Una parola: l’abbagliante cartografia estetica di Daita Martinez

Una parola: l’abbagliante cartografia estetica di Daita Martinez

a cura di Franca Alaimo e Ivana Margarese

immagini fotografiche di Francesco Cucchiara

 

 

La parola poetica di Daìta Martinez affonda nel grembo di silenzi (quasi mai violati dai segni d’interpunzione che dismettono la loro funzione canonica per assumere essi stessi un’originale pregnanza semantica tutta da interpretare) persistenti nel dipanarsi fitto di frammenti dell’essere e del proprio essere, che, liberi da legami sintattici, sembrano piuttosto imitare un flusso emotivo affidato alla sonorità come a una caritatevole nenia infantile.
La natura teatrale della scrittura della Martinez (essa, infatti, ha origine dal senso della vista, dal Θεάω greco), intessuta tanto di elementi esteriori che interiori, trasforma i suoi testi in una sequela di oggetti, persone, scene colti dall’animatissima, colorata, offesa e insieme sfolgorante bellezza del cuore storico della sua Palermo, oppure in una successione di quadri di vita autobiografica spesso straziati da un dolore più suggerito che esplicitamente dichiarato per resistente pudore, entrambi così sospesi, mescolati e labirintici da assumere un che di onirico, una sorta di splendente indecifrabilità. È quest’ultima a farsi carico e della lacerazione dell’essere del mondo (bellezza e grazia continuamente violate dal dolore e dall’inganno) e di quella della psiche nell’urto con i propri lutti personali.
In questo modo affermazione e negazione, presenze ed assenze, disegnano una cartografia tutta estetica del reale, che obbedisce ad un’organizzazione mai lasciata al caso, elegante ed abbagliante, sebbene problematica quel tanto da renderla inimitabile, forse catalogabile, se proprio si vuole trovare un qualche filo conduttore nella scrittura della Martinez, come un nuovo, personalissimo avanguardismo, giocato sul piano della emotività piuttosto che su quello della razionalità; non diverso dal “barocchismo” che altri hanno voluto vedere, non in linea, però, con quello seicentesco, ma con quell’altro tutto siciliano, che è seduzione fantasmagorica e rutilante suggestione sensoriale finanche nel dramma.

Franca Alaimo

 

 

è bellissimo il silenzio indaffarato delle vene
il peso del nulla chiaramente s’annulla sulla
bocca l’ombra dei gusci d’uovo e soltanto le
finestre appena gonfie a mezz’aria belano ai
fiori innamorati tra le ciglia spente della folla
nell’unico intervallo del quadro un uomo e la
donna si scambiano il tempo in un abbraccio

da: il rumore del latte

 

 

la donna coi pantaloni
rossi odora di paste di
mandorla si è sciupata
il cuore ai lattarini una
domenica ferita di luce

da: nutrica

 

 

 

 

una parola basterebbe una parola rotta anche solo quella una parola da svitare e vomitare dall’inizio della pentola a bollire ai capelli raccolti sulla guancia a pezzetti di quegli anni che proprio non mi riesce imbastire su questa carezza soffiata adesso che non ha volume la pioggia e le bancarelle del mercato e quella terrazza che ritorna e che non voglio tornare una parola a smontare la gabbia di carne e umori e i panni stesi che non s’asciugano mai e stracciano l’immobile alternarsi della spinta dentro dico non puoi vederla tu ( da lontano ) la spinta e a me non riesce nominarla quella parola conficcata nella zona buia della pancia eppure così chiara da poterla gridare mentre si fa precipizio l’angolo dalle scarpe in questo cielo che si apre e possente brucia nell’intimo crepuscolo della mano una parola ne basterebbe una di rame o lana o roba vecchia da cercare tra cianfrusaglie di ognicchè la mattina di piazza marina con l’albero dalla chioma grande e le calze sfilate acqua dopo acqua per contrastare e raschiare a sera quel livido annodato con forza dall’orco che non era di racconto capitato nel bosco ma è di qui il segno apostrofato a calci che non vedi perché non puoi vedere gli squarci strozzati nell’accesso a una parola che nuota di fame dietro il cancello quando mi domandi dove ho lasciato la tenerezza e rimane disordine muto alle caviglie

da: nutrica

 

 

 

Biografie

daìta martinez, palermitana, ha pubblicato con LietoColle (dietro l’una), 2011, segnalata alla V Edizione del Premio Nazionale di Poesia “Maria Marino”, e nel 2013 la bottega di via alloro. Vincitrice – sezione dialetto – del 7° Concorso Nazionale di Poesia Città di Chiaramonte Gulfi, è stata finalista, per l’inedito in lingua siciliana, della 44° edizione del Premio Internazionale di Poesia Città di Marineo. Inserita nell’Almanacco di poesia italiana al femminile “Secolo Donna 2018”, edizioni Macabor, nel 2019 ha pubblicato la finestra dei mirtilli, suite poetica stilata con il poeta comisano Fernando Lena, Edizioni Salarchi Immagini, il rumore del latte, Spazio Cultura Edizioni, e nutrica, LietoColle. È vincitrice del Premio Macabor 2019 – sezione silloge inedita di poesia – con pubblicazione, ‘a varca di zagara in lingua siciliana.

 

Franca Alaimo esordisce come poeta nel 1991 con Impossibile luna, a cui seguiranno altre diciassette sillogi, le più recenti delle quali sono: Sempre di te amorosa LietoColle Ed.; Traslochi, LietoColle Ed.; Elogi, Ladolfi Ed.; sacro cuore, Ladolfi Ed. Sul sito La Recherche ha pubblicato quattro e-book (tre sillogi poetiche ed un epistolario). È presente in molte antologie (Newton Compton, LietoColle, Aragno, l’Arca Felice, etc..); riviste (Poesia di Crocetti, Atelier, Italian Poetry Review, Il Portolano, etc…) e storie della letteratura contemporanea, tra le quali Insulari. Romanzo della letteratura siciliana, curato da S. Lanuzza (Stampa Alternativa, 2009). Nel 2018 ha curato per l’editore Ladolfi, insieme a Antonio Melillo, l’antologia L’eros e il corpo. La sua prima antologia è uscita sul sito on-line Bomba Carta, gestito da Liliana Porro e Elio Andriuoli nel 2017. Nel 2020 l’editrice Macabor le ha dedicato una monografia antologica nella collana “Italia insulare. I poeti”. È autrice di tre romanzi: L’uovo dell’incoronazione, Ed. Serarcangeli,2001;Vite Ordinarie, Ladolfi Ed., 2019; La gondola dei folli, edito nel 2020 da Spazio Cultura.

Francesco Cucchiara è architetto e fotografo. Laureato in architettura con un progetto di “architettura del paesaggio” sul sito neolitico di Mursia sull’isola di Pantelleria (TP). È stato co-fondatore del collettivo GroundAction con cui ha realizzato installazioni artistiche, workshop e contributi fotografici. Dal 2014 al 2016, ha lavorato con l’Associazione LAN-DWORKS per la realizzazione di un laboratorio internazionale sul paesaggio.Dal 2018 è membro di DimoraOZ, laboratorio di arti visive, performative e multimediali animato da numerosi artisti.

2 Comments
  • Nicola lo Bianco
    Posted at 13:53h, 28 Settembre Rispondi

    Mi interessa, vorrei leggere daita con lettura sistematica.
    Come avere un suo libro?
    Recensione coinvolgente.
    Un caro saluto a franca Alaimo

    • Ivana
      Posted at 13:55h, 28 Settembre Rispondi

      I libri può richiederli in libreria. Grazie!

Post A Comment