
03 Mar Togliendo le parentesi di Valentina Caiati
di Anna Rita Merico
Mi impianto embrione
nel gergo primitivo dell’amore (1)
Ricerca di autenticità in un universo valoriale attento al sentire. Una poetica fatta di ricerca di parola nella dimensione del sentimento d’amore e di vuoti silenziosi che covano attesa di risposta.
I versi si stagliano come fossero adagiati in superfici di antica scogliera. Punte aguzze e piccoli vuoti-baratro su cui camminare strofa dopo strofa. Incomunicabilità e dolore di mancanza rendono conto di profonde scissioni capaci di narrare sia coinvolgimenti traditi che stacchi dall’emotività come cifra di perdita.
Io pronuncio per te parole
in cui puoi specchiarti.
E ti ammiri
osservandomi.
Ti osservo ammirarti
tra la lingua e i miei denti,
nell’arcata dentale inferiore,
mentre spingo fuori le parole.
Mentre rigetto fuori te.
E tu continui ad ammirarti
osservandomi.
Ti specchi,
allo specchio che non sono io.
Sei tu,
e mi insegui. (pg 64)
Compaiono profili di nuove soggettività impastate in perdite valoriali e in differenti erranze. Dimensioni narcisistiche in cui viene giocata la possibilità di esserci, la cecità del vedere, la scissione dall’emotività. Come in un film di Antonioni c’è, all’interno di queste pagine, un rincorrere l’altro restando perdenti e imbozzolati nell’impossibilità dell’incontro. Fa da padrona una solitudine radicale che la poesia si incarica di mostrare denudando i corpi e le glaciazioni di un andare con scarse mete di comunicazione possibili.
Interessante il viaggio dei sentimenti esperito insieme al viaggio dentro la scrittura, ai suoi mutamenti, al suo essere pelle e anima del pensiero.
Recuperare un certo ritmo nella scrittura,
sorseggiare piano le parole, che non vada
di traverso la punteggiatura
solletica tanto il punto interrogativo
in mezzo a questa valle oscura. (pg 35)
Nel dipanarsi della forma in scrittura, l’attrice principale è la domanda. Torcere ogni asserzione in domanda, significa lasciar traballare certezze. Si sgretola possibilità di comunicazione e la parola insegue la propria rinnovata capacità di inseguire senso e significato. Ritrarre con una Polaroid le immagini addomesticate dalle possibilità di una digitale: questo il gesto, questo lo spazio di elaborazioni differenti. Il disamore si allarga, non è solo disamore all’interno di una privata relazione, è disamore cosmico di stacco dalle membrane ataviche che hanno generato visioni d’essere e ritmo di vita.
E’ un versificare che ha origine da un bisogno interiore di dipanare gamme emotive legate al disorientamento, all’incredulità, al forte desiderio di razionalizzare e comprendere dimensioni esistenziali. Come trovare verità al fondo del dolore e dello squilibrio? Può la scrittura poetica consentire questo passaggio di consapevolezza? Quando la realtà invade, la scrittura ne rende conto e, in questa silloge, il radicamento della scrittura poetica è nella sua torsione a mettere a fuoco l’esistenza nelle sue fasi di profondo cambiamento attraverso la parola.
Sono versi che mostrano una decisa tensione cognitiva, un voler conoscere dati dell’umano nella responsabilità della parola che scava e dona alla disciplina della scrittura cortocircuiti tra corrispondenza di vita e parola poetica intesa come strumento espressivo del dato percettivo e della capacità di guardar-si.
Mi sento illegale ad ogni respiro
come se stessi respirando fuori tempo
e inspirando le nuvole con un imbuto. (pg 138)
Le parentesi da togliere sono le parentesi che interrompono, spezzano, sottolineano, rimandano. Sono il segno di ciò che rimarca un’intermittenza d’essere del viaggio nell’esplorazione del dialogo relazionale avvenuto all’interno di quella metafora che è la perdita del tu e il ritrovamento del sé che accade al termine di esperienze in cui la fine di una relazione profonda diviene esperienza di morte di parti di sé.
Che il pericolo più grande sia il vuoto
lo rilevano le mani.
Tra l’afferrare e il perdere
c’è lo sfuggire
con x che tende a zero
e y fermo ad osservare. (pg 108)
Le parentesi hanno a che fare con quelle zone di spazio liquido in cui l’essere si buca e mostra la propria intermittenza dinanzi all’assenza dell’altro che si disvela nel proprio essere maschera di sé. Disillusione e inganno mostrano i propri volti: irreparabili schegge di un tutto sperato e infranto. Le parti che si specchiano l’una nell’altra hanno le forme di un maschile e di un femminile che dialogano unghiando l’inarrivabile di un ponte capace di unire. Chi lancia la fune dello sguardo è un femminile smagato, con un occhio capace di attraversare il velo delle maschere, un femminile inciampato nella rabbia del disinganno che lacera realtà. Il maschile che appare è monolitico. E’ un maschile intento a rattoppare lacerti d’anima. Un maschile svenato dal gioco delle apparenze e dei ruoli costretto ad assumere. Un maschile svuotato dalle ripetizioni e dall’assenza di autenticità. La parola poetica ammorbidisce la tragicità dell’indicibile di questa contemporaneità che ha strapazzato ogni possibilità di incontro ed ha lasciato proliferare monadismi capaci di azzerare senso alla parola che cerca l’altra/o.
Mi rivolgo sempre a te
che seppure non ci sei
sei
l’altra parte dialogante. (pg 137)
L’integrità dell’eroe trasmutata in gioco di specchi riflettenti. Un percorso lungo quanto l’intera storia dell’occidente letterario e filosofico. Un percorso lungo, irto divenuto cifra di un sentire e di un percepire l’intero universo dialogico. Di ciò Teresa Valentina Caiati dice, in poesia, additando all’universalità di una condizione umana che travalica ogni latitudine ed ogni singolarità. Nelle sue pagine mostra cartografie altre dell’essere, oggi.
NOTE:
(1) Teresa Valentina Caiati, Togli le parentesi (), Eretica Edizioni, 2024
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