Rischiarare il buio: incontro con Christian Bobin

Rischiarare il buio: incontro con Christian Bobin

a cura di  Giuseppe Conoci, Sara Manuela Cacioppo, Ivana Margarese

 

 

Non mi piacciono quelli che sanno,
mi piacciono quelli che amano.
Christian Bobin, Autoritratto al radiatore

 

L’intelligenza è la forza, solitaria,
di estrarre dal caos della propria vita la manciata di luce
sufficiente per rischiarare un po’ più lontano da sé
verso l’altro laggiù, come noi smarrito nel buio.
Christian Bobin, L’insperata

 

Poeta e scrittore, Christian Bobin (1951, Le Creusot, Borgogna) è uno degli autori più rinomati del panorama letterario francese, vincitore del Prix d’Académie nel 2016 per l’insieme delle sue opere. Ha pubblicato con prestigiose case editrici, tra cui Gallimard, Lettres vives e Fata Morgana. In Italia è pubblicato da diverse case editrici e in particolare da AnimaMundi grazie alla dedizione di Giuseppe Conoci, impegnato da anni nella diffusione dei suoi scritti.

Christian Bobin ha pubblicato più di sessanta opere tradotte in numerose lingue. Tra le maggiori ricordiamo: Più viva che mai. AnimaMundi 2018; Autoritratto al radiatore, AnimaMundi edizioni, 2012; Sovranità del vuoto, AnimaMundi edizioni, 2014; Resuscitare, AnimaMundi edizioni, 2015; Mozart e la pioggia, AnimaMundi edizioni, 2015; Abitare poeticamente il mondo, AnimaMundi edizioni, 2019.

La sua scrittura è frammentaria e diaristica, talora improntata alla sacralità delle piccole cose del quotidiano. I frammenti hanno una lunghezza variabile: una frase, un periodo, una pagina, un pensiero disincantato o ironico, dietro cui si nasconde un mondo di emozioni e significati che il lettore coglie come fossero parti mancanti di se stesso.

Puntuale è, a nostro avviso, il modo in cui il poeta Franco Arminio lo descrive:

Incredibile come questo autore riesca sempre ad assomigliarti. Tu leggi e pensi che sta scrivendo come scrivi tu, come pensi tu, come senti tu. Penso che tanti lettori abbiano questa sensazione rispetto a Bobin. Lui è lo scrittore che ci somiglia, ci fa credere in Dio anche se non crediamo in Dio, ci fa credere all’amore anche se non crediamo all’amore, ci fa essere buoni anche se non siamo buoni.

 

 

È come se Bobin sapesse trovare le parole giuste per tirare fuori ciò che il lettore cela nel cuore. La lettura si trasforma allora in auto-lettura.

Nel suo ultimo libro Abitare poeticamente il mondo Bobin ci invita alla contemplazione, a cogliere la bellezza in ciò che è minuscolo e marginale. Solo così, infatti, sarà possibile per l’uomo scoprire la poesia celata dietro ogni cosa e ritrovarsi.

Questo articolo corale racconta il nostro incontro con questo straordinario scrittore, che in alcuni casi ha persino indirizzato le nostre vite verso scelte inaspettate.

 

Tête-à-tête

 

 

Giuseppe Conoci
Nel 2011, un pomeriggio d’estate, ero nella mia libreria e il mio sguardo fu attirato da un libro: “Consumazione, un temporale” di Christian Bobin. Aprii quel libro e da allora non ho più smesso di frequentare questo autore, di camminare e trovare ristoro tra le pagine dei suoi libri. Iniziai a leggere ed era come se leggessi me stesso, avevo trovato qualcuno che sentiva la vita come la sentivo io. Da lì cominciai a leggere tutti i suoi libri. Esaurita la scorta di quelli già tradotti in italiano, pensai di continuare l’opera di traduzione dei suoi numerosi libri ancora non tradotti e scrissi subito all’editore francese Gallimard per chiedere i diritti di Autoritratto al radiatore, il primo libro di Bobin edito da AnimaMundi. Fino ad allora mi ero occupato con la mia casa editrice principalmente di pubblicazioni musicali, quel momento ha rappresentato una svolta nella mia vita professionale ed esistenziale.

Quello stesso anno decisi di andare in Francia a conoscere personalmente Bobin, volevo festeggiare con lui il mio compleanno, il 5 di dicembre. Un’amica mi aveva detto che abitava a Saint-Fermin, un piccolo paesino sperduto nella Borgogna, vicino a Le Creusot. Non sapevo nient’altro. Il 4 dicembre, ricordo come se fosse adesso, ero seduto a tavola per il pranzo con mia sorella e i miei genitori e all’improvviso decisi di partire. Presi il primo treno da Lecce per Torino e da lì proseguii per Lione sino a Saint Firmin. Non avevo alcuna certezza che avrei incontrato Bobin, ma per me era importante fare quel viaggio, partire senza avere alcuna garanzia, con la speranza di incontrarlo.

Arrivato nel paese il pomeriggio del giorno successivo, bussai ad alcune case per chiedere informazioni, ma nessuno sembrava conoscere Christian Bobin. Stava per fare buio e faceva freddo, così decisi di andare a chiedere al municipio dove sembrava esserci un po’ di gente. Lì trovai un uomo che si offrì di accompagnarmi con la sua auto all’abitazione di Bobin dicendomi che non ci sarei potuto arrivare in altro modo, la sua casa era molto distante dal paese e si trovava in mezzo al bosco.

Attraversammo alcuni sentieri sterrati ed arrivammo dinanzi a un’abitazione di legno bianca con le finestre azzurre. Il mio gentile accompagnatore si congedò dicendomi che non poteva aspettarmi e riportarmi indietro. Scese dall’auto, andò a bussare alla porta, uscì una donna alla quale disse che mi aveva accompagnato sin lì perché cercavo il signor Bobin ma che lui non mi conosceva, e se ne andò. Io scesi dall’auto per recarmi verso l’abitazione e di colpo mi ritrovai davanti allo scrittore. “Sono un tuo appassionato lettore, oggi è il mio compleanno e sono venuto qui perché avevo il desiderio di festeggiarlo con te” gli dissi. “Ho fatto un lungo viaggio, vengo dal sud Italia, sono partito ieri”. Lui mi sorrise aprendo la porta di casa, lasciandomi entrare.

Parlammo a lungo di tanti argomenti e dei suoi libri, seduti sul divano di fronte al camino. Nonostante la mia scarsa padronanza della lingua francese riuscimmo a intenderci molto bene. Ridemmo tanto, come fossimo ubriachi. Mi colpì la sua risata forte, piena, quasi folle. Ricordo mentre parlavamo che all’improvviso diceva una parola in italiano e scoppiava a ridere. Io pensavo che quella risata insensata, vitale, esuberante l’avevo già incontrata sottilmente nei suoi libri, al contrario di quanto si possa a uno sguardo più superficiale facilmente pensare a Bobin come uno scrittore malinconico.

“Con un po’ più di pazienza, sarei stato uno scemo del villaggio abbastanza bravo. È un mestiere che non esercita quasi più nessuno: troppo difficile, probabilmente. È più facile diventare un medico, un ingegnere o persino uno scrittore. Più facile e più gratificante agli occhi del mondo”. (da Resuscitare)

Verso sera mi disse che doveva andare a Le Creusot a fare visita alla madre e che poteva accompagnarmi in un albergo nella città. Della nostra conversazione in macchina ricordo questa sua affermazione: “La cosa importante è esserci pienamente in quello che facciamo, quando il panettiere fa il suo pane con dedizione, Dio è lì. Se ognuno facesse bene il suo lavoro il mondo sarebbe differente”.

Giunti vicino all’albergo ci salutammo con grande affetto, io salii nella mia camera e mi gettai sul letto. Ero felice. Questo è stato il mio primo incontro con lui.

Sara Manuela Cacioppo
Era una sera di gennaio, fredda e buia. Sdraiata sul letto caldo della mia stanza arancio, riflettevo sulla giornata appena trascorsa, ripassando in mente gesti, parole, sorrisi, sguardi. I pensieri che mi affollavano la mente erano così tanti che decisi di alzarmi dal letto per bere un sorso d’acqua.
Prima di tornare a letto mi avvicinai alla libreria, la quantità di libri che ho collezionato nel corso degli anni è straordinaria, per ognuno di loro conservo un ricordo e un volto, spesso il mio. Decisi di afferrarne uno a caso, uno colorato, per distogliermi dai pensieri amorosi che mi ossessionavano. Il giorno dopo avrei avuto lezione all’università, la sveglia sarebbe suonata alle sette, occorreva qualcosa per tranquillizzarmi. Mi ritrovai fra le mani l’edizione francese del libro Più che mai viva di Christian Bobin, aprii una pagina e lessi:

Possiamo donare tante cose a coloro che amiamo. Parole, riposo, piacere. Tu mi hai donato la cosa più preziosa di tutte: la mancanza. Mi era impossibile fare a meno di te, anche quando ti vedevo mi mancavi ancora.

Questa citazione me la sono portata dietro per tutta la vita. Mi sembrò quasi una stregoneria, Bobin era riuscito a comprendermi pur senza conoscermi.

In quel preciso instante, ciò che avevo nel cuore si era fatto inchiostro e mi sentii meno sola. Come per magia, ancora oggi, la ritrovo fra gli appunti, sul web, in altri libri. Lei è sempre lì, a ricordarmi che si può amare così, come amo io.

Ivana Margarese
Con discrezione, Bobin ha fatto capolino nella mia vita con una scrittura che prende forma man mano, attraverso il tocco gentile delle parole, con il ritmo di una graduale messa a fuoco in cui la luce è metafora ricorrente. La luce per Bobin si assaggia, si annusa, si mangia. Abitiamo ovunque vi siano le luci: nelle case, nelle mani, negli sguardi, nello schiudersi dei fiori, ovunque, siamo ovunque, vicino a tutto e a tutti. La lettura dei suoi testi richiede scavo, è un appello deciso e gentile a rivelarsi:

Essere vivo è essere visto, entrare nella luce di uno sguardo che ama.

Bisogna poeticamente fare spazio. Simone Weil scrive che lo scopo della vita è quello di costruire architetture dell’anima. Vivere per alcuni è soprattutto prendersi cura, ricostruire, riparare. La scrittura di Bobin è gesto, conforto per rischiarare i nostri crucci, le nostre ossessioni e fragilità, per non farci scivolare nel nulla. I suoi libri mi hanno condotta delicatamente per mano nell’attenzione alle cose che ho intorno, le cose che non sono mai soltanto delle cose, ma sono tracciati della vita stessa, poiché ciò che salva non è mai l’eterno ma è ciò che passa.

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