Editoriale

Morel voci dall’isola

Editoriale di

Ivana Margarese e Antonina Nocera

Morel, voci dall’isola nasce in un contesto difficile fuori dall’ordinario finora vissuto e sperimentato che  spinge a cercare nuovi equilibri, in un isolamento che al contempo alimenta la voglia di contatto. Un raccoglimento necessario che sta creando nuove forme di collegamenti, linee, intrecci: un riassesto complessivo delle relazioni  fra individui singoli o intere società. Ci proponiamo di creare un testo a più voci capace di recepire il desiderio di incontro anche in tempi di nuove congiunzioni.

Stiamo facendo i conti con la nostra vulnerabilità , adesso. La parola ferita in tedesco è Wund ed è separata da una sola sillaba dalla parola Wunder, miracolo;  questo scarto di pochi millimetri è molto significativo. Valga come suggestione. Ogni cicatrice è segno del passato ed è anche trasformazione in atto, ogni ferita porta in sé il germe della guarigione. La letteratura è piena di isole, la nostra muove dalla suggestione di un piccolo libro fulminante e denso, scritto da Adolfo Bioy Casares nel 1940, L’invenzione di Morel, il cui incipit  in questo preciso momento storico è come se celebrasse la metamorfosi delle cicatrici in speranza:

«Oggi, su quest’isola, è accaduto un miracolo».

“Dentro”, di Barbara Arrigo.

La visione

L’isola è possibilità. Approdo e desiderio, tenere insieme la stare qua col vagheggiare l’altrove. È andanza. È pervicacia di memoria, attenzione al vuoto, al pieno, allo scarto. Silenzio, echi, forme.

Nel caso del romanzo di Bioy Casares, Morel con la sua invenzione materializza la hybris umana: la sua ambizione è rendere i suoi più cari amici immortali come dei, condannandoli a un eterno ritorno.che toglie loro la vita per rappresentare un simulacro.

Contraltare a Morel è il naufrago, voce del romanzo,  che vuole perdersi insieme alla donna amata  in “una visione che nessuno raccoglierà”. L’attesa dello sguardo di Faustine arricchisce il mondo:

«Non devo nutrire speranze. Scrivo così e mi viene un’idea che è una speranza».

Chi è Faustine? La Stilla, il soprano che viene resuscitato ogni sera dal suo adoratore indefesso. Il simulacro di Elena che rimanda all’idea ossessiva della bellezza inarrivabile. Ogni desiderio che rimane sull’orizzonte e lo allontana di un pezzetto.  Ogni isola che non c’è ma solo perché non l’abbiamo ancora scoperta. Faustine che appare agli occhi del fuggiasco approdato nell’isola di Morel, è la metafora perfetta del desiderio e del processo creativo. Ogni movimento implica un interesse erotico, dove Eros è il principio primo della poiesis, della creazione. E ogni innamoramento è un gioco mobile di sguardi che disegnano invisibili reticolati di senso:

«Sulla scogliera c’è una donna che ogni sera guarda il tramonto. Ha in testa un fazzoletto colorato; le mani giunte su un ginocchio. […] Guarda i tramonti tutte le sere: io, nascosto, guardo lei».

E in questo istante accade il miracolo del nuovo, di una breccia verso l’altro, della nuova parola.

“Il canto sommesso delle acque” di Fabio Ventimiglia

Il Metodo

Vorremmo a questo punto aggiungere poche parole sul metodo del nostro progetto. Proporremo uno spazio in cui le voci si intrecciano senza gerarchie, in cui parole e immagini si raccontano a vicenda. E ancora intendiamo dare spazio a interviste concepite come corpo a corpo, in un campo polifonico.

Le voci dall’isola, citando Foucault, brillano come sirene nella promessa delle loro parole. Morel è io, noi, gli altri. Tu ovvero un altro. Un passante. Un’immagine lontana. Nessuno.

2 Comments
  • Simone.Margarese
    Posted at 18:34h, 23 Marzo Rispondi

    Molto profonfo il pensiero ed insieme chiaro e comprensibile a menti adeguate, ed intelletti illuminati,capaci di guardare il raggio di luce
    al di là della nebbia che avvolge la nostra esistenza .

  • Altamura Isabella Giusi
    Posted at 17:12h, 21 Giugno Rispondi

    Magnificenza

Post A Comment