Il mio corpo è un’isola

 

di Elisa Buonomo

 

Place is security,

space is freedom:

we are attached to the one

and long for the other.

Yi-Fu Tuan

 

 

L’essere umano modifica e configura lo spazio assoggettandone gli elementi

costitutivi al proprio servizio: i concetti spaziali di paesaggio, territorio, città

assumono così un significato particolare (e personale) poiché messi in

correlazione con le dirette esperienze umane contribuendo alla definizione

del “Sé”.

Lo spazio, diventando luogo, è definito dalla corrispondenza dei

vissuti profondamente soggettivi degli individui che lo abitano: qui si

configurano eventi, memorie e speranze.

Come un’isola, solitaria rispetto al continente e protetta dal mare che la

circonda, sono stati ripercorsi i luoghi per la formazione dell’identità:

ricostruendo territori costituiti da fantasmi, tradizioni e relazioni.

Un viaggio a ritroso in un passato che non ci abbandona mai, ed è da questa

eredità che “Rewind” si sviluppa. Attraverso sovrapposizioni le

rappresentazioni del passato si mescolano con le immagini del presente

creando alterazioni percettive in cui il ricordo e la memoria restano vividi.

La mia isola sono tante isole. Il mio corpo è un’isola e come tale

è circoscritto nella porzione temporanea di spazio che abito.

È un meccanismo di difesa pronto ad accogliere le maree.

Approdo da un territorio all’altro, radicalmente nomade senza sentire

l’appartenenza a nessuno.


Il mio corpo è un’isola
di Elisa Buonomo apre il percorso estetico e affettivo che fa seguito alla nostra call “Atlante delle emozioni”. Il lavoro di Buonuomo è un’indagine artistica sulla condizione identitaria e sociale legata al corpo e alla memoria attraverso performance, autoritratti e materiali d’archivio. Una ricerca sulle tracce, su ciò che rimane, su quello che viene abbandonato e poi ritrovato per aprire così a nuovi immaginari ed interpretazioni.

Ivana Margarese ha dialogato con lei per comprendere meglio la sua visione.

Ivana: Cosa è per te un Atlante delle emozioni?

Elisa: Mi ricordo quando, prima dell’avvento dei GPS o dei vari navigatori stradali, cercavo un determinato indirizzo sul “Tuttocittà”: mi divertivo ad incrociare, cercare, capire.
Dove la strada iniziava, finiva, diventava una piazza o delineava il corso di un fiume: creavo punti di riferimento. Una volta trasferita, e dovendone creare di nuovi, mi ritrovavo a richiamare alla mente i miei luoghi, cercando connessioni non tanto spaziali, quanto emotive. Sono sempre stata una fervida divoratrice di viaggi, piccoli spostamenti, scoperte: e quando attraverso un luogo che non ho mai visto penso a chi è passato di lì prima di me, a chi ci ha vissuto. Quali erano i suoi punti di riferimento, che non sono soltanto fisici, ma strettamente legati ai propri vissuti e intessuti di ricordi, impressioni, eventi. Ovunque decidiamo di andare, sia mentalmente che fisicamente, ci apriamo a possibilità e prospettive. E mi piace immaginare che sia possibile creare un “Atlante delle emozioni” per ciascuno: una geografia dell’anima.

 

Ivana: Che ruolo ha la memoria nel tuo lavoro?
Negli ultimi tempi mi sto dedicando al concetto di oblio, che è strettamente collegato. Biologicamente ci permettere di fare spazio per creare ed immagazzinare nuove informazioni: ma quanto spesso succede di voler dimenticare? E tutta la letteratura in questo senso è piena di riferimenti. Credo che la memoria invece, non ci appartenga del tutto: per questo l’uomo ha sempre avuto bisogno di lasciare segni di sé, del suo passaggio, della sua esperienza nel mondo. Per quanto riguarda il mio lavoro, sono interessata alle tracce, a quello che rimane, a quello che viene abbandonato e poi ritrovato per aprirmi così a nuovi immaginari ed interpretazioni. Perché tutto ha una storia che vuole essere raccontata. Utilizzando principalmente la fotografia e il video come medium, mi sono accorta che nel mio lavoro l’azione di fotografare è un atto egoistico poiché sento la necessità sia di trattenere che di poter ritrovare poi degli aspetti di me che altrimenti sarebbero rimasti inconsapevoli.

 

Biografia

Elisa Buonomo (1990) nasce a Firenze dove inizia la formazione in ambito teatrale, interfacciandosi a svariati approcci delle arti performative diplomandosi al Laboratorio 9 come “Attore e artista della scena”. A Brescia approfondisce la fotografia, le arti visive e le sperimentazioni artistiche, diplomandosi in “Scenografia – ind. Arti Drammatiche e Performative” alla LABA. Nel 2020 è vincitrice del primo premio della rivista “Stratagemmi” in collaborazione con il “Wonderland Festival” di Brescia. Espone in collettive a Brescia e Milano. Con la pratica artistica indaga la condizione identitaria e sociale legata al corpo ed alla memoria, con performance, autoritratti ed immagini d’archivio, esplorando il modo in cui si manifestano  attraverso interpretazioni di possibilità ed indagini introspettive.

 

 

 

 

 

 

Questo articolo fa seguito alla call for papers: Atlante delle Emozioni

 

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