposto su Morel, voci dall’isola (Il ritorno di Euridice; Marta-Medusa e il Trionfo della Morte; La menzogna delle menzogne). La situazione di emergenza della pandemia, oltre a porci dei limiti oggettivi nella vita quotidiana, ci ha impedito di essere a Comiso in visita presso la Fondazione dedicata a Gesualdo Bufalino. Avremmo  visto gli archivi, la biblioteca e avremmo assistito agli eventi organizzati per l’occasione. Vogliamo però dire che abbiamo viaggiato comunque, in un altro modo, e i nostri ospiti sono stati ricettivi e accoglienti, proprio come dei buoni padroni di casa che preparano del buon cibo e stanno bene in compagnia. I nostri ospiti sono Giuseppe Digiacomo, il presidente della Fondazione e Nunzio Zago, il direttore scientifico, che ringraziamo. In questo incontro ‘da lontano’ ci hanno parlato con entusiasmo delle loro iniziative, che comunque avranno corso e, soprattutto, della figura di Gesualdo Bufalino e della sua eredità per le generazioni future.

 

La nostra prima domanda, dunque è la stessa per entrambi e riguarda i trascorsi di vita, i ricordi…

 

Parlateci di un vostro ricordo personale di Gesualdo Bufalino

Giuseppe Digiacomo: Nell’autunno del 1990 – ero un giovane assessore alla cultura della mia città – Bufalino, fraterno amico di mio padre e persona “di famiglia” come si suol dire, mi chiese di poter utilizzare gli scaffali a parete della vecchia biblioteca comunale (scaffali Lips Vago, nientemeno!), ormai corazzieri disarmati giacché la nuova biblioteca era stata trasferita in altro sito. Mi confidava, mentre passeggiavamo in via degli Studi, che il quantitativo di libri in suo possesso lo aveva travolto, subissato, e che ormai erano piene tutte le “gnacche” delle sue case fuori e dentro la mura di Comiso. Gli risposi immediatamente di sì, ma mi venne poi l’idea di sistemare quei volumi in uno dei locali dell’ex Mercato Ittico, da poco restaurato, bellissimo ma inutilizzato. A lui l’idea piacque molto e, con buona pace degli arcigni scaffali svedesi, lì ubicammo i libri di Dino e quella diventò la sua seconda casa, senz’altro meno banale della prima. Sempre in quel luogo, in ambienti più ampi, sarebbe stata poi confermata la sede della Fondazione, dopo la sua morte, e lì è ancora, da poco splendidamente rinnovata, punto di riferimento internazionale per studiosi, lettori, amanti dell’autore siciliano.

Nunzio Zago: I ricordi sono tanti, si affollano nella memoria, com’è naturale per un’amicizia durata più di vent’anni. Il ricordo che forse punge di più, che più suscita rimpianto, è legato al nostro rito quotidiano delle lunghe passeggiate, sia prima sia dopo che Bufalino si affermasse come scrittore, nel sagrato silenzioso della Chiesa Madre, a Comiso, suo e mio paese natale, ma soprattutto in piazza Fonte Diana, a discutere – tra passanti incuriositi e sguardi benevoli dei vecchi seduti davanti alla Lega dei contadini – di letteratura, arte, musica, cinema… E anche di noi, delle nostre vite, delle nostre cose più personali: già anziano, lui, e disincantato; ancora animato, io, dalle illusioni della giovinezza.

 

Presidente Digiacomo, spieghi ai nostri lettori di cosa si occupa la Fondazione Bufalino.

Giuseppe Digiacomo: Con un’attività ventennale la Fondazione ha svolto un ruolo fondamentale per lo studio, l’approfondimento, la diffusione dell’opera di Bufalino, attraverso un’attività scientifica, editoriale, promozionale di altissimo livello che conta decine di pubblicazioni – anche d’inediti – convegni, mostre, spettacoli teatrali e cinematografici, concerti musicali selezionati e programmati dal comitato scientifico, diretto e animato da sempre dal professor Nunzio Zago con presenze d’assoluta rilevanza e autorevolezza (i professori Onofri e Traina, oggi, e, nel passato, altri come Claudio Abbado e Silvano Nigro, ad esempio).

Questo centenario sta passando in sordina per via della pandemia. Ci racconti quali erano i progetti, quali si sono realizzati e quali non sono andati in porto o comunque non nel modo in cui li avevate pensati.

Giuseppe Digiacomo: Certamente la pandemia e la sua recrudescenza ci hanno costretti a modificare le modalità di presentazione di alcune delle nostre iniziative che, comunque, sono state confermate. Siamo partiti il 13 giugno con la presentazione del volume (atti di un precedente convegno) Gesualdo Bufalino e la tradizione dell’elzeviro; poi, il 27 dello stesso mese, la riedizione a nostra cura delle poesie de L’amaro miele con illustrazioni e mostra delle pitture di Alessandro Finocchiaro. Il cinque settembre il sassofonista jazz Francesco Cafiso, il pittore Giovanni Robustelli, il pianista Mauro Schiavone hanno improvvisato con note e colori, nel cortile della Fondazione, ispirandosi alle passioni musicali e letterarie dello scrittore: serata memorabile! A ottobre, nell’anteprima di A tutto volume, dedicata al centenario, Nadia Terranova ha presentato la ristampa Bompiani della Favola del castello senza tempo. Infine, il 15 novembre presenteremo uno splendido volume dedicato al rapporto antico e straordinario di Bufalino col cinema, poi un convegno nazionale e un concerto musicale inedito: il tutto, ovviamente, in streaming stavolta.

 

Professor Zago, nel suo pessimismo isolano e isolato, Bufalino ha comunque vagheggiato la funzione umanistica della cultura come arma per la crescita delle future generazioni. Che valore assume ciò, in tempi così tristi e incerti?

Nunzio Zago: La domanda tocca un aspetto cruciale della mia interpretazione critica di Bufalino. Il quale, pur contagiato da tutti i veleni e le inquietudini della cultura più moderna, dell’ultimo Ottocento e del Novecento, non rinunciò alla lezione classica, umanistica, della Bellezza come sinonimo di Buona Vita. Questo risvolto etico, civile, persino politico, come più volte l’ho chiamato − nei limiti, almeno, della “politicità” che era compatibile, per Bufalino, attento in particolare alla dimensione soggettiva, alla dialettica dell’io con sé stesso, col ruolo intrinsecamente problematico dello scrittore (“Simile a un colombo viaggiatore, il poeta porta sotto l’ala un messaggio che ignora”) −, impronta l’intera sua opera di narratore, poeta, saggista, ecc., ma traspare più facilmente dagli aforismi (“Ho imparato a non rubare ascoltando Mozart”), o da alcuni interventi d’occasione. Come quello, mettiamo, pronunciato ad Agrigento, allo scadere del 1990, per l’inaugurazione della biblioteca Lucchesi Palli, dove si afferma che il libro “può scardinare un impero, può forzare le porte di ferro d’una coscienza per introdurvi un seme d’amore, di bellezza e di verità” e, d’altra parte, si paventa che l’odierna civiltà audiovisiva, a cui Bufalino non fu pregiudizialmente contrario, “mentre sembra dilatare l’informazione e la conoscenza”, possa minacciare la sopravvivenza del libro e della tradizione umanistica, appunto, da esso rappresentata. Un allarme, un rischio al quale anche le nuove generazioni andrebbero sensibilizzate.

Bufalino ha vissuto il suo successo ironizzando sul fatto che tutti gli autori dovrebbero essere postumi. Penso a grandi nomi della letteratura: Tomasi di Lampedusa, Morselli e Satta solo per fare qualche esempio. Come vedrebbe questa celebrazione del suo centenario? E, soprattutto, questi festeggiamenti “defilati” per via della pandemia, li accoglierebbe con la sua ironia corrosiva di “malpensante”?

Nunzio Zago: È facile immaginare che da moralista scettico qual era, Bufalino non avrebbe rinunciato a trarre spunti di riflessione, amaramente ironici, dal clima in cui si sono svolte e si stanno svolgendo, per la terribile pandemia in corso, le celebrazioni relative al centenario della sua nascita. Ritengo, però, che esse non gli sarebbero dispiaciute, avendo egli sempre giocato un po’ a rimpiattino, per così dire, col successo e con il pubblico. Del resto, per quanto “defilati”, questi festeggiamenti stanno confermando che Bufalino, interprete ardito e trepido dell’”odiabile, amabile vita”, è entrato, ormai, saldamente nel canone letterario italiano ed europeo.

Cosa può insegnarci oggi la parabola artistica di questo grande autore?

Nunzio Zago: Innanzi tutto, che il contrassegno dello scrittore autentico, davvero “necessario”, destinato a durare, è la capacità di rivelare potenzialità ancora inespresse del linguaggio, di spostare in avanti, verso zone inesplorate, le frontiere della parola, d’inventare un “tono” inconfondibile. Inoltre, che un grande scrittore sa dar voce alle domande grandi, fondamentali, dell’uomo e della vita: alla base della ricerca letteraria di Bufalino c’è, infatti, un’ineludibile richiesta di “senso”, esistenziale e financo metafisico, in cui molti lettori, vecchi e giovani, possono riconoscersi e che giustifica le oltranze del suo stile, “alto”, immaginoso, creativo, irriducibile a ogni tipo di conformistica omologazione e in grado di “popolare il deserto”.

 

 

Biografie

Giuseppe Digiacomo Laureato in Lettere Moderne. Scrittore, ha pubblicato saggi, romanzi e raccolte di poesia. Nel 1980 Alchimie per vivere con S. Sciascia e, con lo stesso editore, nel 1985, Il giorno fariseo; successivamente, nel 1991, sempre con S. Sciascia, pubblica Balena bianca, e, nel 1993, l’instant book, Io non sono il boss. Nel 2007 la raccolta Canti di guerra e divine inconcludenze (Archilibri). Nel 2009 il pamphlet Come abbiamo fatto a fare l’aeroporto di Comiso. Nel 2017 Pettine bello, Salarchi Immagini e, nel 2019, La Cartiera del principe (Archilibri), è stato consigliere comunale, assessore, sindaco, dirigente di partito, deputato regionale.

Nunzio Zago

Dopo la maturità classica, nel 1973 si laurea in Lettere presso l’Università di Catania. È stato Ricercatore di Letteratura italiana presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Catania; dall’anno accademico 1991-92 gli è stato affidato l’insegnamento di Metodologia e storia della critica letteraria. Alla fine del 1999, passa alla Facoltà di Lingue e Letterature straniere della medesima Università, diventando titolare della cattedra di Letteratura italiana nella sede di Ragusa, prima in qualità di professore associato e quindi di professore ordinario. È stato presidente dei Corsi di laurea della Facoltà di Lingue, sede di Ragusa, e poi preside; quindi, per quattro anni (fino al 31 ottobre 2016), presidente della Struttura Didattica Speciale di Lingue e Letterature straniere di Ragusa.
Oltre a numerosi saggi pubblicati su riviste e volumi collettivi, ha scritto i seguenti libri: Un poeta della ‘Toscanina’. Antonio Guadagnoli (Flaccovio 1981); I Gattopardi e le Iene (Sellerio 1983-1987); Gesualdo Bufalino (Pungitopo 1987); Giuseppe Tomasi di Lampedusa (Pungitopo 1987); L’ombra del moderno. Da Leopardi a Sciascia (Salvatore Sciascia Editore 1992); Cento Sicilie (con G. Bufalino) (La Nuova Italia 1993, poi Bompiani 2008); Sicilianerie. Da Tempio a Bufalino (Salarchi Immagini 1997); La parola reticente nel ‘Decameron’ e altri saggi, (Salarchi Immagini 2000); Racconto della letteratura siciliana (Maimone Editore 2000); Voci della letteratura italiana tra ‘buon governo’ e altre moralità (Quaderni del Dipartimento di Filologia moderna dell’Università di Catania 2003); Brancati e il vento di Pachino (Comune di Pachino 2005); Da Dante a Brancati (Salvatore Sciascia Editore 2006); Tomasi di Lampedusa (Bonanno Editore 2011); Dante e Boccaccio (Euno Edizioni 2013); I sortilegi della parola. Studi su Gesualdo Bufalino (Euno Edizioni/Fondazione Gesualdo Bufalino 2016). Ha curato, fra l’altro, il Carteggio di gioventù (1943-1950) di A. Romanò e G. Bufalino (Il Girasole 1994); edizioni delle Menzogne della notte di G. Bufalino per Bompiani (per le Scuole Superiori 1991; per I Tascabili Bompiani 1995); dei Vicerè di F. De Roberto per la Biblioteca Universale Rizzoli (BUR) 1998; di Canne al vento di G. Deledda (BUR 2008); de L’Imperio di F. De Roberto (BUR 2009); de L’Illusione di De Roberto (BUR 2011). Ha pubblicato, in un’edizione fuori commercio Bompiani-Fondazione Gesualdo Bufalino, il romanzo incompiuto di Bufalino, Shah mat. L’ultima partita di Capablanca (2006).
Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Verga di Catania. È stato membro del Direttivo nazionale dell’Associazione degli Italianisti Italiani (ADI).

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