
20 Giu Io e Eucalipto di Susan M. Schultz
di Daniela Maurizi
A volte è catrame nero, a volte resina bruna
Appunti per una prospettiva interspecie
Una donna e un albero sono i protagonisti eccentrici del racconto filosofico Io ed Eucalipto di Susan M. Schultz., tradotto da Pina Piccolo e Maria Luisa Vezzali in cui la scrittrice, a partire dalle affermazioni aforistiche di Martin Buber, prova ridefinire i confini e a intrecciare legami con le altre forme di vita non umane, in particolare con un solitario albero di eucalipto.
Se non esiste un Io in quanto tale, allora chi sei tu? Questa domanda si scontra subito con la corporeità che ci determina e definisce l’altro , in questo caso l’ albero che si proietta costantemente davanti alla sua presenza come un totem, duro e resistente ma in continua trasformazione cromatica e materiale.
Allora se il confine dei corpi ne sigilla la differenza tuttavia esiste una terra di mezzo comune dove l’io che parla entra in contatto e si mescola in reciproca influenza con esso , facendo della scrittura un luogo di interrogazioni e di riflessioni su cosa succede al corpo/ parola nel suo coinvolgimento con altri corpi.
La scrittrice accompagnata dalla cagna Lilith torna ripetutamente in questo zona di devozione fra lei e l’albero, che è quasi priva di spessore storico, se non fosse per gli echi, da giornali o da radio, di scene violente, assalti e sparatorie che la risvegliano dal flusso dei pensieri – io mi aggiro di nuovo per il mondo con tutto il suo terrore.
Osservare un albero, supporne una vita autonoma, assurgerlo a partner in un dialogo intimo , in una nuova postura del conoscere, perchè il tu deve diventare un Esso e guardare i suoi più minuziosi dettagli, nei suoi infiniti cambiamenti di colore, per molte settimane, fotografarlo nelle più diverse sfumature , angolazioni e ingrandimenti e riconoscere nella corteccia le forme di due demoni nascosti o scoprire un geco incastrato nella resina.
Ogni capitolo è introdotto dalle foto di eucalipto, quadri astratti di tinta e luce, venature e nodi, spirali e mescole di colori, gocce di pittura su una tela scrostata: e come cambiano le colorazioni, prima la corteccia è nera e la resina gialla poi assume sfumature brune accanto al nero e infine appaiono i suoi riflessi arcobaleno, così anche i pensieri prendono strade diverse, dalla riflessione filosofica sulla reciprocità al ruolo dell’immagine nell’arte.
Più di tutti il fluido scorrere dei pensieri, in un linguaggio che diventa sempre più denso, si concentra sulla fotografia, che è soprattutto luce, e il suo rapporto con il reale perchè l’arte esige finzione ma anche verità la nostra epoca vive di finzioni , ma esige fatti.
L’immagine, così pervasiva oggi, sta lentamente perdendo la sua garanzia di veridicità, sia perchè fotografare implica scegliere di vedere e perciò interpretare, sia perchè anche la sua funzione di memoria si affievolisce sotto i continui stimoli di impulsi non volontari: ad esempio il nostro I- Phone evidenzia ricordi che non sono nostri, perlomeno non quelli che avremmo avuto ascoltando il vento e gli uccelli, l’immagine è cioè uno stimolo artificiale.
Il ritmo dell’osservazione e della lingua è lento , eco- meditazioni si allontanano trascinandomi con loro, frasi che si attaccano ad altre frasi, sdolcinate, collose come resina , le parole e le frasi cristallizzano perchè il linguaggio non dimora nell’uomo, bensì è l’uomo a dimorare nel linguaggio e a parlare dal suo interno, esso si è in quell’interstizio di spazio tempo fra lei e l’albero e ne è stato plasmato e rimodellato.
Allora le gocce spumeggiano, allora la resina emana un suo aroma e una sua fragranza; l’osservazione assume connotati poetici, il cui linguaggio è quello che permette la dilatazione dello sguardo al di là della fotografia, al di là della realtà che tra violenza e calma fa da sfondo alle riflessioni.
Poesia e filosofia possono essere anche il linguaggio delle immagini, della natura, un ponte verso un albero solitario che immobile e silenzioso ci sopravviverà, custode di un tempo a noi sconosciuto.
Maria Luisa Vezzali
Posted at 09:09h, 20 GiugnoGrazie, Morel, e grazie, Daniela, “questi esseri ci vivono intorno” e non fanno guerre, non opprimono, non segregano… dovremmo amarli di più e forse ascoltare la loro voce, come fa Susan in questo libro….