15 Set Vita Activa Nuova editore. In dialogo con Gabriella Musetti
a cura di Ivana Margarese
Comincio con il domandarti cosa abbia portato a scegliere come nome della vostra casa editrice il titolo di un celebre libro di Hannah Arendt.
Vita Activa è un libro fondamentale per la nostra contemporaneità, un libro che ho amato molto. Scrive Arendt: «Con il termine vita activa propongo di designare tre fondamentali attività umane: l’attività lavorativa, l’operare e l’agire; esse sono fondamentali perché ognuna corrisponde a una delle condizioni di base in cui la vita sulla terra è stata data all’uomo.»
Se l’attività lavorativa viene intesa come “sviluppo biologico del corpo”, con tutti gli elementi di accrescimento, processo vitale e necessità connesse, e se l’operare è legato (homo faber) alla creazione di oggetti o strumenti distinti dal mondo naturale, ecco che l’agire risulta essere «la sola attività che metta in rapporto diretto gli uomini senza la mediazione di cose materiali, corrisponde alla condizione umana della pluralità, al fatto che gli uomini, e non l’Uomo, vivono sulla terra e abitano il mondo.» Quindi la necessità di comprendere il presente nato dalla crisi catastrofica del recente passato (guerra mondiale, totalitarismo, olocausto) è urgente per la filosofa, e da domande politiche occorre partire in un riesame filosofico della “condizione umana.”
Queste indicazioni presuppongono una posizione legata alla convivenza civile, alla società, aprono alla pluralità degli esseri umani come elemento fondativo, e motivano in modo forte l’essere nel mondo come soggetti attivi, capaci di dare vita a progetti e azioni nuove, imprevedibili.
«La pluralità è il presupposto dell’azione umana perché noi siamo tutti uguali, cioè umani, ma in modo tale che nessuno è mai identico ad alcun altro che visse, vive o vivrà.»
Queste riflessioni riguardanti l’azione come compito non secondario rispetto al pensiero teorico, la pluralità degli esseri umani diversi nelle loro individualità ma su uno stesso piano di umanità senza gerarchizzazioni di ruolo o meritocratica, ci spinge a una serie di scelte culturali e politiche che orientano il lavoro della casa editrice, il nostro posizionamento, e la pluralità per noi è anche dare uno spazio adeguato alle creazioni e al pensiero delle donne. E siamo tanto legate a queste indicazioni che fondando nel 2021 una nuova casa editrice abbiamo mantenuto il titolo della precedente aggiungendo solo l’aggettivo “nuova”: Vita Activa Nuova.
La collana dedicata alla saggistica si intitola Terzo Paesaggio. Saggistica e Femminismi. Potresti parlarmene?
La collana di saggistica, nata lo scorso anno, è in linea con quanto detto sopra. È diretta da Sergia Adamo che insegna Letterature comparate all’Università di Trieste e ha un comitato scientifico di studiose e accademiche di grande impegno e professionalità: Loredana Magazzeni, Marija Mitrović, Sanja Roić, Jessy Simonini, Serena Todesco, Maria Luisa Vezzali e io.
“Terzo paesaggio” guarda alle questioni di genere come a una cornice che si lascia attraversare dall’invenzione inattesa, prova a pensare il possibile, intende raccogliere ciò che i luoghi abbandonati possono creare anche al di là delle nostre esplicite intenzioni. Un paesaggio variegato e multiforme, dove la diversità prolifera, dove la scrittura si mette in ascolto di ciò che ancora non c’è. Ci piace la carica utopica ed ecologica del pensiero di Rene Clément quando parla di uno spazio non legato al potere ma neppure sottomesso ad esso, uno spazio comune del futuro.
Ritornare a pensare ai luoghi dove abitiamo, in senso metaforico e reale, ci pare, oggi, di grande importanza per esplorare ciò che nasce di incolto, di selvatico. E aprire colloqui con spazi diversi e non “regolati” da norme d’ordine porta a volte a scoperte imprevedibili. Abbiamo inoltre ribadito il termine Femminismi, nel titolo, come orientamento chiaro dei nostri scritti e della posizione da cui guardiamo al mondo.
Jan Morris ha scritto Trieste o del nessun luogo descrivendo magistralmente una città di cui rimane traccia nell’immaginario di coloro che l’hanno visitata. Come descriveresti tu questa città che ospita la vostra casa editrice?
Trieste è davvero un luogo unico, diverso da altri italiani o stranieri. E lo dice una non triestina che abita la città da trent’anni e che precedentemente ha vissuto in diversi luoghi. Non è una città facile, non ti apre subito le porte della comprensione; quando arrivi credi di conoscerla perché solitamente hai letto molto su di lei, conosci i suoi autori, ne conosci a grandi linee la storia, ma vieni catapultata in uno spazio urbano differente, alieno. Sono troppi gli intrecci di storia e politica del luogo, le vicende umane, la grande letteratura multilingue che l’ha attraversata, i luoghi carichi di memorie e follia, le genti diverse che convivono non sempre facilmente da tempi lontani, i comportamenti eccentrici (per te), e l’aria frizzantina e instabile, che cambia repentinamente senza darti preavvisi. Avverti un sottofondo di rumore continuo, che a volte emerge con forza improvvisamente in superficie, di cose non dette, di umori in movimento turbinoso costante, di instabilità e manie, insieme all’ironia, al lato giocoso o malinconico, agli sguardi torvi, specie dei vecchi. Lascia un segno nell’immaginario, è vero, perché la città è multiforme, contradditoria, litigiosa, con una radice di pazzia non sempre nascosta. Ma ora che vivo qui da molti anni mi piace questa città così imprevedibile e viva, aperta e anche accogliente nelle sue problematicità.
La casa editrice opera qui da poco tempo (tre anni) perché VAN (Vita ActivaNuova) è nata nel 2021, ma la precedente casa editrice Vita Activa, da cui siamo uscite in un gruppo consistente per fondare questa nuova realtà editoriale, era stata messa in piedi (sempre da noi) nel 2015. Le cose si fanno, si disfano e si rifanno.
Trieste è una città che dà spazio alle sperimentazioni, è capace di cogliere le novità facendole crescere, offrendo nutrimento, condizione non comune, fa parte delle caratteristiche positive di questa città.
“Per una scelta militante ed etica delle parole e della gentilezza” è la frase che accompagna la visione della vostra casa editrice e che mette al centro della scena l’etica. Di etica e utopia, nel senso non tanto del vagheggiare ma dell’offrire una visione, un orizzonte “militante”, sento molto la mancanza. Vorrei una tua opinione su questo.
Anche qui ci rifacciamo ad Arendt. La condizione umana come impegno e coinvolgimento che riguarda il nostro modo di stare “nel” mondo e “del” mondo, gli atti concreti dell’azione, nei termini delle iniziative che si intraprendono (o sono impedite) ma anche delle vulnerabilità che ci toccano come esseri umani, l’esposizione pubblica e le fragilità, le relazioni di scambio/conflitto/collaborazione con gli/le altri/e e con tutt*, le scelte editoriali e lo spazio dei progetti sociali. Uno dei campi più magmatici e conflittuali, oggi, legato in particolare alla nostra attività è proprio quello dell’uso del linguaggio, sappiamo come il potere di nominazione conduce a battaglie logoranti, a censure, a violente polemiche distruttive, e pure come possa essere un territorio di convincenti libertà per tutt*.
L’impegno “militante” è stata la scelta che ha determinato la nostra impresa, l’ha fatta nascere, forse in senso un po’ utopistico, ma sono scommesse in cui noi giochiamo una parte della nostra vita in modo consapevole. Lavoriamo non per una cultura con fini etici, ma con modalità etiche di azione perché pensiamo che l’aggressività e il dominio non siano gli unici modi per rapportarsi nella contemporaneità, il discorso gentile ancora può avere spazio, se cerchiamo le occasioni adeguate, se siamo capaci di cogliere le piccole opportunità, quando si scoprono. Intendiamo dare una testimonianza, per quanto marginale e minima, di orizzonti d’azione meditati secondo scelte di convivenza e cultura civili e aperte.
La Rosa dei venti, Tracce, Nuvole, Poiein…puoi dirmi qualcosa sulle vostre collane?
La casa editrice, da subito, ha scelto di collocare i volumi via via in edizione, all’interno di alcune collane che ne chiarissero le impostazioni e i contenuti, per orientare meglio lettori e lettrici. Oltre alla collana di saggistica Terzo paesaggio abbiamo attualmente La rosa dei venti, dedicata alle opere di narrativa nazionali e straniere in traduzione; Tracce, che propone scritture di autrici dimenticate, o memorie e testimonianze private, o ricognizioni di luoghi suggestivi, i luoghi dell’abitare; Nuvole, dedicata a bambini e bambine, che contiene anche una graphic novel sull’origine di Duino (toponimo di cultura slava vicino a Trieste); e Poiein, sulla poesia contemporanea e le scritture sperimentali, aperta a interferenze e commistioni. Abbiamo anche due importanti collaborazioni editoriali: con Lìbrati, Libreria delle donne di Padova, di cui editiamo il volume vincitore dell’annuale concorso di racconti per donne; e con il Concorso internazionale di poesia R.M. Rilke, di cui editiamo ogni anno il volume vincitore per la raccolta inedita. Pur essendo nata solo tre anni fa VAN hapubblicato, a oggi, 24 libri. E altri 5 usciranno entro dicembre.
L’ultima cosa che ti domando è quanto spazio dedicate alle sperimentazioni in un mondo editoriale di certo complesso, che spesso non ha spazio per “i tempi del rischio”.
Il mondo editoriale è cambiato in modo repentino nel giro degli ultimi anni. Da editori che cercavano in qualche modo di “orientare” il pubblico con proposte innovative e spesso interessanti, a editori che inseguono freneticamente gli umori e le aspettative del grande pubblico, in un avvicendarsi di prodotti mediocri che puntano solo alla vendita massima e durano sugli scaffali un tempo ridotto. La stessa “filosofia»” del mestiere è cambiata in modo radicale. Ma sarebbe un discorso troppo lungo da fare qui.
La domanda che poni coglie due temi a noi vicini, uno che ci riguarda direttamente come persone, l’altro che tocca le nostre modalità di azione.
Noi stesse di VAN siamo una sperimentazione abbastanza anomala, a ben guardare. Non siamo una editrice-impresa come generalmente le altre, ma una editrice APS (Associazione di Promozione Sociale). Ovvero siamo nate creando un’associazione di servizi culturali in cui operiamo gratuitamente, senza fini di lucro, e quanto è ricavato dalle vendite dei libri, è investito in altri libri. Infatti non chiediamo a chi pubblica nessun contributo in denaro o in acquisto libri. La nostra è stata una scelta militante che ha coinvolto noi in prima persona. È chiaro che ognuna aveva e ha, di suo, un lavoro o una pensione. La nostra utopia, da questo punto di vista, è diventare così forti e solide da poter offrire collaborazioni retribuite a giovani che si affacciano al mestiere.
Questo dato di fatto costitutivo ci regala anche una grande libertà di azione e di scelte, e qui entriamo nel secondo aspetto da considerare. Solo i libri che ci convincono davvero sono pubblicati, senza inseguire affannosamente le vendite con opere di dubbio valore e credibilità discutibile. Questo significa che possiamo fare una programmazione che esplori diverse possibilità che riteniamo forti, valide. Possiamo rischiare su testi innovativi, su temi che ci stanno a cuore, e le opere in lista d’attesa sono sempre molte.
Altro punto significativo, che fa parte di una modalità per noi fondamentale di relazioni corrette è che seguiamo i libri pubblicati facendo numerose presentazioni a Trieste e altrove, partecipiamo a Fiere importanti, ci confrontiamo con diverse realtà editoriali e culturali in molti luoghi, non mandiamo al macero nessuno dei nostri volumi. Insomma, li curiamo. E nonostante la pochezza dei nostri mezzi, vedi accesso alla grande distribuzione (che non abbiamo) o canali media di grande diffusione, i nostri ricavati sono sempre positivi e in crescita.
Grazie di queste domande che ci consentono di allargare la conoscenza di VAN tra persone diverse.
Grazie.
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