UNA POTENTE VOCE CARSICA – Lou Von Salomè nel XXI secolo –

UNA POTENTE VOCE CARSICA

Lou Von Salomè nel XXI secolo –

 

di Nataša Cvijanović

Immagine in copertina di Zinaida Serebrjakova

 

Ci sono scrittrici, intellettuali e ricercatrici che, come torrenti carsiche, compiono per anni, decenni, anche secoli, un lungo percorso silente, sotterraneo, prima di riaffiorare nuovamente in superficie. Questo percorso nell’oscurità, nell’annullamento apparente della personalità, non fa perdere loro un grammo della potenza originaria.
Una di queste voci carsiche è certamente Lou Von Salomè, una scrittrice e psicoanalista russa, che appare e scompare dalla coscienza delle persone per decenni, salvo poi tornare grazie a intellettuali e scrittori dotati dello stesso carisma e forza di volontà. È il caso, per esempio, del biografo Heinz F. Peters, che nel 1962 diede alle stampe la biografia My sister, my spouse, o della talentuosa regista Liliana Cavani, che nel 1977 girò un film sulla vita dell’autrice, Al di là del bene e del male, o ancora, della regista Cordula Kablitz-Post che nel 2016 ci ha presentato una nuova, preziosa pellicola: Lou Von Salomè.
La “vecchia strega” di Gottinga, nome affibbiatole dai nazisti, poiché esercitava la scienza immonda della psicoanalisi freudiana per oltre dieci ore al giorno, detiene un primato che poche donne, ancora oggi, riescono a raggiungere: Lou divenne molto presto capace di bastare se stessa.
Ma chi era questa musa, che tale non volle mai diventare per il prossimo?
Nacque a San Pietroburgo il 12 febbraio 1861, presso la corte dell’Impero Russo. L’anziano e amatissimo padre, fu un importante generale, mentre la madre si occupò della dimora e dei sei figli. Fin da bambina, Louise dimostrò un carattere fiero e indomito. Non si piegava alle norme dell’etichetta, esigeva di giocare liberamente come i suoi fratelli, arrampicandosi sugli alberi e scivolando lungo il salone di rappresentanza della loro casa. Già allora perse la fede in Dio e continuò a vivere un’esistenza laica fino alla fine dei suoi giorni, avvenuta a Gottinga, in Germania, nel 1937. Dopo un’infanzia trascorsa in Russia, in seguito a molte discussioni interne alla famiglia, riuscì a partire per Zurigo per accedere agli studi superiori, lasciandosi alle spalle le restrizioni sociali della corte e del maestro-sacerdote Gillot che, dopo averle insegnato molte materie essenziali alla sua formazione, tentò di sposarla. Louise aveva diciotto anni, lui quarantatrè ed era già sposato, e aveva due figlie coetanee della sua pupilla. Sebbene la natura della loro relazione sia sempre rimasta ambigua, Lou fuggì inorridita. A Zurigo coronò il sogno dell’erudizione. Studiò fino a consumarsi e ammalarsi, ragione per la quale la madre la costrinse a scendere in Italia, per un viaggio che l’avrebbe guarita. E così fu, in molti sensi. In Italia, infatti, Lou conobbe il filosofo Paul Rée e il suo amico Friedrich Nietzsche. Entrambi folgorati dalla bellezza e dall’acutezza intellettuale della giovane russa cercarono di farsi strada nel suo cuore, invano. Lou e Rée convissero qualche anno insieme, scandalizzando il limitato mondo borghese, mentre il rifiuto della proposta di matrimonio da parte di Lou divenne la concausa della pazzia di Nietzsche. A Rée non andò molto meglio. Innamorato di lei fin dal primo giorno, si consumò nella frustrazione e in seguito abbandonò la loro casa per sempre. Morì pochi anni dopo, forse suicida.

La ferrea volontà di Lou di dedicarsi alla scrittura e alle ricerche liberamente, senza legami con uomini, la indusse a restare vergine a lungo. Non cedette neppure alle lusinghe dell’orientalista Friedrich C. Andreas, che accettò di sposare stipulando un accordo cristallino: il loro sarebbe stato un matrimonio in bianco. La sua decisione fu prolifica. Lou viaggiò a lungo, e scrisse innumerevoli articoli e libri, come “In lotta per Dio” (1885) e “Ruth” (1895). In seguito all’incontro con il poeta Rainer Maria Rilke, la scrittrice produsse, tra gli altri, “Fenička” (1898) e “Rodinka. Un ricordo di Russia” (1901-1904). Il poeta rappresentò per Lou un risveglio alla sessualità. Fu a lui, fragile creatura di quattordici anni più giovane, che si concesse per la prima volta. Il loro sodalizio portò benefici a entrambi. Lou riprese a viaggiare, soprattutto nella sua terra madre, la Russia, dove incontrò i grandi autori Lev Tolstoj e Ivan Turgenev. Inoltre, in lei germogliò il desiderio di approfondire la conoscenza della psicologia umana, che di lì a poco sarebbe sfociata negli studi con Sigmund Freud, mentre Rilke acquisì sicurezza e divenne il poeta che tutti oggi conosciamo.
E tuttavia la relazione non durò a lungo. Lou fu, per tutta la vita, “fedele ai ricordi, mai agli uomini”. Scelse, ancora una volta, la libertà, nonostante l’amore provato e proseguì lungo il suo percorso di erudizione ed evoluzione personale, grazie al quale divenne una delle prime psicoanaliste della storia. “Il mio ringraziamento a Freud” (1931) e “Uno sguardo sulla mia vita” (uscito postumo) delineano in profondità la sua visione della vita, della psicologia e della capacità di ogni essere umano di raggiungere il massimo del proprio potenziale.

Scrisse:

“Non voglio imporre un modello alla mia vita, né aspiro a diventare io un modello per gli altri, intendo invece modellare la vita a mia immagine e somiglianza, ed è questo che farò, a qualunque costo. Non ubbidirò certamente ad alcun principio, bensì a qualcosa di meraviglioso -qualcosa che è in ciascuno di noi e freme, esulta e urge di esprimersi”.

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